mercoledì 2 Luglio 2025

Un’inchiesta dimostra che l’IDF ha sparato apposta sui palestinesi in fila per gli aiuti

«È un campo di sterminio». Sono queste le parole utilizzate da un soldato delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) per descrivere la attuale situazione a Gaza. La sua testimonianza è riportata, assieme a quella di molti altri militari, dal quotidiano israeliano Haaretz in una inchiesta in cui sostiene che «ai soldati dell’IDF è stato ordinato di sparare deliberatamente ai cittadini di Gaza disarmati in attesa di aiuti umanitari». Una pratica ormai consolidata e normalizzata, riportano le testimonianze, su cui nessuno, neppure gli ufficiali, sembrerebbe interrogarsi. La situazione sarebbe peggiorata notevolmente da quando la distribuzione degli aiuti è passata nelle mani della Gaza Humanitarian Foundation, i cui centri – quattro in tutta la Striscia – sono costantemente sorvegliati dai soldati israeliani. Dalla loro apertura, lo scorso 27 maggio Israele ha ucciso oltre 500 persone in fila per gli aiuti e ne ha ferite oltre 4.000.

Secondo le testimonianze raccolte da Haaretz, le IDF sparerebbero a chi arriva prima dell’orario di apertura dei centri per impedirgli di avvicinarsi, e dopo la loro chiusura per disperderli. Tale pratica, venduta ai soldati come se fosse un modo come un altro per mantenere l’ordine, verrebbe effettuata con ogni mezzo a disposizione: fucili, mortai, cannoni di carri armati, mitragliatrici, granate, cecchini. Diversi soldati riportano che i colpi di arma da fuoco e di artiglieria verrebbero scagliati direttamente verso i civili, anche se disarmati e a centinaia di metri di distanza. «Apriamo il fuoco la mattina presto se qualcuno cerca di mettersi in fila da poche centinaia di metri di distanza, e a volte lo attacchiamo da distanza ravvicinata», sostiene un soldato; «ma non c’è pericolo per le forze. Non c’è nemico, non ci sono armi». Il medesimo soldato afferma di non essere a conoscenza di nessun caso in cui dall’altra parte sia stato aperto il fuoco.

I quattro centri GHF sono gestiti da personale statunitense e palestinese, sono sorvegliati dalle IDF, e rientrano in un confine di sicurezza delimitato che si estende per diverse centinaia di metri. Il perimetro di sicurezza delle IDF include carri armati, cecchini e mortai. I centri aprono una sola ora al giorno, generalmente la mattina, ma da quanto riportano le testimonianze di Haaretz tale orario verrebbe cambiato spesso senza notificare per tempo i civili. «Non so chi prenda le decisioni, ma diamo istruzioni alla popolazione e poi o non le seguiamo o le modifichiamo», ha affermato un ufficiale. In questo primo mese di funzionamento dei centri, riporta la testimonianza, è successo che le IDF cambiassero in itinere l’orario di apertura dei magazzini, spostandolo di pomeriggio, e che i civili palestinesi si presentassero all’entrata durante i soliti orari mattutini.

Le testimonianze di Haaretz descrivono la pratica di sparare ai civili in fila per gli aiuti come una prassi «normalizzata». La pratica sarebbe talmente tanto radicata da avere preso il nome di “Operazione Pesce Salato”, un richiamo, spiega Haaretz, al nome ebraico del gioco “Un, due, tre, stella”. Un riservista sostiene che «Gaza è diventato un posto con le sue regole», in cui «la perdita di vite umane non significa nulla»; un altro riservista riporta di un episodio in cui sarebbero stati uccisi otto adolescenti; un alto ufficiale ha riportato di un altro episodio in cui i soldati avrebbero ucciso 10 persone, per «un ordine proveniente dall’alto». La pratica, effettivamente, sembra incoraggiata dagli stessi comandanti: un ufficiale che lavora nel centro settentrionale riporta che il capitano in comando, il generale di brigata Yehuda Vach, ordinerebbe frequentemente di aprire il fuoco contro i palestinesi in attesa degli aiuti per disperderli; un alto ufficiale conferma l’esistenza di «un’ideologia sostenuta dai comandanti sul campo, che trasmettono alle truppe come piano operativo», mentre una fonte militare sostiene che anche i vertici militari «parlano di usare l’artiglieria su un incrocio pieno di civili come se fosse normale».

Dall’apertura dei centri GHF, Haaretz ha registrato 19 occasioni in cui è stato aperto il fuoco vicino ai magazzini. Di questi, sostiene il quotidiano, non tutti sono riconducibili all’esercito, ma visto che le IDF controllano il perimetro sembra difficile individuare responsabili diversi dallo stesso esercito israeliano o dalle milizie a esso collegate. Le testimonianze parlano infatti anche di casi in cui ad aprire il fuoco sarebbero state le milizie di Yasser Abu Shabab, che farebbero addirittura parte delle squadre di supervisori palestinesi attive nei centri. Secondo un ufficiale, le IDF continuerebbero a sostenere il gruppo di Abu Shabaab e altre fazioni. «Ci sono molti gruppi che si oppongono ad Hamas – Abu Shabaab si è spinto ben oltre», ha detto. «Controllano territori in cui Hamas non entra, e le IDF lo incoraggiano».

A incentivare la pratica sarebbe, infine, anche la speculazione edilizia. Un veterano riporta che a Gaza opererebbero diverse ditte appaltatrici, incaricate di demolire le abitazioni dei palestinesi. Per ogni edificio abbattuto, sostiene il veterano, gli appaltatori otterrebbero 5.000 shekel, l’equivalente di circa 1250 euro. «Stanno facendo una fortuna. Dal loro punto di vista, ogni momento in cui non demoliscono case è una perdita di denaro». Gli appaltatori opererebbero dove vogliono, lungo tutta la linea del fronte. Di conseguenza, ha aggiunto il veterano, la campagna di demolizione degli appaltatori li porterebbe, insieme alle loro squadre di sicurezza, vicino ai punti di distribuzione o lungo le rotte utilizzate dai camion degli aiuti. E così «scoppia una sparatoria e delle persone vengono uccise». Eppure, «queste sono zone in cui ai palestinesi è permesso stare», spiega il veterano: per le ditte appaltatrici, insomma, «per guadagnare 5.000 shekel è considerato accettabile uccidere persone che cercano solo cibo».

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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