lunedì 30 Giugno 2025

Per la prima volta è stata scoperta acqua attorno a una giovane stella simile al Sole

Per decenni, gli scienziati hanno pensato che l’acqua si trovasse prevalente nelle zone più esterne dei sistemi stellari e che, per questo motivo, quella sulla Terra fosse arrivata grazie a comete e asteroidi. Adesso, hanno finalmente trovato le prime prove a riguardo: è quanto scoperto da un team di ricercatori della Johns Hopkins University, i quali hanno dettagliato i loro risultati in un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Nature. Utilizzando i dati raccolti dal telescopio spaziale James Webb (JWST), il team ha potuto osservare ghiaccio d’acqua mescolato a finissime particelle di polvere che orbitano nella fascia più esterna del disco di detriti del sistema HD 181327, distante 155 anni luce dalla Terra e ancora nelle fasi iniziali della formazione planetaria. Si tratta quindi della prima conferma di un’ipotesi formulata nel 2008 ma mai verificata con strumenti sufficientemente sensibili. «Webb ha rilevato inequivocabilmente non solo ghiaccio d’acqua, ma ghiaccio d’acqua cristallino, come quello presente negli anelli di Saturno», ha commentato il coautore Chen Xie, aggiungendo che il ghiaccio potrebbe giocare un ruolo cruciale nella formazione di pianeti e nell’apporto di acqua a futuri mondi rocciosi.

Per anni, spiegano gli esperti, si è ritenuto che l’acqua fosse presente in abbondanza nelle zone fredde dei sistemi planetari in formazione e che, proprio da lì, potesse venire trasportata verso i pianeti interni attraverso asteroidi e comete. Un’ipotesi difficile da dimostrare fino a oggi, aggiungono, perché servivano strumenti molto più sensibili di quelli disponibili in passato. Il telescopio Webb, attivo dal 2022, ha invece reso possibile osservare direttamente sistemi giovani in fase di formazione, come HD 181327, che ha appena 23 milioni di anni, un battito di ciglia rispetto ai 4,6 miliardi del nostro Sole. Gli astronomi lo hanno studiato con lo spettrografo nel vicino infrarosso NIRSpec, capace di rilevare le firme chimiche delle particelle disperse nello spazio. Le osservazioni hanno mostrato che la parte più esterna del disco che circonda la stella contiene oltre il 20% di ghiaccio d’acqua, mentre nelle zone più interne la quantità rilevata scende drasticamente, fino a sparire del tutto vicino alla stella. Inoltre, la distribuzione non è omogenea: è più abbondante dove fa più freddo e più scarsa nelle zone centrali, troppo calde perché il ghiaccio possa sopravvivere o essere rilevato.

Immagine artistica rappresentante il disco di detriti attorno alla stella HD 181327. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI, Ralf Crawford (STScI)

In particolare, secondo i risultati ottenuti, il ghiaccio identificato si trova mescolato a polveri finissime, formando quelle che i ricercatori descrivono come minuscole “palle di neve sporca”, simili a ciò che si osserva nella nostra Fascia di Kuiper. Ed è proprio lì, nel nostro sistema, che miliardi di anni fa si sono formati oggetti simili, i cui impatti e migrazioni potrebbero aver portato l’acqua sulla Terra. «La presenza di ghiaccio d’acqua contribuisce a facilitare la formazione dei pianeti. Materiali di questo tipo potrebbero anche essere consegnati a pianeti rocciosi che si formeranno nei prossimi centinaia di milioni di anni», spiega infatti Chen Xie. Un altro aspetto interessante, inoltre, è che la stella HD 181327 mostra una regione interna completamente priva di polvere, una sorta di “vuoto” che separa la stella dal suo disco di detriti. Più esternamente, invece, il disco appare estremamente attivo, con collisioni continue tra corpi ghiacciati che rilasciano costantemente nuove particelle rilevabili dal telescopio. «HD 181327 è un sistema molto attivo. Le collisioni tra questi oggetti rilasciano frammenti minuscoli della dimensione perfetta per essere individuati da Webb», concludono i coautori, promettendo di effettuare ulteriori analisi per approfondire e interpretare con maggiore precisione le caratteristiche rilevate in questo giovane sistema.

Avatar photo

Roberto Demaio

Laureato alla facoltà di Matematica pura ed applicata dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Autore del libro-inchiesta Covid. Diamo i numeri?. Per L’Indipendente si occupa principalmente di scienza, ambiente e tecnologia.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria