Lo scorso 17 giugno, Daniel Ek, CEO e fondatore della piattaforma musicale Spotify, si è messo a capo di un investimento da 600 milioni di euro in Helsing, azienda tedesca specializzata in tecnologie per la Difesa — in particolare in droni militari e strumenti di intelligenza artificiale per agevolare la presa di decisioni sul campo di battaglia. Le nuove risorse finanziarie hanno fatto lievitare il valore dell’azienda a 12 miliardi di euro, garantendo a Ek la poltrona di presidente del consiglio di amministrazione di Helsing. La diversificazione degli investimenti in direzioni belligeranti non è però un’esclusiva del magnate svedese, tutt’altro: sempre più aziende e imprenditori stanno puntando sullo sviluppo militare e sulla sorveglianza per cavalcare il boom del settore.
Complice la natura “pop” di Spotify, il round di finanziamenti ha scatenato l’attenzione di testate, associazioni e celebrità, offrendo massima visibilità al fenomeno. In Italia, la voce di dissenso più forte e visibile è giunta dal musicista Piero Pelù, il quale ha espresso senza mezzi termini su Instagram tutta la sua delusione: “purtroppo i master di tutti i miei dischi non mi appartengono più, altrimenti li avrei ritirati immediatamente dalla fottuta piattaforma di questo schifo di individuo”, ha scritto il cantautore. “Magari se molti artisti facessero pressione su questo padrone insensibile della nostra arte potrebbero farlo ragionare e spingerlo a investire i suoi/nostri soldi in qualcosa di molto più civile e in controtendenza con la merda che i nuovi dittatori ci stanno portando a vivere ogni giorno”.
“Mi concentro su quello che penso sia giusto e sono convinto al 100% che questa sia la direzione corretta per l’Europa“, ha dichiarato Ek al Financial Times. Per perseguire questo suo sogno di giustizia formalmente disinteressata, l’imprenditore avrebbe liquidato una parte considerevole delle sue azioni in Spotify, mantenendo solamente il 14,3% del capitale — quota che è comunque sufficiente a garantirgli il controllo del portale musicale. Che Ek fosse interessato a concentrare le proprie risorse in contesti più profittevoli era chiaro già dal novembre 2021, quando la sua società di investimento Prima Materia si era originariamente avvicinata a Helsing. All’epoca, la cosa aveva scatenato reazioni forti da parte dei musicisti, le quali non hanno però evidentemente contribuito a far cambiare idea al manager.
Il patron di Spotify non è però un’eccezione, tutt’altro. La cosiddetta “Paypal Mafia”, sotto l’influenza dell’investitore Peter Thiel e del suo venture capital Founders Fund, si è concentrata sul dar vita a tutta una serie di start-up dai nomi ispirati alla mitologia de Il Signore degli Anelli che si sono focalizzate su attività militari e di spionaggio. Thiel è alle radici di Palantir — azienda che analizza i Big Data per polizie ed esercito — e di Anduril, realtà specializzata nella creazione di mezzi militari autonomi. Kevin Hartz, ex partner del Founders Fund, ha invece lanciato Sauron, impresa che punta a militarizzare la sicurezza domestica. Thiel ha inoltre avuto un ruolo essenziale anche nel lancio di Neuralink e SpaceX e, attraverso Palantir, ha supportato DOGE, il “Dipartimento dell’Efficienza Governativa” che ha messo a soqquadro gli Stati Uniti.
Shyam Sankar (CTO di Palantir), Andrew “Boz” Bosworth (CTO di Meta), Kevin Weil (Chief Product Officer di OpenAI) e Bob McGrew (ex capo ricercatore di OpenAI) sono stati tutti arruolati come tenenti colonnelli part‐time nell’esercito statunitense, con l’obiettivo di portare i loro talenti tecnici all’interno del Pentagono. Sam Altman, CEO di OpenAI, ha diversificato i suoi investimenti co-fondando World, un servizio di scansione oculare che si presta naturalmente alla sorveglianza, ma che è pensato formalmente per compensare l’esplosione dei profili gestiti da IA, verificando l’“umanità” dell’utente. Un obiettivo ironico, se si considera che la crescita esponenziale di questi falsi profili sia in parte attribuibile proprio a OpenAI — azienda che, peraltro, ha siglato a inizio mese un contratto da 200 milioni di dollari per concedere al Dipartimento della Difesa statunitense i suoi strumenti di intelligenza artificiale.
Complice la corsa al riarmo che sta investendo le nazioni di tutto il mondo, il settore bellico e della sicurezza rappresenta per il mondo imprenditoriale una risorsa su cui investire fortemente, un obiettivo finanziariamente molto più interessante di quella “green economy” che è ormai finita in secondo piano. Se oggi i grandi capitali si orientano verso guerra e sorveglianza, però, chi potrà ancora permettersi di investire nella pace?