martedì 15 Luglio 2025

La nuova legge finanziaria di Trump apre a disboscamento ed estrattivismo

La One Big Beautiful Bill Act (la “grande e bellissima legge”), approvata in via definitiva dalla Camera USA, è la legislazione finanziaria su cui Trump ha puntato molto per rispondere ai grandi temi della propria campagna elettorale: su tutti, quelli della sicurezza e della difesa, specie per quanto riguarda i confini, e quello in materia fiscale. All’interno di questa mastodontica legge è compresa una massiccia vendita di terreni federali, al fine di costruire alloggi e aumentare in maniera vigorosa la produzione di legname e la concessione in leasing di terre ove estrarre materie prime. La One Big Beautiful Bill Act non è solo una manovra finanziaria ma una vera e propria riscrittura delle priorità nazionali in materia di conservazione e risorse naturali.

Come proposto dal Comitato per l’energia e le risorse naturali del Senato statunitense, il Bureau of Land Management (BLM) e il Servizio Forestale degli Stati Uniti sono obbligati a identificare e cedere una quantità di terreno compresa tra i 2,2 milioni e 3,3 milioni di acri, in 11 Stati: Alaska, Arizona, California, Colorado, Idaho, Nevada, New Mexico, Oregon, Utah, Washington e Wyoming. Infatti, come esposto nella scheda informativa del Comitato, le due agenzie sarebbero obbligate a cedere tra lo 0,5% e lo 0,75% dei propri terreni, il cui totale ammonta a circa 438 milioni di acri (circa 177 milioni di ettari). L’obiettivo primario dichiarato di queste vendite è lo sviluppo di alloggi o la soddisfazione di “esigenze comunitarie associate”, con l’ambizione di generare fino a 10 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni

Oltre alla vendita di terreni, il disegno di legge apre le porte a un’accelerazione significativa nello sfruttamento delle risorse naturali. All’interno di riserve forestali create dal demanio pubblico, la legge richiede al Servizio Forestale di aumentare la vendita di legname di 7 milioni di metri cubi rispetto a quella venduta nell’anno fiscale precedente, e così fino al 2034. Per questo il Comitato del Senato suggerisce la realizzazione di almeno una quarantina di contratti a lungo termine. Tradotto: disboscamento di grandi aree verdi

Inoltre, la lege prevede di raccogliere oltre 15 miliardi di dollari attraverso l’espansione del leasing di petrolio, gas, carbone e geotermico in aree federali. Questo in particolare avverrà in Alaska, dove il governo federale possiede il 61% di tutte le terre dello Stato. La legge richiede al governo federale, entro il 2035, di tenere aste di concessione anche all’interno dell’Arctic National Wildlife Refuge, un’enorme area protetta di circa 20 milioni di acri nel nord-est dell’Alaska, nel Cook Inlet, zona vicino al Golfo d’Alaska il cui ecosistema è molto sensibile, così come nella National Petroleum Reserve in Alaska (NPRA), zona ecologicamente molto importante per la sua fauna e in cui insistono diversi villaggi Iñupiat. In quest’area era già stato aperto un contenzioso nel 2023, durante l’amministrazione Biden, la quale aveva dato via alle perforazioni con delle restrizioni rispetto alla prossimità dei villaggi Iñupiat. Una mossa finanziaria cruciale per lo stato è l’aumento della quota di royalties che rimarranno in Alaska: dal 50% precedente all’attuale 90% su tutti i canoni e le royalties derivanti dalle concessioni di petrolio e gas. Insomma, un po’ di carota dopo il bastone.

La risposta a queste proposte è stata un coro di allarme da parte dei gruppi ambientalisti e di conservazione, così come da parte delle comunità indigene. La vendita di terre pubbliche, lungi dall’essere una soluzione alla crisi abitativa, è vista come uno «stratagemma sfacciato per vendere terre pubbliche incontaminate per case trofeo e comunità recintate che non faranno nulla per affrontare la carenza di alloggi a prezzi accessibili», come affermato al New York Times da Jennifer Rokala, direttrice esecutiva del Center for Western Priorities. La critica è amplificata dalla mancanza di requisiti di accessibilità nel disegno di legge, suggerendo che le nuove costruzioni potrebbero anche andare a persone non bisognose o alla costruzione di quartieri lussuosi, esclusivi e recintati e protetti dalle guardie di sicurezza.

L’espansione delle perforazioni petrolifere e del taglio di legname solleva interrogativi profondi sulla gestione delle risorse. Ma Trump era stato chiaro fin dalla campagna elettorale, in cui aveva coniato lo slogan “Drill baby, drill”. Le modifiche alle royalties petrolifere per l’Alaska, pur attraenti per le casse statali, rappresentano un incentivo a un maggiore sfruttamento del territorio e di utilizzo di combustibili fossili. In definitiva, il trumpiano One Big Beautiful Bill Act, oltre alle problematiche che L’Indipendente ha già esposto, è una politica che porterà alla svendita di terreno pubblico, al disboscamento di intere foreste e alla trivellazione e all’estrazione di materie prime che occorro alla immensa macchina (da guerra) statunitense. 

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Michele Manfrin

Laureato in Relazioni Internazionali e Sociologia, ha conseguito a Firenze il master Futuro Vegetale: piante, innovazione sociale e progetto. Consigliere e docente della ONG Wambli Gleska, che rappresenta ufficialmente in Italia e in Europa le tribù native americane Lakota Sicangu e Oglala.

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