venerdì 27 Giugno 2025

Von der Leyen dovrà affrontare un voto di sfiducia a causa del Pfizergate

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, dovrà affrontare un voto di sfiducia al Parlamento europeo, a seguito dello scandalo noto come “Pfizergate”. L’iniziativa è stata promossa dall’eurodeputato rumeno Gheorghe Piperea, del partito AUR e membro del gruppo Conservatori e Riformisti Europei (ECR). La mozione ha superato la soglia minima richiesta di 72 firme, raccogliendone 74 da eurodeputati di vari schieramenti: ECR, Patrioti per l’Europa, Europa delle Nazioni Sovrane, alcuni non affiliati e persino un membro del Partito Popolare Europeo (PPE). Il voto è atteso nella sessione plenaria di luglio, ma difficilmente potrà avere successo, anche a causa della complessità dei regolamenti europei che garantiscono all’esecutivo comunitario un sistema di inattaccabilità dalle sfiducie parlamentari che non ha pari nelle costituzioni dei Paesi democratici.

Nello specifico, il documento è stato sottoscritto da 32 deputati del gruppo conservatore ECR (in Italia vi fanno parte i deputati di Fratelli d’Italia), 23 del gruppo sovranista ESN (nato su iniziativa del partito Alternativa per la Germania), 4 di Patrioti per l’Europa (in Italia rappresentato dalla Lega), 1 del PPE (i popolari di centrodestra, in Italia rappresentati da Forza Italia) e 14 non iscritti. Il motivo della presentazione della mozione risiede nel cosiddetto “Pfizergate”, lo scandalo che ha travolto la presidente della Commissione per la gestione della campagna vaccinale con la multinazionale farmaceutica Pfizer. Al centro della polemica c’è la gestione riservata dei negoziati con Pfizer da parte di von der Leyen durante la pandemia: nel 2021, la presidente trattò l’acquisto di 1,8 miliardi di dosi di vaccino anti-Covid (per un valore di 35 miliardi di euro, in un pacchetto più ampio da 70 miliardi) tramite messaggi privati con l’amministratore delegato Albert Bourla. Di quelle dosi, meno del 20% è stato effettivamente utilizzato. La Commissione ha più volte rifiutato di pubblicare gli sms, nonostante le richieste della stampa. Lo scorso maggio, la Corte di Giustizia dell’UE ha accolto il ricorso della giornalista del New York Times, Matina Stevis-Gridneff, che chiedeva accesso agli SMS scambiati tra von der Leyen e Bourla, annullando la decisione della Commissione di negare l’accesso ai messaggi di testo.

La mozione ha comunque evidenziato spaccature anche all’interno dello stesso gruppo ECR, guidato da Fratelli d’Italia e dal partito polacco Diritto e Giustizia (PiS). Mentre tutti i 20 eurodeputati del PiS hanno firmato, l’italiano Nicola Procaccini (co-presidente ECR) ha messo in dubbio l’opportunità della mozione, osservando che questa coinvolgerebbe l’intera Commissione, compresi i commissari nominati dai governi ECR. «Non ritiene che una simile decisione avrebbe dovuto prima essere approvata dal gruppo?», ha scritto in una email interna. Anche i rapporti tra Meloni e von der Leyen complicano la linea del gruppo: negli anni del suo governo, la premier italiana ha infatti collaborato strettamente con la presidente della Commissione, e l’alleato Raffaele Fitto ricopre un ruolo di rilievo a Bruxelles.

L’architettura istituzionale dell’Unione europea rende estremamente complesso sfiduciare la Commissione per più ragioni convergenti. Innanzitutto, per il fatto che a tal fine occorre sia il voto favorevole di almeno due terzi dei voti espressi (escludendo le astensioni) sia la maggioranza assoluta degli attuali 720 eurodeputati, (dunque almeno 361 sì). Se da un lato le astensioni abbassano il numero di voti espressi e quindi teoricamente riducono la soglia dei due terzi, dall’altro non intaccano i 361 voti necessari, anzi rendono più difficile raggiungere quella cifra fissa. La richiesta di un quorum così elevato garantisce che solo una solida maggioranza trasversale a partiti e Paesi possa staccare la spina all’esecutivo comunitario. E costituisce inoltre una protezione in favore dell’esecutivo che non ha pari nelle costituzioni dei Paesi democratici. Inoltre, la procedura impone un intervallo minimo di tre giorni tra presentazione e voto, lasciando tempo ai gruppi di riorganizzarsi e convincere gli indecisi. Una combinazione di fattori che rende sostanzialmente velleitario questo tipo di tentativo: finora tutte le mozioni di sfiducia contro la Commissione hanno fallito l’obiettivo di raggiungere contemporaneamente entrambi i quorum.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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