mercoledì 9 Luglio 2025

Gaza: dietro gli aiuti di Israele e USA ci sarebbe un piano per sfollare i palestinesi

Il ruolo della Gaza Humanitarian Foundation nella Striscia di Gaza sembra sempre più legato al piano di deportazione dei palestinesi proposto da Trump. Secondo rivelazioni di media e testate internazionali, GHF avrebbe ideato un piano per creare delle “Aree di Transito Umanitario” fuori e dentro la Striscia, in cui trasferire in massa i palestinesi; in questi luoghi, la popolazione verrebbe incentivata tramite sussidi a «spostarsi volontariamente» al di fuori di Gaza, in un’operazione che potrebbe coinvolgere circa un quarto della popolazione. Con la popolazione confinata, il resto della Striscia si trasformerebbe in un cantiere aperto per la costruzione della “Riviera del Medio Oriente”. Tale piano sembra coerente con una recente operazione lanciata da Israele, volta a creare una maxi-area umanitaria a Rafah dove spingere circa 600mila palestinesi; esso, inoltre, rispecchia i dettagli rilasciati dalla stampa israeliana sull’operazione militare “Carri di Gedeone”, iniziata circa due mesi fa.

Il presunto coinvolgimento di GHF nel piano di deportazione di Trump è suggerito da diverse rivelazioni e inchieste giornalistiche uscite su media e testate internazionali nelle ultime settimane. Una delle più rilevanti è un’inchiesta del Financial Times che indaga sul presunto ruolo del Boston Consulting Group, una società di consulenza statunitense, nella costituzione di GHF. Ad aprile, i sostenitori israeliani dell’iniziativa GHF avrebbero chiesto al gruppo di consulenza di elaborare un modello finanziario che valutasse gli eventuali costi di uno scenario in cui ampie fasce della popolazione palestinese fossero trasferite fuori da Gaza. Secondo lo scenario modellato, per il «trasferimento volontario», ai cittadini di Gaza verrebbe offerto un pacchetto comprensivo di 5.000 dollari, un affitto agevolato per quattro anni e un anno di cibo sussidiato, in cambio dell’abbandono della Striscia. Per ogni palestinese che uscirebbe dalla Striscia, verrebbero risparmiati circa 23.000 dollari. BCG ha negato il proprio coinvolgimento, sostenendo che tale progetto sarebbe stato portato avanti da due collaboratori a sua insaputa.

Il modello richiesto a BCG per comprendere i costi della deportazione dei palestinesi procederebbe in parallelo a un altro dei presunti progetti di GHF. Secondo una rivelazione dell’agenzia di stampa Reuters, lo scorso febbraio GHF e la società di sicurezza che la affianca avrebbero proposto un piano dal valore di 2 miliardi di dollari per costruire otto campi su larga scala chiamati “Aree di Transito Umanitario”, all’interno e all’esterno di Gaza. In queste aree, la popolazione potrebbe «risiedere temporaneamente, deradicalizzarsi, reintegrarsi e prepararsi al trasferimento, se lo desidera»; esse servirebbero a «guadagnare la fiducia della popolazione locale» e a spianare la strada alla «visione per Gaza» di Trump, mentre intanto la Striscia verrebbe «smilitarizzata» e «ricostruita». La GHF «supervisionerebbe e regolerebbe tutte le attività civili necessarie per la costruzione, la deradicalizzazione e il trasferimento volontario temporaneo», si leggerebbe nella proposta. Il documento mostrerebbe inoltre delle frecce indicanti l’Egitto e Cipro come possibili mete dei palestinesi o sedi delle Aree di Transito.

Tanto il piano di deportazione, quanto la costruzione di maxi-aree umanitarie sono due dei perni centrali su cui ruota l’operazione Carri di Gedeone, inaugurata da Israele lo scorso maggio. Come anticipato da L’Indipendente qualche giorno prima del suo lancio, il piano vedeva nella centralizzazione degli aiuti umanitari nelle mani di Israele uno dei suoi aspetti fondamentali. Esso prevedeva inoltre una fase iniziale di invasione della Striscia che sarebbe andata via via intensificandosi, fino a spingere a sud l’intera popolazione gazawi. Proprio a sud, Israele vuole creare la maxi-area umanitaria di Rafah. In un primo momento, questa ospiterebbe 600mila palestinesi, che corrispondono proprio a poco meno di un quarto della popolazione al 7 ottobre: lo stesso numero di persone che, secondo le stime per GHF, «lascerebbero volontariamente» la Striscia. L’operazione è stata annunciata dal ministro della Difesa israeliano Israel Katz ai media del Paese e prevedrebbe di spingere gradualmente l’intera popolazione gazawi a Rafah. Katz ha anche sottolineato la sua ambizione di incoraggiare i palestinesi a «emigrare volontariamente» dalla Striscia di Gaza verso altri Paesi, affermando che tale aspirazione «dovrebbe venire realizzata». Come sottolineano i media israeliani, dopotutto, l’area di Rafah suona simile alle Aree di Transito Umanitario di cui parla Reuters.

Questo quadro non è coerente solo con Carri di Gedeone, ma con la stessa proposta di Trump di trasformare Gaza nella nuova Riviera del Medio Oriente. Tanto il documento visionato da Reuters, quanto il presunto piano finanziario di BCG parlerebbero infatti della fase di ricostruzione di Gaza, che verrebbe portata avanti in parallelo alla deportazione. Sulla base del piano di BCG, infatti, un gruppo di imprenditori israeliani avrebbe elaborato un progetto, con il sostegno del Tony Blair Institute, di cui fa parte anche Matteo Renzi, per trasformare Gaza in un polo commerciale. Il progetto prevedrebbe la costruzione di isole artificiali al largo della costa, simili a quelle di Dubai, un porto in acque profonde per collegare Gaza al corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, e l’istituzione di zone economiche speciali a bassa tassazione. Tra i maxi-progetti, la costruzione di autostrade, della “Riviera Trump” e della “Elon Musk Smart Manufacturing Zone”, dove costruire auto elettriche statunitensi destinate all’esportazione in Europa.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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3 Commenti

  1. Israele e gli USA possono fare piani ma devono poi realizzarli, ma qui li sorprende la presenza del nemico che secondo la loro propaganda e’ stato battuto. Proprio oggi c’e’ la notizia che sette soldati dell’esercito israeliano sono stati uccisi in una imboscata. Hamas sarà stato decimato ma e’ ancora in grado di colpire e lo sarà ancora di piu’. Del resto gli Huti continuano a colpire, l’ultimo missile e’ atterrato a Gerusalemme. Anche una nave trasporto e’ stata affondata. Un terzo di TelAviv e’ stato distrutto dai missili iraniani…mentre gli israeliani che ne hanno la possibilità si mettono al sicuro all’estero, alimentando cosi’ la crisi economica e sociale del regime che sopravvive solo grazie agli aiuti USA e dei finanzisti ebrei. Molti capi di stato stanno prendendo posizione contro Israele e rompendo i loro rapporti, ultimo Gustavo Petro della Colombia che ha indetto una conferenza internazionale dei capi di stato per organizzare la lotta contro lo stato sionista. Ovvero c’e’ uno scontro mondiale in corso dove e’ l’Occidente capeggiato dagli anglosassoni che sta perdendo colpi e ne perderà sempre di piu’.

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