La solidarietà internazionale verso il popolo palestinese ha fatto un passo avanti. Gli attivisti della Freedom Flotilla, Global March to Gaza e Sumud Convoy hanno deciso di unire le forze, istituendo la Global Sumud Flotilla, «la più grande flottiglia civile mai realizzata per rompere l’assedio illegale di Israele» sulla Striscia di Gaza, dove continuano a essere uccisi centinaia di palestinesi ogni giorno. Di fronte alla repressione subita nelle scorse settimane, i volontari provenienti da tutto il mondo hanno deciso di non indietreggiare, rilanciando la solidarietà verso il popolo palestinese con una strategia comune: un convoglio marittimo coordinato, in partenza da diversi porti del Mediterraneo, che seguirà le orme di tre precedenti missioni della Freedom Flotilla. L’ultima di queste è condotta dall’imbarcazione Handala, che salperà tra pochi giorni dall’Italia in direzione Gaza.
Nelle prime due settimane di giugno, tre diverse iniziative pacifiche hanno provato a rompere l’assedio israeliano in Palestina, contando su migliaia di attivisti e volontari. La Freedom Flotilla ha tentato la strada marittima, mentre la Global March to Gaza e il Sumud Convoy quella terrestre. Tutte e tre hanno però trovato la repressione. Nel primo caso, l’esercito israeliano ha sequestrato l’equipaggio che portava aiuti a Gaza, rimpatriandolo dopo diversi giorni di carcere. Per quanto riguarda le iniziative via terra, a fare il lavoro sporco per Israele sono state rispettivamente le autorità egiziane e quelle libiche, che hanno bloccato migliaia di persone sul proprio territorio. Nonostante la repressione, gli attivisti hanno deciso di rilanciare il proprio impegno verso il popolo palestinese, mettendo in piedi un nuovo progetto che dovrebbe portare decine di imbarcazioni — una piccola flotta nonviolenta — in viaggio verso la Palestina. Gli obiettivi dichiarati consistono nella consegna urgente di aiuti umanitari alla popolazione palestinese a Gaza, per un corridoio guidato dai popoli là dove i governi hanno fallito; nel fermare il genocidio; nel denunciare il silenzio globale, la complicità, la protezione e i profitti costruiti con quella che di recente la relatrice speciale dell’ONU Francesca Albanese ha definito un’economia del genocidio.
«Sarà un messaggio al mondo intero, un promemoria che i palestinesi a Gaza e in tutta la Palestina non sono soli, e che i popoli non resteranno in silenzio», hanno dichiarato gli attivisti della Global Freedom Flotilla. La solidarietà al popolo palestinese non sarà infatti intaccata dalla più che probabile ondata repressiva che Israele sferrerà nuovamente verso gli attivisti, con l’obiettivo di ostacolare l’arrivo degli aiuti umanitari e mantenere l’assedio sulla Striscia di Gaza. La violenza verso i volontari provenienti da tutto il mondo potrebbe poi comportare un effetto boomerang per Israele, scatenando innanzitutto un’indignazione della società civile internazionale — ad esempio con un rilancio del boicottaggio — seguita dai fino ad ora silenti governi nazionali.
Nel frattempo, nella Striscia di Gaza l’esercito israeliano continua ad uccidere ogni giorno centinaia di palestinesi, molti dei quali in attesa di acqua o dell’unica razione di cibo della giornata. All’alba un bombardamento ha preso di mira il campo profughi di Shati, uccidendo almeno 5 persone e ferendone decine. Nelle ultime ore, le forze di sicurezza israeliane (IDF) hanno dato l’ordine di evacuare Gaza city e Jabalia e spostarsi a sud verso al-Mawasi, un’area che Israele considera sicura ma che bombarda costantemente.