martedì 8 Luglio 2025

Stellantis ha perso un terzo della produzione di auto in Italia in sei mesi

Nei primi sei mesi del 2025, Stellantis ha prodotto un totale di 123.905 vetture, pari al 33,6% in meno rispetto allo stesso periodo del 2024. Se si contano anche i furgoni usciti dal polo di Atessa, il calo della produzione risulta invece pari al 26,9%. A dare l’allarme è il sindacato Fim-Cisl, in una analisi in cui stima che entro fine anno l’azienda dovrebbe produrre circa 440.000 vetture; una cifra ben lontana dal record di due milioni segnato nel 1989, ma anche dalla capacità produttiva degli stabilimenti che sarebbero capaci di produrre circa 1,5 milioni di automobili l’anno. Il colosso delle automobili Stellantis è in crisi da tempo; l’anno scorso, l’azienda minacciava il licenziamento di centinaia di operatori, in un tentativo fatto saltare dalle lotte dei lavoratori. Quest’anno, invece, ha già annunciato un taglio di 610 lavoratori nello stabilimento di Mirafiori.

Secondo quando si legge nel rapporto Fim-Cisl, nel primo semestre del 2025, tutti gli stabilimenti Stellantis sono in negativo in termini di produzione. Il sindacato sostiene di non vedere nulla che suggerisca una ripresa entro fine anno, e che, «anzi, il calo dei volumi e l’uso degli ammortizzatori sociali potrebbero aumentare», finendo per coinvolgere circa la metà della forza lavoro del gruppo. Lo stabilimento che risulta più in crisi è quello di Modena, dove nel primo semestre del 2025 sono state prodotte «solo 45 unità, con una flessione del 71,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente». I giorni effettivi di produzione sono stati circa 11. Segue lo stabilimento di Melfi, che ha registrato un crollo produttivo del 59,4% con 19.070 unità prodotte. In calo anche lo stabilimento di Pomigliano, il più produttivo in assoluto e l’unico che l’anno scorso si era salvato dalla produttività negativa; in questi primi sei mesi di 2025, Pomigliano ha visto un calo del 24% nella produzione. L’auto maggiormente prodotta è la Fiat Panda, che da sola rappresenta il 54% della produzione di auto in Italia, ma, nel primo semestre del 2025, anch’essa ha subito una flessione, pari al 15%.

Davanti a questo scenario, l’azienda mantiene validi i propri obblighi presi in sede istituzionale, ma il sindacato riporta che «dovranno essere verificati puntualmente con i nuovi vertici»; gli impegni prevedrebbero 2 miliardi di investimenti negli stabilimenti italiani e 6 miliardi di acquisti da fornitori nazionali, per raggiungere la soglia di produzione di 1 milione di vetture entro il 2030. Dopo l’uscita di Taveres di fine 2024, l’azienda ha avanzato un nuovo piano di investimenti, che prevede la costruzione di nuove gamme di automobili e veicoli commerciali in diversi stabilimenti. Nonostante ciò, riporta il sindacato, «continuano a mancare ancora risposte importanti su Termoli dopo lo stop alla Gigafactory e sul rilancio di Maserati». In generale, Fim-Cisl sostiene che davanti alla crisi perpetua in cui versa il settore, aggravata dall’introduzione di dazi specifici da parte dell’amministrazione statunitense, il governo italiano e l’UE dovrebbero muoversi in suo aiuto elaborando piani appositi e istituendo fondi comuni.

Il crollo della produzione italiana e l’assenza di un piano industriale in grado di rilanciarla pesano sulle spalle degli operai Stellantis, ma non su azionisti e dirigenti, che in tempo di crisi non rinunciano agli utili, sottraendoli ad esempio alla Ricerca e Sviluppo. A giugno, il gruppo ha infatti avviato una nuova procedura di licenziamento collettivo, con l’obiettivo di allontanare 610 operai tramite incentivo all’esodo; nel frattempo, a maggio, ha approvato la distribuzione dei dividendi fissandolo a 0,68 euro per azione ordinaria, corrispondente a un rendimento del 5%.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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