lunedì 21 Luglio 2025

L’antiterrorismo irrompe a casa di Chef Rubio per i suoi post contro Israele

Alle 7 del mattino di giovedì 17 luglio, un gruppo di agenti della sezione antiterrorismo della Questura di Roma è entrata a casa di Gabriele Rubini – meglio noto come chef Rubio – per perquisire il suo appartamento e sequestrare tutti i suoi apparecchi elettronici. A renderlo noto oggi, lunedì 21 luglio, è Alberto Fazolo, giornalista che conosce personalmente il cuoco. L’accusa è quella di avere incitato all’odio razziale; essa è stata mossa sulla base di due post pubblicati dallo stesso Rubini sulla piattaforma social X in cui lo chef esprimeva dure critiche verso Israele: «Morte al sionismo e alla colonia ebraica. Lunga vita alla Palestina e ai nativi semiti palestinesi», recitava uno di questi. Non è la prima volta che Gabriele Rubini viene perseguitato per la sua attività in sostegno del popolo palestinese: a maggio dell’anno scorso era stato picchiato violentemente da 6 persone che si erano appostate sotto la sua abitazione armati di martelli e mattoni.

I fatti del 17 luglio sono stati resi noti solo oggi da Fazolo, incaricato dallo stesso Rubini di rendere nota la vicenda per conto suo, perché privato dei propri dispositivi elettronici. Quando gli agenti dell’antiterrorismo sono arrivati presso il suo appartamento, Rubini era già in piedi. Nel corso della perquisizione, ha spiegato Fazolo a L’Indipendente, gli agenti, dotati di decreto motivato del giudice (il cosiddetto “mandato di perquisizione”) hanno cercato in tutta la casa del noto cuoco dispositivi tecnologici, e hanno sequestrato telefono, portatile, tablet e svariate chiavette USB. Dopo l’irruzione in casa, Rubini è stato portato presso il commissariato di Frascati dove è stata fatta una prima copia del materiale contenuto nei dispositivi; le operazioni sono continuate un totale di 12 ore e 50 minuti, e i dispositivi risultano ancora tutti sotto sequestro. «Gabriele è libero, ci tiene a garantire che sta bene, ma per un po’ non avrà modo di comunicare attraverso i suoi canali o recapiti», ha fatto sapere Fazolo.

La perquisizione e il sequestro erano stati disposti nell’ambito di una indagine nella quale Rubini risulta sotto accusa per la presunta violazione dell’articolo 604bis, comma 1b, ossia «perché istigava a commettere violenza per motivi etnici e nazionali». La possibile pena va da sei mesi a quattro anni. L’accusa si basa sulla pubblicazione di due post su X: «Morte ai diplomatici complici del genocidio in atto da 77 anni, morte a colonialismo, suprematismo, razzismo e odio antimusulmano. Morte quindi al sionismo e alla colonia ebraica. Lunga vita alla Palestina e ai nativi semiti palestinesi», recitava uno di questi; «Che differenza c’è tra un impiegato dell’ambasciata della colonia ebraica e un soldato suprematista ebraico che massacra i palestinesi per il loro solo esistere e resistere? Che uno esegue gli omicidi (Eichmann) e l’altro fornisce legittimità e mezzi per farlo impunemente», l’altro.

Le disposizioni, ha osservato Fazolo a L’Indipendente, sono giunte sui banchi dell’antiterrorismo, malgrado solitamente i casi sui reati commessi sui social vengano assegnati alla Polizia Postale. «Gabriele dopo tutto è da tempo vittima di attenzioni e di una campagna di demonizzazione», ha rimarcato Fazolo: già nel marzo del 2024, infatti, era finito sotto indagine per istigazione all’odio, mentre nel maggio dello stesso anno è stato picchiato da 6 persone appostatesi davanti a casa sua, che lo hanno colpito con martelli e mattoni. Questa ultima vicenda era stata riportata dallo stesso Rubini, attraverso la pubblicazione di un video sul social X, in cui mostrava il suo volto tumefatto e insanguinato. «Sull’indagine per aggressione», ci spiega Fazolo, «non c’è stato alcun proseguimento».

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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