Il mondo cambia, le alleanze si ridisegnano, ma lo spirito della guerra fredda resta il convitato di pietra nei salotti della diplomazia euro-atlantica. Ieri, 17 luglio, con il Trattato di Kensington firmato a Londra tra il premier britannico Keir Starmer e il cancelliere tedesco Friedrich Merz, si è consumata una svolta storica che non ha nulla di neutrale: sotto il velo patinato della “cooperazione”, prende forma un patto strategico di respiro militare che sancisce ufficialmente la nascita di un asse anglo-tedesco – allineato con la Francia – in funzione apertamente anti-russa. La cerimonia di firma si è tenuta al Victoria and Albert Museum di Londra.
Descritto come il «primo trattato bilaterale tra Regno Unito e Germania dalla Seconda guerra mondiale», l’accordo rappresenta molto più di un simbolico riavvicinamento tra due potenze storicamente rivali. I due leader hanno finalizzato un patto di ampia portata che punta molto sulla cooperazione in materia di sicurezza e che include la promessa di sviluppare un nuovo sistema missilistico a lungo raggio e un impegno di mutua assistenza, sottolineando che una minaccia per un Paese verrebbe probabilmente percepita come una minaccia anche per l’altro, come anticipato da Politico. Si tratta di un articolato piano politico e militare – 23 pagine dense – con cui Londra e Berlino blindano un’intesa volta al rafforzamento della difesa comune, alla proiezione bellica congiunta e alla sincronizzazione delle politiche di sicurezza, in piena sintonia con la narrazione NATO.
Il premier britannico ha aperto la conferenza stampa facendo gli onori di casa e spiegando che il trattato prevede nuovi investimenti nel Regno Unito per un valore di 200 milioni di sterline. Il cancelliere tedesco ha dichiarato che si tratta di una giornata storica: «Siamo davvero sulla strada verso un nuovo capitolo» e che l’accordo odierno mira a garantire la libertà, la sicurezza e la prosperità dei popoli di entrambi i Paesi.
Il cuore del trattato è chiaro: costruire un blocco compatto per «contrastare Stati ostili, interferenze straniere e minacce ibride». Tradotto: contenere Mosca, alzare nuove cortine d’acciaio, rilanciare la corsa agli armamenti con la scusa della sicurezza collettiva. A conferma della linea atlantista e interventista dell’accordo, è stata ribadita l’assistenza militare reciproca in caso di attacco armato – un doppione dell’articolo 5 della NATO, ma con sfumature politiche precise: saldare un triangolo decisionale europeo Berlino-Londra-Parigi, che sopperisca all’ambiguità americana sotto la presidenza Trump e riequilibri l’inerzia dell’Unione Europea. Nonostante Starmer e Merz provengano da famiglie politiche differenti – laburista il primo, cristiano-democratico il secondo – la loro convergenza su armamenti, controllo migratorio e hard power dimostra quanto il bipolarismo ideologico sia oggi svuotato. I due, infatti, hanno più cose in comune di quanto sembri a prima vista: condividono l’ambizione di assumere la guida della difesa europea. Entrambi hanno fatto della spesa militare una priorità nazionale. Entrambi si presentano come uomini della “ragionevolezza atlantica”, ma agiscono da promotori di un neo-interventismo europeo che guarda all’Est con ostilità crescente. La collaborazione prevista si estende anche alla lotta contro la criminalità organizzata transfrontaliera, con accenti marcati sul contrasto ai flussi migratori irregolari. Misure, queste, che rischiano di diventare il cavallo di Troia per una più vasta militarizzazione del Mediterraneo e dei confini esterni europei.
Non si tratta solo di cooperazione militare. Il Trattato di Kensington tocca anche altri temi: tecnologia quantistica, intelligenza artificiale, mobilità studentesca, transizione verde. Ma è evidente che tutto gravita attorno a un asse fondato su difesa e deterrenza, dove anche la scienza e la tecnologia vengono subordinate agli interessi della sicurezza nazionale e della supremazia strategica. L’idea è chiara: costruire una “fortezza euro-atlantica” guidata da tecnocrati in doppiopetto, affrancata dalle dinamiche democratiche nazionali, in perfetta coerenza con i piani già delineati a Bruxelles e Washington. L’«amicizia» invocata nel testo non è fra popoli, ma fra apparati. Fra oligarchie politiche accomunate dalla medesima visione del mondo: un mondo da sorvegliare, controllare, armare.
Nel contesto della guerra in Ucraina, l’accordo rafforza il sostegno all’Ucraina e si muove nel solco della diplomazia parallela dei “volenterosi”, già visibile nel recente vertice di Kiev, quando Starmer e Merz viaggiavano con Macron sul treno per incontrare Zelensky. I tre, ora saldamente alleati, stanno definendo la nuova architettura geopolitica del continente: una cabina di regia bellica, formalmente europea, ma sostanzialmente subordinata alla volontà statunitense. Non a caso, la firma del trattato arriva pochi giorni dopo l’annuncio di Donald Trump di voler potenziare l’invio di armi all’Ucraina: una sincronia sospetta, che evidenzia quanto questa “amicizia” anglo-tedesca sia funzionale alla strategia bellicista USA, in piena continuità con l’establishment bipartisan di Washington.
Il Trattato di Kensington non è un accordo di cooperazione: è una dichiarazione di intenti geopolitici. Un’operazione chirurgica che mira a cementare l’Europa dei falchi, affrancata dalle dinamiche parlamentari e affamata di armamenti. Un’Europa che parla il linguaggio della guerra preventiva, della deterrenza muscolare, della sicurezza militarizzata. In nome della “pace”, si prepara la guerra. Ancora una volta. Ma questa volta con l’applauso bipartisan dell’élite europea.
E’ sempre la stessa storia, quando il capitalismo non permette più di crescere quanto i signori del vapore vogliono, ci pensa la guerra a riassestare tutto, con buona pace dei popoli ormai lobotomizzati dalla propaganda che li porterà alla rovina.