Con il documento intitolato “National Security Presidential Memorandum/NSPM-5”, emesso in data 30 giugno, l’amministrazione Trump conferma e rafforza la politica degli Stati Uniti nei confronti di Cuba. Con il pretesto di promuovere libertà, democrazia, diritti umani e libera impresa, il presidente USA ha deciso di incrementare ulteriormente l’embargo e il blocco economico che cingono d’assedio l’isola socialista dal lontano 1962. Sono resi ancor più stringenti i divieti di commerciare e spedire denaro sull’isola, così come il divieto per i cittadini statunitensi di recarvisi in vacanza. La misura, che arriva in un periodo di difficoltà per Cuba, che negli ultimi mesi è stata alle prese anche con frequenti guasti alla linea elettrica, ha l’evidente scopo di destabilizzare il governo cubano e promuovere un cambio di regime. Come d’altra parte ribadito nei mesi passati dal segretario di Stato americano, Mark Rubio, che ha definito Cuba nientemeno che «una minaccia diretta per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti».
I dettagli di implementazione del memorandum, che riprende uno già promulgato nel 2017 durante la prima amministrazione Trump, includono direttive per i Segretari del Tesoro e del Commercio per adeguare le normative relative alle transazioni con Cuba, proibendo specificamente le transazioni finanziarie con entità controllate dai servizi militari, di intelligence o di sicurezza cubani. Viene mantenuto il divieto sui viaggi a Cuba senza specifiche giustificative. Vengono inoltre incaricati il Segretario di Stato e il Rappresentante degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite di «opporsi agli sforzi per revocare l’embargo fino a quando non esisterà un governo di transizione a Cuba». Nel memorandum si dice che verrà istituito un fondo con denaro che andrà alla popolazione cubana, senza specificare in che modo questo avverrà. Altre disposizioni includono rapporti sui fuggitivi dalla giustizia americana a Cuba, revisioni dei programmi di sviluppo della democrazia e la formazione di una task force per espandere l’accesso a internet a Cuba. Il memorandum sostituisce le direttive precedenti e sottolinea che tutte le attività devono promuovere gli interessi degli Stati Uniti.
La risposta cubana è arrivata tramite un comunicato del ministero degli Affari Esteri (MINREX) che rigetta completamente il memorandum di Trump e accusa gli Stati Uniti. Cuba considera entrambe le versioni del memorandum, quello del 2017 e quello di odierno, come aggressive ed egemoniche, progettate per rafforzare l’assedio economico e causare difficoltà al popolo cubano, allineandosi anche alla legge Helms-Burton del 1996, con la quale si sono rafforzate le sanzioni come arma geopolitica. Cuba spiega che il memorandum del 2017 è servito come piattaforma politica per misure estreme, tra cui restrizioni sui viaggi degli Stati Uniti a Cuba, persecuzione delle forniture di carburante, ostruzione delle rimesse e pressioni su paesi terzi ed entità internazionali per ostacolare le loro relazioni con Cuba. Gli Stati Uniti hanno anche incluso Cuba nella lista dei paesi considerati “sponsor del terrorismo internazionale”: una misura che l’isola socialista condivide con l’Iran e la Corea del Nord, che comporta sanzioni economiche, restrizioni agli aiuti esteri, controlli severi sulle esportazioni e limitazioni nelle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti.
Una politica ostile che viola il diritto internazionale e numerose risoluzioni delle Nazioni Unite – che più volte si sono schierate contro le sanzioni americane contro Cuba – mirando a usare la coercizione economica per spezzare la volontà politica della nazione. Con il comunicato si sottolinea come l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite abbia chiesto quasi all’unanimità la fine del blocco fin dal 1992. Nonostante le giustificazioni statunitensi che citano democrazia e diritti umani, Cuba sostiene che questi concetti sono incompatibili con la condotta storica degli Stati Uniti e che il vero obiettivo è distruggere il socialismo e imporre il capitalismo sull’isola. Per finire, Cuba enfatizza la sua natura pacifica e sovrana, attribuendo la politica statunitense agli interessi ristretti di una «cricca anticubana e corrotta».
Prima della rivoluzione cubana, gli statunitensi controllavano il petrolio, le miniere, le centrali elettriche, la telefonia e un terzo della produzione di zucchero di canna di Cuba. Nel 1959, anno della fine della vittoriosa rivoluzione, gli Stati Uniti erano il primo partner commerciale cubano, comprando il 74% delle esportazioni e fornendo il 65% delle importazioni dell’isola. L’embargo contro Cuba, conosciuto anche come “el bloqueo”, è una misura di severe restrizioni commerciali, economiche e finanziarie imposte dagli Stati Uniti nel 1962 come arma per far crollare il nuovo governo socialista, il quale aveva già varato riforme che nazionalizzavano risorse e settori e distribuivano la terra. L’embargo contro Cuba fu imposto solo dopo aver tentato, e fallito, il rovesciamento del governo rivoluzionario cubano con la storica “operazione Zapata” della Baia dei Porci. Fin da allora gli Stati Uniti hanno cercato in tutti i modi di porre fine al sistema socialista presente sull’isola e sorto dalla rivoluzione.
schifosi bastardi
L’America ha un modo di esportare la loro democrazia, che mi fa venire i brividi.