Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, Israele ha condotto un massiccio attacco contro numerosi obiettivi militari e nucleari iraniani, in quella che le autorità israeliane hanno definito una «operazione preventiva» per neutralizzare la minaccia di un imminente programma di armamento atomico. Tuttavia, è solamente dopo che l’Iran ha risposto a sua volta con un attacco missilistico che il Consiglio di Sicurezza ONU ha deciso di riunirsi per discutere della situazione, solo per lanciare un appello alla stabilità e alla de-escalation in Medioriente e sottolineare ancora una volta il “diritto di Israele a difendersi”.
Pur riconoscendo che gli attacchi israeliani hanno causato «danni significativi» e decine di vittime civili, a prevalere nell’assemblea del Consiglio di Sicurezza sembra essere stata la linea che sostiene gli interessi di Israele. Una delle poche voci sollevatesi contro le azioni di Tel Aviv è stata quella dell’Algeria, che ha sottolineato come Israele operi al di fuori del Trattato di Non Proliferazione delle Armi Nucleari e come abbia sempre rifiutato di partecipare a colloqui per negoziare la creazione di una zona libera da armi nucleari in Medioriente. Il rappresentante algerino ha inoltre insistito sulla strana tempistica degli attacchi, che sono stati portati a termine proprio durante i colloqui tra Teheran e gli Stati Uniti sul nucleare – il prossimo round avrebbe dovuto svolgersi domenica 15 giugno. All’Algeria si è aggiunto il Pakistan, che ha definito «ripugnanti» le azioni di Israele proprio in ragione della tempistica.
Per il resto, a prevalere è stata la linea che impone che all’Iran non sia concesso di acquisire armi nucleari e che rivendica il diritto di Israele a difendersi dalle minacce esterne – una retorica mutuata dal genocidio in corso a Gaza e ormai divenuta il mantra di pressochè tutto l’Occidente. Gli Stati Uniti, che erano stati avvertiti da Israele degli imminenti attacchi (e avevano disposto un parziale ritiro del proprio contingente dalle basi in Medioriente il giorno precedente, ma che sostengono di non aver avuto alcun ruolo nell’attacco), hanno dichiarato che «non si può permettere a questo pericoloso regime [l’Iran, ndr] di avere armi nucleari». A fronte della minaccia di un attacco contro le basi statunitensi, la rappresentante USA ha avvisato che le conseguenze per Teheran sarebbero «terribili». In maniera simile, la Francia ha dichiarato che il programma nucleare iraniano «non ha alcuna giustificazione civile plausibile», mentre il presidente Macron, durante una conferenza stampa, ha ribadito il diritto di Israele a difendersi dalle minacce, come ha fatto la stessa presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. In Germania, il cancelliere Merz ha ribadito la sua «preoccupazione» per il programma nucleare iraniano e come le minacce dell’Iran di accelerare l’arricchimento dell’uranio violino le disposizioni del Trattato di non proliferazione (del quale Israele non è firmatario). Questo rappresenterebbe una minaccia per tutto il Medioriente, riferisce Merz, «in particolare per Israele».
Nel corso della riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza è intervenuto anche l’Iran, che ha definito Israele «il Paese più pericoloso e terrorista del Medioriente» e detto che le sue azioni equivalgono a una dichiarazione di guerra. Dal canto suo, il rappresentate israeliano ha detto che il suo Paese ha agito per «autodifesa» contro l’Iran, che ha dichiarato «il suo intento di distruggerci».
In questo contesto, l’Italia ha sposato (in maniera del tutto aspettata) la posizione statunitense. Di fronte alle Commissioni di Camera e Senato, il ministro degli Esteri Tajani ha infatti dichiarato che «di fronte a una minaccia nucleare non può esservi alcuna ambiguità: l’Iran non può dotarsi di una bomba atomica. Secondo l’intelligence di Israele Teheran avrebbe potuto avere 10 bombe atomiche entro sei mesi». Una posizione che rispecchia in pieno quella della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha dichiarato che in nessun caso l’Iran può dotarsi di un’arma nucleare.
La logica adottata in maniera pressochè univoca dall’Occidente piega ancora una volta il diritto internazionale agli interessi di Israele e degli Stati che lo sostengono, in maniera del tutto analoga a quanto già accaduto nell’ambito del conflitto israelo-palestinese. Tel Aviv non ha infatti mai reso noto con precisione il numero di armi atomiche in suo possesso, posizione politicamente strategica che le ha evitato critiche nel tempo. Tuttavia, una stima dell’ICAN (la Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari) ritiene che siano circa 90 le armi nucleari in Israele e che il Paese sia in possesso delle risorse per costruirne altre 200. Un dettaglio che, evidentemente, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno deciso ancora una volta di ignorare.
Siamo vicini a un punto di non ritorno
L’ipoceisia dell’”uomo bianco” ha oltrepassato ogni soglia di decenza. E questo contro l’opinione della maggioranza delle persone del cosiddetto “Occidente”.
Il che evidenzia anche il fatto che stiamo diventando tutti schiavi… A corte, ben nutriti (soprattutto di pane e circensi… ormai virtuali), ma comunque schiavi.
Piccolo errore di trscrittura: ” la Francia ha dichiarato che il programma nucleare israeliano…”
Credo voleste scrivere “iraniano”
😉
Sì si trattava di un refuso, ora corretto. Grazie per la segnalazione