Come ampiamente previsto dall’ONU, la prima giornata di distribuzione di aiuti alla popolazione di Gaza, organizzata da Israele e Stati Uniti, è stata un disastro. La distribuzione è avvenuta tramite soli tre punti di consegna, affidati alla ONG americana Gaza Humanitarian Foundation (GHF): qui, gli addetti alla sicurezza hanno prima sparato per disperdere la folla, poi ammesso di aver perso il controllo della situazione. Da quasi tre mesi, infatti, Israele sfiancava i civili vietando l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia, per poi autorizzare l’entrata di una «quantità base». Con l’operazione sono stati distribuiti appena 8 mila pacchi di cibo, il tutto mentre 400 camion di aiuti dell’ONU rimangono bloccati al valico di Rafah, su ordine di Tel Aviv – a dimostrazione del fatto che la situazione umanitaria è l’ultima delle preoccupazioni israeliane. Nel mentre, 29 bambini e anziani sono morti di fame nel giro di 48 ore.
I tre punti di distribuzione si trovano tutti nel sud della Striscia di Gaza, nella zona di Rafah, fatto che rende l’operazione – dal punto di vista umanitario del tutto inutile – più verosimilmente un tentativo di spingere i palestinesi residenti nel nord a spostarsi sperando di trovare il cibo, con il risultato di liberare il terreno alle mire di occupazione di Israele. Sarebbero almeno tre i palestinesi uccisi dopo che l’esercito ha aperto il fuoco sui civili affamati durante le operazioni di distribuzione, oltre a 46 feriti e 7 dispersi, secondo quanto riferito dalle autorità di Gaza, citate da Al Jazeera. Stati Uniti, Israele e GHF hanno negato quanto accaduto, continuando invece a lodare la buona riuscita dell’iniziativa e accusando l’ONU di non star collaborando con la distribuzione degli aiuti. Il Dipartimento di Stato americano ha difeso le operazioni, minimizzando quanto accaduto: «non discuterò del gossip o di chi ha sparato contro chi, se sia stato Hamas o no» ha dichiarato la portavoce Tammy Bruce, «ciò che è vero è che gli aiuti e il cibo stanno entrando a Gaza su larga scala, con 8 mila pacchi consegnati».
L’esercito israeliano (IDF), che si sta occupando della distribuzione insieme alla COGAT (Coordinamento delle Attività Governative nei Territori di Giudea e Samaria e nella Striscia di Gaza, unità del ministero della Difesa israeliano), riferisce dal canto suo che le operazioni di ieri sono andate a buon fine e che le Nazioni Unite si stanno rifiutando di collaborare con le operazioni, oltre che di diffondere «informazioni false e inesatte sulle difficoltà della popolazione civile». Secondo il primo ministro israeliano Netanyahu, infatti, pur riconoscendo che la situazione è sfuggita al controllo per qualche secondo, ha negato l’esistenza di una qualche forma di carestia a Gaza: «dall’inizio della guerra ad ora non si è vista una sola persona emaciata», ha dichiarato.
Critiche alla gestione della distribuzione di aiuti, dopo quasi tre mesi in cui la popolazione è stata affamata in maniera intenzionale da Israele, sono giunte da pressochè tutte le organizzazioni umanitarie internazionali. L’Ufficio di coordinamento degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite (OCHA) ha definito l’operazione come «largamente insufficiente», oltre che «una distrazione da ciò che è effettivamente necessario, ovvero la riapertura di tutti i valichi a Gaza, un ambiente sicuro all’intero di Gaza e una facilitazione delle autorizzazioni e delle approvazioni finali di tutte le forniture di emergenza che abbiamo appena fuori il confine». Il portavoce delle Nazioni Unite ha inoltre sottolineato come l’agenzia disponga di un piano dettagliato per effettuare queste operazioni, appoggiato dagli Stati membri e perfettamente funzionante sul piano operativo, in grado di distribuire gli aiuti su larga scala – al contrario di quanto accaduto con SRS, azienda privata. Il Programma Alimentare Mondiale (PAM) dell’ONU ha riferito di avere una rete perfettamente funzionante di distribuzione e circa trecento camion di aiuti fermi al valico di Kerem Shalom, mentre anche l’UNRWA (l’Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi) ha dichiarato che nessuno dei rifornimenti contenuti negli oltre tremila camion pronti a entrare nella Striscia, contenenti medicinali e alimenti, è stato consegnato – nonostante sia l’unica a disporre di infrastrutture, mezzi, veicoli e personale per effettuare una distribuzione efficace e capillare.
L’utilizzo di fame come arma di guerra da parte di Israele non è solo evidente nel blocco degli aiuti portato avanti per tre mesi, ma anche nella fatto che oltre il 95% del terreno coltivabile di Gaza è ormai inutilizzabile a causa dei bombardamenti. A ciò si aggiunge la mancanza di acqua potabile, principalmente dovuta ai tagli all’energia elettrica operati da Israele, fondamentale per l’idratazione ma anche per l’igiene. Le Nazioni Unite hanno stimato (dati di marzo 2025) che circa 1,8 milioni di persone hanno urgente bisogno di acqua pulita e potabile.
Delenda Israel!
Maledetti, e non posso dire altro. Siete il cancro del Mondo!