sabato 21 Giugno 2025

Gaza, nuove stragi israeliane mentre l’UNICEF avvisa: presto si inizierà a morire di sete

Israele sta approfittando dell’attenzione mediatica rivolta alla sua guerra con l’Iran per continuare il genocidio a Gaza. Il programma di distribuzione alimentare messo in piedi da Tel Aviv si traduce da oltre un mese in stragi quotidiane. Ieri, i soldati dell’esercito occupante hanno aperto il fuoco sulla folla in attesa di un pacco di farina, uccidendo almeno 31 persone, 5 nel sud della Striscia e 26 nei pressi del corridoio di Netzarim. Nel frattempo l’UNICEF, il Fondo ONU per l’infanzia, lancia l’allarme: «Gaza sta affrontando quella che equivale a una siccità causata dall’uomo. I sistemi idrici stanno collassando» e tra poche settimane le persone «cominceranno a morire di sete». Ad oggi risulta funzionante solo il 40% degli impianti per la produzione di acqua potabile. Rischiano di chiudere nei prossimi giorni se il carburante che li alimenta non entrerà di nuovo nella Striscia, a distanza di quasi quattro mesi dal blocco totale imposto da Israele.

Il 2 marzo scorso, lo Stato ebraico ha deciso di bloccare l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, negando ai palestinesi i beni essenziali nel più ampio piano di pulizia etnica e genocidio. A fine maggio la Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta da Stati Uniti e Israele, ha aperto i suoi centri di distribuzione alimentare — per un’iniziativa non proprio umanitaria che abbiamo analizzato in un focus dedicato. Da allora immagini e video raccontano di migliaia di persone ammassate in pochi punti lungo la Striscia, dove l’attesa per una razione di cibo viene interrotta dagli spari dell’IDF. Soltanto ieri si sono registrati almeno 31 morti e decine di feriti. Martedì scorso l’esercito occupante ha aperto il fuoco sulla folla nei pressi di un centro di distribuzione di Khan Yunis, nel sud della Striscia, uccidendo più di 60 persone e ferendone almeno 200. Si tratta soltanto di alcune delle stragi israeliane commesse nell’ultimo mese e mezzo, accompagnate da bombardamenti su tende, ospedali e sugli ultimi edifici rimasti in piedi.

Ad aggravare la situazione è il collasso del sistema idrico, causato da una combinazione data da attacchi deliberati e assenza di alimentazione. Da ottobre scorso, infatti, la rete elettrica della Striscia di Gaza è fuori uso e gli impianti di desalinizzazione dell’acqua hanno dovuto fare ricorso ai generatori alimentati a carburante per continuare a funzionare. Al momento, il 60% degli impianti è fuori uso (130 su 217); i restanti operano a intermittenza. A causa del blocco totale imposto da quasi quattro mesi, il carburante sta diventando introvabile, il che si tradurrà nei prossimi giorni nell’azzeramento della capacità produttiva. Dopo aver fatto morire di freddo decine di bambini in inverno, Israele condannerà i palestinesi a morire di sete in piena estate. Per impedirlo è necessario il reintegro degli aiuti umanitari, di recente al centro di due iniziative internazionali: una condotta via mare dalla Flotilla Freedom, l’altra via terra dalla Global March to Gaza — respinte da Israele con l’ausilio dell’Egitto. Come sottolineato dall’UNICEF, «il carburante è anche il filo che tiene insieme il devastato sistema sanitario di Gaza. Senza di esso, i generatori degli ospedali si fermano, la produzione di ossigeno si interrompe e le macchine di supporto vitale non funzionano. Le ambulanze non possono muoversi. Gli incubatori si spengono. Negare il carburante non significa solo interrompere le forniture, ma anche la sopravvivenza».

Avatar photo

Salvatore Toscano

Laureato in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali, per L’Indipendente si occupa di politica, diritti e movimenti. Si dedica al giornalismo dopo aver compreso l’importanza della penna come strumento di denuncia sociale. Ha vinto il concorso giovanile Marudo X: i buoni perché della politica.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

+ visti