Negli Stati Uniti è esplosa una bomba. Non del tutto inaspettata però, ormai da più di una settimana se ne sentiva il ticchettio. Quella che per mesi era stata dipinta ironicamente come una “bromance” (una relazione romantica tra uomini) di interesse tra due delle figure più polarizzanti e influenti del panorama globale, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il magnate della tecnologia Elon Musk, è esplosa in una faida pubblica e virulenta. Un’escalation di accuse, insulti e minacce che, tra l’uscita di Musk dall’amministrazione e le critiche di quest’ultimo alla legge di bilancio, è rapidamente degenerata in uno scontro personale senza precedenti. Nel frattempo, le ripercussioni economiche per le due parti sono state immediate, con Trump che avrebbe perso almeno un miliardo di dollari e le azioni di Tesla crollate in borsa.
Fino a poco tempo fa, Elon Musk era considerato un alleato chiave di Donald Trump. Dopo quello che è stato classificato come tentato assassinio di Trump durante un comizio a Butler, in Pennsylvania, nel luglio 2024, Musk ha offerto al futuro presidente un sostegno incondizionato, spendendo milioni per la sua campagna elettorale e usando il suo megafono su X per amplificare i messaggi trumpiani. C’era persino chi lo vedeva come un possibile “amico e consigliere” all’interno della seconda amministrazione Trump, finendo poi per diventare il direttore del DOGE (Dipartimento di Efficienza Governativa), il revisore dei conti pubblici da tagliare e rimettere in ordine. I primi mesi di amministrazione del Dipartimento guidato da Musk sono stati un susseguirsi di azioni in grande stile e bombe mediatiche, più che concrete. Il punto di rottura, tuttavia, è arrivato con una prima critica di Musk a una vasta legge di spesa e riforme fiscali voluta da Trump. Il 28 maggio è poi arrivato l’annuncio di Musk di non essere più alla guida del DOGE. Che questo dipartimento avesse una sorta di “scadenza” era noto: il suo compito avrebbe dovuto infatti essere esaurito in un anno al massimo. Coincidenza, l’esperienza del DOGE, almeno quello guidato da Musk, finisce proprio al momento della critica alla politica di Trump.
Così, il 3 giugno, Musk alza i toni dello scontro e li porta al grande pubblico, definendo il Big Beautiful Bill del Presidente Trump una «montagna di porcherie disgustose» che avrebbe gonfiato il deficit federale, minando gli sforzi del suo ormai ex Dipartimento. La risposta di Trump arriva, il 5 giugno, dal suo profilo di Truth, il suo social network. Il presidente ha espresso la sua grande delusione per Musk, suggerendo che l’opposizione del CEO fosse legata a interessi personali, in particolare alla prevista rimozione di crediti d’imposta per i veicoli elettrici, misura che avrebbe colpito direttamente Tesla. Trump ha poi rincarato la dose dicendo di essere stato lui a chiedere a Musk di lasciare l’amministrazione, contraddicendo la narrazione di una partenza volontaria, spiegando che era diventato «stancante». Lo stesso Trump ha poi lanciato l’idea di cancellare i «lucrativi contratti governativi e i sussidi» per le aziende di Musk, tra cui Tesla e SpaceX, definendolo «il modo più semplice per risparmiare miliardi di dollari», facendo quindi allusione proprio al ruolo svolto fino a qualche giorno prima da Musk all’interno della sua amministrazione. Una chiara minaccia che dimostra come le lealtà nel mondo trumpiano siano effimere e strettamente legate al consenso e all’allineamento politico.
Elon Musk, noto per la sua propensione allo scontro, specie sui social, non si è sottratto alla battaglia, replicando che Trump «non avrebbe potuto vincere» le elezioni senza il suo supporto. Musk è addirittura arrivato a insinuare riguardo a legami tra Trump e il defunto Jeffrey Epstein, motivo per cui le rivelazioni promesse sul caso non sarebbero arrivate. Infine, ha anche lanciato un sondaggio intitolato «È giunto il momento di creare un nuovo partito politico in America che rappresenti davvero l’80% della popolazione media?», facendo credere nella sua volontà di lanciare la sfida politica.
Uno scontro così aggressivo rivela una rottura profonda che va oltre le semplici divergenze politiche, toccando corde profonde di ego e potere, che a entrambe di certo non mancano. Le conseguenze di questa faida pubblica si sono fatte sentire immediatamente sul mercato. Le azioni di Tesla, già sotto pressione da tempo, anche per il sostegno politico a Trump, hanno registrato un crollo significativo bruciando circa 150 miliardi di dollari di valore azionario. Ieri hanno toccato il picco di -19% e oggi, al momento in cui scriviamo, stanno continuando a scendere. Ma, come riporta Axios, anche le attività di Trump hanno avuto una flessione significativa, costando più di 1 miliardo al presidente. Insomma, per entrambi una grana economica, prima che politica. In queste ore si vocifera di una possibile chiamata pacificatoria che avverrà nelle prossime ore.
Lo scontro pubblico tra Trump e Musk è un caso emblematico di come le intersezioni tra politica di alto livello, potere economico ed ego possano produrre dinamiche esplosive. L’alleanza iniziale era fondata su una convergenza di interessi e ideologie: Trump, pro-business e anti-regolamentazione, e Musk, innovatore eccentrico e critico del “deep state” e delle narrative mainstream. Entrambi amano il controllo diretto, la provocazione e l’uso spregiudicato dei social media per influenzare l’opinione pubblica. Tuttavia, il dissidio sulla legge di spesa rivela una frattura fondamentale: per Trump, la lealtà è un valore supremo e le critiche a una sua iniziativa legislativa vengono percepite come un tradimento personale. Questo scontro, dunque, non è solo una lite tra due ego smisurati, ma una cartina di tornasole delle complessità che emergono quando il capitale privato, con le sue logiche di mercato e innovazione, si scontra con il potere politico, con le sue logiche di controllo e fedeltà. La domanda ora è se questo scontro avrà ripercussioni durature sulla politica americana, sull’agenda di Trump e sulle fortune delle imprese di Musk, o se si tratta solo di un’altra tempesta in un bicchiere d’acqua nel tumultuoso panorama contemporaneo.
Auguri a tutti i plutocrati del mondo di rompersi le corna a vicenda.
Veramente Musk aveva applicato le disposizioni di Trump di snellire l’apparato statale di funzionari, impiegati, in tutti i settori, provocando cosi una massa di gente licenziata. Ora questa massa si e’ ribellata, avendo anche l’appoggio del deep state. Probabilmente la pressione contro i provvedimenti di Trump e’ stata tale che se ne uscito additando le colpe su Musk.