Mentre in Europa crescono le voci contrarie, con il governo slovacco che si è affiancato a quello spagnolo nel rifiutare il vertiginoso aumento delle spese militare al 5% del Prodotto interno lordo come richiesto dagli Stati Uniti e dalla NATO, la premier italiana Giorgia Meloni dà ancora una volta prova di obbedienza alle direttive di Washington. Quelli richiesti sono «impegni importanti e necessari che l’Italia rispetterà», ha detto davanti ieri, lunedì 23 giugno, al Parlamento. Per giustificarlo ha citato con un mezzo secolo di ritardo la leader liberista del Regno Unito degli anni 1980 Margareth Thatcher: «Non dimentichiamoci mai che il nostro stile di vita, i nostri valori, non saranno assicurati da quanto sono giuste le nostre cause ma da quanto è forte la nostra difesa». Una frase in cui riecheggia la retorica militarista della pace da ottenere attraverso la forza, potenzialmente in grado di giustificare spese militari senza fine.
Nel suo discorso, Meloni ha rivendicato il raggiungimento da parte del suo governo del 2% del PIL in spese per la difesa richiesto dalla NATO nel 2014, «rispettando così la parola data dall’Italia a livello internazionale». La premier ha poi confermato un completo allineamento anche sui nuovi impegni: «Attualmente la proposta presentata prende atto della valutazione aggiornata che la NATO fa delle minacce e dei rischi per l’Europa, dei conseguenti piani di Difesa, della possibile riduzione del contributo in termini di forze e capacità da parte degli Stati Uniti», il che «si traduce in un impegno per tutti i membri dell’Alleanza ad arrivare al 3,5% del PIL in spese di difesa e al 1,5% in spese di sicurezza – ha detto Meloni -. Sono impegni importanti, certo, sono impegni necessari, che finché questo Governo sarà in carica, l’Italia rispetterà restando un membro di prim’ordine della NATO». Le parole di Meloni sono arrivate mentre ancora non era stata annunciata la tregua tra Israele e Iran. Anzi, la premier non aveva nemmeno escluso l’idea di concedere le basi italiane agli Stati Uniti, seppur precisando che, nel caso, avrebbe dovuto prima avere luogo un passaggio parlamentare.
I numeri recentemente forniti dall’osservatorio Milex chiariscono le vere dimensioni dell’impegno finanziario: oggi l’Italia spende complessivamente circa 45 miliardi di euro tra difesa e sicurezza (pari al 2% del PIL), mentre per raggiungere il 5% nel 2035 la spesa annuale salirebbe a circa 145 miliardi, ovvero un incremento netto di 100 miliardi rispetto ad oggi, con aumenti medi di 10 miliardi all’anno nel decennio 2025–2035. Se si confrontano i due scenari in termini cumulativi, per la spesa decennale fino al 2035 servirebbero quasi 1 000 miliardi con l’obiettivo del 5%, contro poco più di 500 miliardi mantenendo il 2% con una crescita fisiologica: la differenza è dunque superiore a 400 miliardi in dieci anni, pari in media a 40 miliardi in più ogni anno. Un balzo di spesa per difesa e sicurezza di queste dimensioni non potrà che impattare enormemente sulla spesa sociale. Ogni miliardo “dirottato” verso la difesa è infatti un miliardo tolto a welfare, politiche attive per il lavoro e sostegni alle fasce più deboli, ma anche a sanità, istruzione, infrastrutture, cultura e ricerca.
Il massimo di aspirazione di vita di ogni Terrestre non è certamente lo stile di vita americano. Questa è una favola a cui non crede più nessuno. L’America è violenta e pensa solo a fare guerre. Cominciamo a dedicarci ai pensieri di pace e condividiamoli. Per la pace non sono necessarie le armi!
L’ “american way of life”, lo stile di vita americano e la democrazia compiuta da esportare. Il massimo dell’ aspirazione di vita di ogni Terrestre. È un grosso problema quando alla guida degli Stati ci sono dei perfetti imbecilli.
La sovranista… ma sparati