La Commissione europea ha approvato una lista di 13 nuovi progetti strategici sulle materie prime al di fuori dei Paesi dell’UE, con l’obiettivo di aumentare le sue disponibilità di metalli e minerali essenziali, di cui è sprovvista, riducendo allo stesso tempo la sua dipendenza dalla Cina. L’annuncio arriva in un momento difficile per l’industria e il settore automobilistico europeo e all’indomani della decisione di Pechino, annunciata lo scorso aprile, di limitare le esportazioni di minerali e terre rare. «Dobbiamo ridurre la nostra dipendenza da tutti i paesi, in particolare da alcuni paesi come la Cina […]. I divieti di esportazione aumentano la nostra volontà di diversificare», ha detto ai giornalisti il commissario europeo per l’industria, Stephane Sejourne. L’iniziativa si inserisce nel contesto del Critical Raw Material Act (CRMA), concordato nel 2023 e entrato in vigore nel 2024 al fine di garantire l’approvvigionamento di minerali essenziali per la transizione verde e digitale. In questo quadro normativo, l’Unione europea ha individuato un elenco di 34 materie prime critiche, importanti per l’economia dell’UE, di cui 17 sono definite “strategiche” considerata la loro rilevanza e gli squilibri tra domanda e offerta a livello globale. L’obiettivo è di estrarre il 10%, trasformare il 40% e riciclare il 25% del proprio fabbisogno entro il 2030.
Ai progetti iniziali approvati a marzo, l’esecutivo europeo ne ha ora aggiunti 13 da sviluppare al di fuori del blocco dei Paesi dell’UE: in particolare, dieci dei nuovi progetti si concentreranno sui materiali essenziali per la costruzione di batterie per i veicoli elettrici e per i sistemi di accumulo, tra cui litio, cobalto, manganese e grafite. I Paesi in cui si svolgeranno le attività per l’estrazione dei minerali critici sono Gran Bretagna, Canada, Groenlandia, Kazakistan, Madagascar, Norvegia, Serbia, Ucraina, Zambia, Brasile e territorio francese della Nuova Caledonia. Due progetti sulle terre rare saranno in Malawi e Sudafrica. Il progetto britannico è per l’estrazione di tungsteno – fondamentale per l’industria della difesa – mentre quelli in Ucraina e Groenlandia saranno per la grafite, con il progetto in Groenlandia gestito da GreenRoc Strategic Materials. Il progetto serbo, invece, gestito dalla grande compagnia mineraria Rio Tinto, potrebbe produrre il 90% del fabbisogno europeo di litio, ma molti serbi si oppongono alle attività di estrazione sostenendo che causeranno danni considerevoli all’ambiente. Da parte sua, Rio Tinto ha affermato in una nota che “Con una produzione stimata di 58.000 tonnellate di carbonato di litio all’anno, la Serbia ha il potenziale per diventare un attore chiave nella filiera di fornitura dei veicoli elettrici”.
Dal punto di vista economico, la Commissione europea ha stimato che i progetti richiederebbero un investimento complessivo di 5,5 miliardi di euro per essere avviati. Le attività riceverebbero un sostegno finanziario coordinato da parte della Commissione europea, degli Stati membri e degli istituti di credito. Lo scorso marzo, l’esecutivo comunitario aveva annunciato 47 progetti all’interno dell’Unione europea: con i nuovi progetti in Paesi terzi, aggiunti negli ultimi giorni, il numero di programmi per l’approvvigionamento di materie prime sale a 60.
L’accelerazione dell’UE sull’approvvigionamento di materiali essenziali per la transizione energetica e la difesa avviene in un contesto geopolitico di scontri e fratture crescenti che ha mostrato tutti i limiti della globalizzazione e in un clima di ritorno al protezionismo che rischia di schiacciare definitivamente l’UE, la cui industria si trova già in una crisi profonda. Attualmente, la Cina controlla il 90% dei magneti globali utilizzati in ogni settore ed è anche il principale fornitore di terre rare, batterie e pannelli solari. La decisione cinese di limitare le esportazioni di minerali critici ha inasprito una situazione già difficile suscitando anche l’allarme delle aziende automobilistiche. Questa settimana le società del settore si sono unite a livello globale nell’avvertire che le restrizioni cinesi sulle esportazioni di materie critiche potrebbero causare danni alle catene produttive se non si arriva a una rapida soluzione. I nuovi progetti lanciati dall’UE non si possono di certo definire una soluzione rapida perché l’avvio dei programmi e l’estrazione mineraria potrebbero richiedere tempi lunghi. Ciò mostra come l’UE sia arrivata con estremo ritardo su un fattore cruciale per lo sviluppo economico mondiale, di cui peraltro la stessa UE aveva fatto il suo cavallo di battaglia promuovendo le politiche verdi e la transizione energetica. L’esecutivo comunitario, dunque, sta cercando di recuperare terreno mentre è già in atto una grave crisi industriale nel continente e nel mezzo della guerra commerciale lanciata dal presidente statunitense Donald Trump. In questo contesto, Bruxelles vorrebbe arrivare a ottenere una maggiore indipendenza per quanto riguarda l’approvvigionamento di risorse critiche: Sejourne ha affermato che «nessun Paese dovrebbe fornirci oltre il 75 per cento del nostro fabbisogno annuale».