sabato 24 Maggio 2025

Palermo: anticipata la commemorazione per Falcone per zittire chi chiede verità sulle stragi

C’è Antimafia e antimafia: la prima vive nel cuore pulsante dell’attivismo coraggioso e disinteressato, la seconda all’ombra della politica, dei tappeti rossi e della “normalizzazione”. A renderlo evidente sono state, ancora una volta, le commemorazioni per la strage di Capaci tenutesi ieri a Palermo, nel 33esimo anniversario della morte del magistrato Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta. L’esplosione avvenne alle 17.58, ma il momento del ricordo, nella cornice della manifestazione ufficiale promossa dalla Fondazione Falcone in via Notarbartolo e gremita di politici nazionali e regionali, è stato celebrato 10 minuti prima. Quando le migliaia di attivisti dell’antimafia sociale sono arrivati sul posto, si sono trovati davanti un palco vuoto. Due anni fa gli era andata ancora peggio: i dimostranti si presero le manganellate della polizia mentre Maria Falcone, sorella del giudice e presidente della Fondazione, condivideva il palco col sindaco di Palermo Roberto Lagalla. Il quale, in campagna elettorale, ebbe come sponsor Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro, entrambi condannati definitivamente per reati connessi alla mafia.

Lagalla era presente anche quest’anno accanto a Maria Falcone. Sul palco, con loro, si sono infatti alternati anche i ministri della giustizia Carlo Nordio, degli Interni Matteo Piantedosi e della cultura Alessandro Giuli, come anche il presidente della Regione siciliana Renato Schifani. Presente anche Fiammetta Borsellino, il cui legale, Fabio Trizzino, attacca da anni il Movimento delle Agende Rosse del fratello di Paolo, Salvatore Borsellino – “reo” di chiedere verità in merito alle implicazioni della “trattativa Stato-mafia” e al plausibile ruolo avuto dall’eversione nera nelle stragi del ’92-’94 a Palermo, Roma, Firenze e Milano –, sposando la teoria che vede la morte di Paolo Borsellino come diretta conseguenza del suo presunto interessamento al rapporto “mafia-appalti” del ROS dei Carabinieri. Valorizzando, dunque, le tesi degli stessi uomini del ROS che, subito dopo la strage di Capaci, senza informare l’autorità giudiziaria, scelsero di inaugurare una “improvvida trattativa” (così scrivono i giudici) con i vertici di Cosa Nostra per il tramite dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino. Tutte logiche a cui il blocco che ha nutrito il corteo “Non chiedeteci silenzio”, organizzato da studenti, associazioni e sindacati in risposta al “silenzio” caldeggiato da Maria Falcone per le commemorazioni, si contrappone frontalmente. Eppure, anche quest’anno, la loro voce non si è potuta sentire.

Dopo i discorsi e le riflessioni di rito, infatti, per la prima volta in 33 anni, il minuto di silenzio è partito con incredibile anticipo: alle 17.48 invece che alle 17.58. Quando il corteo di protesta contro il governo è arrivato presso l’Albero di Falcone in via Notarbartolo, i politici che erano sul palco erano già frettolosamente andati via. Tra le persone che rimpinguavano il corteo, promosso da decine di sigle, c’erano anche familiari di vittime di mafia. «Ci hanno raggirato anticipando il minuto di silenzio: tutto questo è successo perché hanno paura, una grande paura di quello che vogliamo dire», ha dichiarato Roberta Gatani, nipote di Paolo Borsellino. «Non esiste cosa più grave, tremenda e vigliacca che privare i palermitani di un momento così sacro quale il minuto di silenzio, specialmente sotto l’Albero Falcone» ha detto Nino Morana, nipote di Nino Agostino, poliziotto ucciso dalla mafia nel 1989. Sulla stessa scia anche Giovanni Paparcuri, agente di scorta di Rocco Chinnici sopravvissuto alla strage di via Pipitone Federico e collaboratore di Falcone e Borsellino: «Quello che è accaduto è stato vergognoso, uno sgarbo allo stesso Falcone» ha affermato. «I ragazzi contestavano? Pazienza. Il dottore Falcone non è della Fondazione, è di tutti», ha aggiunto, criticando aspramente Maria Falcone e preannunciando che non presiederà più alle prossime commemorazioni. La Falcone si è difesa parlando di un semplice «errore», mentre in una nota la sua Fondazione ha scritto: «Per noi la memoria non è un cronometro ma impegno in ogni attimo della nostra vita».

Uno scenario ancora peggiore si era stagliato su Palermo alle commemorazioni della strage di Capaci di due anni fa. In occasione del 31° anniversario, infatti, il questore del capoluogo siciliano Leopoldo Laricchia aveva vietato ai manifestanti del corteo dell’antimafia sociale – in quel frangente organizzato all’insegna dello slogan “Non siete Stato voi, ma siete stati voi” – di raggiungere l’Albero di Falcone e riservato l’accesso solo alla marcia ufficiale promossa dalla Fondazione Falcone con il sindaco Lagalla. Circa duemila studenti e attivisti, partiti in pacifica protesta dalla Facoltà di Giurisprudenza per denunciare le collusioni tra mafia e istituzioni, si erano scontrati con cordoni antisommossa, ricevendo manganellate dai poliziotti. Rotti i blocchi, avevano osservato il minuto di silenzio. Per poi intonare a gran voce il coro “Fuori la mafia dallo Stato!”.

Sentito da L’Indipendente, anche Salvatore Borsellino, fratello di Paolo e fondatore del Movimento delle Agende Rosse, ha voluto far sentire la sua voce: «Quello che è successo ieri è qualcosa di inaudito e vergognoso: dopo le manganellate agli studenti degli anni scorsi, è andato in scena un tranello perpetrato per impedire agli studenti e ai partecipanti al corteo alternativo rispetto alle manifestazioni ufficiali di presenziare al suono del silenzio in onore delle vittime della strage». Aggiunge Borsellino: «Il peggio è arrivato con un comunicato della Fondazione Falcone in cui si afferma che “l’importante è avere celebrato ancora una volta, tutti uniti, i nostri eroi”. Ma “tutti uniti” chi? Forse Stato e mafia, viene da rispondere, davanti a una vergogna del genere».

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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