lunedì 30 Giugno 2025

DDL Sicurezza: la maggioranza rilancia proponendo nuove forme di impunità per la polizia

Dopo la dura bocciatura della Cassazione al decreto Sicurezza per ragioni di metodo e di merito, la maggioranza rilancia il suo progetto securitario. Fratelli D’Italia ha depositato una proposta di legge che introduce uno “scudo” per le forze dell’ordine, evitando l’iscrizione nel registro degli indagati per chi commette reati nell’esercizio delle funzioni o in legittima difesa. Il testo modifica l’art. 335 del codice di procedura penale: se vi è una causa di giustificazione, il pm non iscrive l’autore nel registro ma ha 7 giorni per effettuare accertamenti preliminari. In parallelo, la Lega chiede un nuovo provvedimento per rafforzare la «tutela processuale» degli agenti, ventilando l’introduzione del taser nelle carceri e proponendo di rivedere il reato di tortura.

A muoversi per primo, venerdì scorso, è stato Galeazzo Bignami, capogruppo di FDI alla Camera, depositando una proposta di legge che prevede una modifica dell’articolo del codice di procedura penale inerente il registro delle notizie di reato. Il testo, firmato anche dal deputato Giovanni Maiorano, è chiaro: se un reato avviene in circostanze che potrebbero configurare una causa di giustificazione – come l’uso legittimo delle armi o l’adempimento di un dovere – il pubblico ministero non dovrà procedere all’iscrizione dell’indagato, ma disporre accertamenti preliminari da concludersi entro sette giorni. Solo se questi accertamenti porteranno a escludere la legittimità dell’azione, si procederà con l’iscrizione nel registro degli indagati. La proposta nasce sulla scia di casi come quello di Francavilla Fontana, dove un brigadiere è stato ucciso da alcuni ladri in fuga e due colleghi sono finiti sotto inchiesta per eccesso colposo nell’uso delle armi. «Episodi che – è stato scritto nella relazione tecnica – hanno evidenziato una falla nell’attuale sistema». Secondo la relazione tecnica della proposta, l’iscrizione nel registro degli indagati, sebbene non equivalga a una condanna, «espone l’iscritto a una vera e propria gogna mediatica» e a «conseguenze dannose», specie se si tratta di agenti impegnati in azioni di polizia.

Intanto, anche la Lega alza il tiro. Ignorando il durissimo parere della Cassazione, che ha bocciato il decreto Sicurezza per carenza dei presupposti di “necessità e urgenza”, il Carroccio ha chiesto un nuovo intervento normativo per «rafforzare ancora di più la sicurezza, con particolare riferimento alla tutela delle Forze dell’Ordine». Per il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, la proposta è chiara: una «tutela processuale» che eviti l’iscrizione automatica nel registro degli indagati e favorisca «accertamenti necessari in tempi rapidi» in presenza di cause di giustificazione. Ma non è tutto: negli ultimi giorni, la Lega ha rilanciato la linea dura della Lega proponendo di rivedere il reato di tortura, introdotto nel 2017 dopo anni di ritardi. Dopo i tentativi falliti di introdurre uno scudo penale e il gratuito patrocinio per le forze dell’ordine accusate di abusi, ora il partito di Matteo Salvini punta infatti a limitare l’applicazione del reato, sostenendo che ostacola il lavoro della polizia penitenziaria. Ostellari ha inoltre fatto riferimento alla prospettiva di introdurre il taser nelle carceri, parlando di «uno strumento valido».

Solo pochi giorni fa, la Corte di Cassazione ha inferto un colpo durissimo al decreto Sicurezza del governo Meloni. In un report di 129 pagine, infatti, l’Ufficio del Massimario della Suprema Corte ha formulato una lunga serie di rilievi sul metodo e sul merito del provvedimento, delineando possibili profili di incostituzionalità e disomogeneità nei suoi articoli, tanto dirimenti da poter costituire base per ricorsi alla Corte costituzionale. Sebbene non si tratti di un documento vincolante, l’autorevolezza della fonte lo rende una pietra miliare nell’attuale dibattito giuridico e politico, che negli ultimi giorni, sul punto, è tornato a infiammarsi. Tra i passaggi finiti sotto la lente della Suprema Corte, le aggravanti territoriali e di status, le norme che puniscono le rivolte in carcere e le occupazioni abusive, lo scudo penale per i servizi segreti e il divieto alla commercializzazione della cannabis light.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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