Dopo mesi di tentativi di affossamento, gli Stati Uniti hanno deciso di muoversi in prima persona e sanzionare la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, Francesca Albanese. L’ordine è stato firmato dal segretario di Stato Marco Rubio e si basa sullo stesso decreto con cui Trump aveva aperto la strada alle sanzioni contro membri della Corte Penale Internazionale, abbattendo la scure delle limitazioni sul procuratore della Corte Karim Khan, reo di aver formulato accuse contro Netanyahu. Albanese, insomma, è stata accusata di avere contribuito direttamente ai tentativi della CPI di indagare, arrestare o perseguire cittadini israeliani e statunitensi; precisamente, lo avrebbe fatto con il suo ultimo rapporto, “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”, in cui smaschera le aziende che fiancheggiano Israele nel suo progetto genocidario traendone profitto. Il rapporto evidentemente non è andato giù all’amministrazione statunitense: Albanese, ora, sarà soggetta a limitazioni come il divieto di entrare negli USA, e le associazioni statunitensi non potranno sostenerla nel suo lavoro.
L’ordine di Rubio è stato firmato ieri, mercoledì 9 luglio. Il segretario di Stato sostiene che nel corso del suo ufficio Albanese abbia «vomitato» supporto al terrorismo, contrastato apertamente gli interessi di USA, Israele e Occidente, e mostrato «sfacciato antisemitismo». Senza dilungarsi troppo nelle formalità, Rubio passa subito a elencare i motivi per cui Albanese andrebbe sanzionata: le sue accuse «estreme e infondate» contro aziende statunitensi della finanza, della tecnologia, della difesa, dell’energia e dell’ospitalità, e la sua richiesta di provvedimenti. Tradotto: il suo ultimo rapporto, in cui Albanese esplora «i meccanismi aziendali che sostengono il progetto coloniale israeliano». Le sanzioni degli Stati Uniti si basano sul medesimo atto con cui Trump aveva in precedenza aperto la strada al contrasto alla CPI e a coloro che la sostengono. Questo prevede sanzioni di svariato genere: ad Albanese e ai suoi parenti, compreso il marito e i figli, è impedito l’ingresso negli Stati Uniti; i beni – e gli eventuali interessi che essi generano – della Relatrice che si trovano negli USA sono congelati; le aziende statunitensi non possono fare affari o elargire donazioni ad Albanese né sostenerla nella sua attività. L’ordine vieta dunque anche l’eventuale supporto finanziario volto a rimborsare le spese per le sue attività – che Albanese svolge pro bono per le Nazioni Unite – o donazioni che rientrano sotto la sezione 203(b)(2) dell’International Emergency Economic Powers Act, ossia vestiti, medicine o generi alimentari.
Non è la prima volta che gli Stati Uniti provano a colpire Albanese, ma mai prima d’ora si erano mossi per sanzionarla in maniera così diretta. Poco prima del rinnovo automatico del suo mandato, gli USA avevano inviato all’ONU una lettera per contestare la sua attività e chiedere che la sua rielezione venisse messa in discussione; le richieste degli Stati Uniti, tuttavia, non riuscirono a fare breccia nel Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, che confermò come l’attività della giurista fosse stata in linea con il codice di condotta presente nel suo mandato. In generale, Albanese è oggetto di una vera e propria campagna volta ad affossarla: a oggi, se una persona che non ha interagito spesso con contenuti che la riguardano cerca il suo nome sul motore di ricerca di Google, il primo risultato che si ottiene è una pagina sponsorizzata dal nome “Francesca Albanese controversy” (controversie su Francesca Albanese), che riporta a un documento per screditarla redatto dallo stesso governo israeliano. A proposito di Google, il Washington Post ha recentemente rivelato che il co-fondatore della piattaforma, Sergey Brin, avrebbe definito le Nazioni Unite «apertamente antisemite», in risposta allo stesso rapporto di Albanese, che fa riferimento ad Alphabet (la holding a cui fa capo Google). Albanese è una giurista italiana che ricopre un incarico internazionale. Di fronte alle accuse nei suoi confronti, alle campagne diffamatorie e alle sanzioni statunitensi, tuttavia, non ha mai trovato né trova oggi supporto dalle autorità del Paese.
L’immagine degli Stati Uniti é ormai compromessa per sempre.
La Corte va chiusa e gli Anglo Sino Americani vanno lasciati soli ad arrangiarsi con la forza bruta che ormai non hanno più, visti i dieci paesi dotati di armi nucleari, anche molto più rapide delle loro.
Hanno paura e per questo attaccano. Otterranno esattamente l’opposto. L’opinione pubblica muove pensieri che andranno a modificare la materia. Potranno affossare o addirittura uccidere, ma quanti ne dovranno eliminare? Tutti?
Essere sanzionati dagli USA corrisponde oggi a un riconoscimento al valore.