venerdì 13 Giugno 2025

USA-Iran, cresce la tensione: Washington ordina parziale ritiro del personale in Medioriente

Continua a crescere la tensione tra Iran e Stati Uniti, le cui discussioni per raggiungere un accordo sul nucleare sono accompagnate da mesi da una escalation di minacce da ambo le parti. A seguito delle dichiarazioni rilasciate ieri dal ministro della Difesa iraniano, Aziz Nasirzadeh, il quale ha detto alla stampa che Teheran avrebbe preso di mira le basi militari USA in Medioriente in caso di fallimento dei colloqui ed eventuali attacchi esterni contro obiettivi nel Paese, Washington ha ordinato un parziale ritiro del personale governativo statunitense la cui presenza nella Regione non sia urgente.

In particolare, il Dipartimento di Stato ha ordinato l’immediato ritiro di tutti i dipendenti goventativi in Iraq, giustificando la decisione con «l’acuirsi delle tensioni regionali» e vietando loro di usare l’aeroporto internazionale di Baghdad. La popolazione statunitense è invece invitata a «non recarsi in Iraq per nessun motivo», in quanto esposta a «rischi elevati, tra cui violenza e rapimenti» dalle «milizie anti-statunitensi». Secondo il Dipartimento, nel Paese esiste «il rischio di violenza terroristica». I cittadini sono anche invitati a non attraversare l’Iraq per «partecipare a un conflitto armato in Siria», in quanto anche qui rischierebbero lesioni o la morte, oltre che l’arresto e l’espulsione. Un ufficiale del Dipartimento di Stato ha inoltre riferito a Fox News che il segretario della Difesa, Pete Heghseth, ha autorizzato la partenza volontaria dei militari di stanza in varie parti del Medioriente tra le quali Iraq, Siria, Bahrain, Qatar e gli Emirati Arabi Uniti, aggiungendo che il Comando Centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) sta monitorando gli sviluppi nell’area. La decisione, ha riferito l’ufficiale, riguarderà principalmente coloro che vivono in Bahrein (dove si trovano la maggior parte dei dipendenti di Washington) vicino alla base militare USA. Il presidente Trump ha dichiarato che il ritiro parziale del personale statunitense dalla regione dipende dal fatto che questa «può essere un posto pericoloso», aggiungendo che «vedremo cosa succederà».

«Alcuni funzionari dall’altra parte minacciano un conflitto se i negoziati non andranno a buon fine – aveva riferito alla stampa Nasirzadeh ieri, mercoledì 11 giugno, – e se ci verrà imposto un conflitto… tutte le basi statunitensi sono a portata di mano e le prenderemo ampiamente di mira nei Paesi che le ospitano». Le minacce seguono a loro volta le dichiarazioni di Trump il quale, a causa dello stallo dei collqui sul nucleare, aveva affermato che avrebbe colpito con bombardamenti e tariffe secondarie il Paese in caso di fallimento dei negoziati. «Non possono avere un’arma nucleare, è molto semplice: non lo permetteremo» ha sottolineato Trump nelle recenti dichiarazioni. Secondo alcune indiscrezioni emerse a mezzo stampa sui media americani, tuttavia, una minaccia di un possibile attacco diretto a obiettivi iraniani proverrebbe in realtà da Israele. Secondo la NBC, l’attacco potrebbe infatti avvenire nei prossimi giorni senza l’appoggio degli Stati Uniti e costituirebbe una forte rottura con la linea dell’amministrazione statunitense.

La situazione si inserisce in un contesto di crescenti tensioni tra Iran e Stati Uniti: nel 2017, durante il suo primo mandato, Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo nucleare con l’Iran siglato nel 2015, che introduceva limitazioni sulle attività nucleari del Paese in cambio di un alleggerimento delle sanzioni. Trump ha così reintrodotto sanzioni economiche contro Teheran, che ha ripreso le attività di arricchimento dell’uranio oltre i limiti stabiliti dall’accordo. Nell’aprile di quest’anno sono ripresi in Oman i colloqui tra le due parti, con l’obiettivo di trovare un accordo che contenga l’espansione del programma nucleare iraniano in cambio della revoca delle sanzioni statunitensi. Il prossimo round è previsto per questa settimana, nella giornata di domenica.

Il ministro degli Esteri iraniano, Seyed Abbas Araghchi, ha riferito ieri in un post su X che l’idea di Trump per la quale l’Iran non dovrebbe possedere armi nucleari «è in linea con la nostra dottrina e potrebbe diventare il fondamento principale per un accordo». «Con la ripresa dei colloqui domenica, è chiaro che un accordo in grado di garantire il mantenimento della natura pacifica del programma nucleare iraniano è a portata di mano e potrebbe essere raggiunto rapidamente».

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Valeria Casolaro

Ha studiato giornalismo a Torino e Madrid. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la magistrale in Antropologia. Prima di iniziare l’attività di giornalista ha lavorato nel campo delle migrazioni e della violenza di genere. Si occupa di diritti, migrazioni e movimenti sociali.

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3 Commenti

  1. Il deep state americano non sa’ più dove sbattere la testa. Odia ogni soluzione pacifica dei conflitti mondiali (eccetto verso la Cina, obiettivamente troppo forte, compatta e con un dispotismo politico eccezionale) perché riconosce il massimo del profitto politico-economico nella Guerra, unica e vera espressione del capitalismo estremo: la costante creazione di nuovo capitale per pochi e la distruzione delle risorse e delle vite dei più. Vedremo come si muoverà la Russia sullo scacchiere internazionale, l’ Europa è ormai schierata…

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