mercoledì 9 Luglio 2025

Rapporto UE: in Italia pochi progressi su lobbismo, limiti alla stampa e tutela dei diritti

Rispetto ai problemi rilevati l’anno passato, l’Italia ha fatto passi «limitati, ridotti o nulli» in materia di diritto. A dirlo è il sesto rapporto sullo stato di diritto della Commissione UE, che sottolinea come, nonostante le raccomandazioni rilasciate nel 2024, l’Italia continui ad avere problemi con le norme relative alle attività di lobbying e al conflitto di interessi. Procede male anche la tutela dei giornalisti, su cui, secondo la Commissione, il governo ha posto limiti eccessivi nell’ambito del «progetto di riforma in materia di diffamazione e tutela del segreto professionale». Con l’approvazione del decreto Sicurezza, inoltre, tanto la società civile quanto organismi europei e l’ONU stessa hanno espresso preoccupazioni in merito al rischio di lesione dei diritti fondamentali, ma il governo ha fatto cadere ogni critica nel vuoto.

Nel rapporto si indica come, a fronte di «alcuni progressi» compiuti nell’ambito legislativo in materia di conflitti di interessi, quelli sull’adozione di «norme complessive sul lobbying per l’istituzione di un registro operativo delle attività dei rappresentanti di interessi» sono stati limitati. Nonostante le audizioni sui disegni di legge esistenti, avvenute nel 2024, l’iter legislativo non risulta ad oggi avanzato, mentre sono state «sollevate preoccupazioni circa le misure in materia di lobbying applicabili ai funzionari di alto livello». Al contempo, non è stato compiuto alcun progresso in materia di finanziamento dei partiti politici e campagne elettorali attraverso associazioni e fondazioni politiche («ostacolo per la responsabilità pubblica», oltre che a rischio di «comportare l’esercizio di un’influenza sproporzionata sul programma politico da parte dei donatori privati»), in quanto i disegni di leggi sono ancora fermi in Parlamento e non sono ancora stati discussi.

Nonostante, secondo la Commissione, «alcuni progressi» siano stati compiuti in materia di adeguato finanziamento dei media del servizio pubblico, al fine di «garantirne l’indipendenza», l’Italia non ha fatto passi avanti nell’ambito delle riforme volte a proteggere i giornalisti e il libero esercizio della professione, in particolare per quanto riguarda «il progetto di riforma sulla diffamazione e sulla protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche». Nel mirino del rapporto vi sono due provvedimenti in particolare, «l’emendamento Costa» (che vieta ai giornalisti di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare fino al termine dell’udienza preliminare) e la cosiddetta «riforma Nordio» (che limita di molto la pubblicazione delle intercettazioni). In aggiunta, la Commissione segnala come, a seguito della «riforma Cartabia» (che autorizzava solamente le Procure a fornire alla stampa informazioni sui procedimenti penali), in alcuni casi le Procure non abbiano avvisato gli organi di stampa di fatti «di potenziale interesse pubblico». Nonostante, inoltre, esistano norme volte a tutelare i giornalisti, il rapporto segnala come i casi di minacce e intimidazione continuino comunque a destare preoccupazione tra chi esercita il mestiere – anche alla luce di quanto accaduto recentemente nell’ambito del caso Paragon.

La Commissione segnala anche come l’Italia non abbia fatto alcun progresso nell’istituzione di un organo di controllo del rispetto dei diritti umani, secondo quanto previsto dalle Nazioni Unite. I progetti di legge esistenti in merito (ben cinque) sono fermi in Parlamento. Anche il decreto Sicurezza attira l’attenzione dell’UE, in quanto più fonti hanno segnalato come questo potrebbe avere ripercussioni «sullo spazio civico e sull’esercizio delle libertà fondamentali». Il rapporto sottolinea come a esprimere preoccupazioni siano stati anche il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e sei relatori ONU, oltre a innumerevoli organizzazioni e associazioni della società civile. Il governo, sottolinea la Commissione, non sembra tuttavia intenzionato ad ascoltare alcuna critica in merito.

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Valeria Casolaro

Ha studiato giornalismo a Torino e Madrid. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la magistrale in Antropologia. Prima di iniziare l’attività di giornalista ha lavorato nel campo delle migrazioni e della violenza di genere. Si occupa di diritti, migrazioni e movimenti sociali.

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