venerdì 16 Maggio 2025

Kneecap: il gruppo rap nord-irlandese indagato dall’antiterrorismo perché sta con la Palestina

Negli ultimi giorni una band irlandese dell’Ulster sta occupando le prime pagine dei giornali di tutto il mondo, per ragioni che c’entrano poco con la musica e tanto con la Palestina. La questione risale allo scorso aprile, quando il trio hip-hop dei Kneecap si è esibito sui palchi del Coachella, uno dei festival musicali più importanti del mondo, lanciando critiche allo Stato di Israele e denunciando il genocidio in Palestina: «I palestinesi non hanno nessun posto dove andare nella loro stessa terra, e vengono bombardati dai cieli. Se non lo chiamate genocidio, come c***o lo chiamate?». Il discorso del trio, accompagnato dalla proiezione di frasi di denuncia nei confronti di USA e Israele, ha scatenato un’ondata di indignazione dal mondo della musica, che ha portato alla cancellazione di diversi appuntamenti della band in giro per il mondo. Poco dopo, si è espresso lo stesso Regno Unito, aprendo una indagine di terrorismo contro il trio per delle frasi pronunciate in passato in sostegno ai gruppi di resistenza palestinesi e libanesi e contro i parlamentari britannici.

La polemica che sta interessando i Kneecap è sorta dopo la loro esibizione sui palchi del Coachella, festival musicale che si tiene nell’omonima vallata californiana. Il Coachella è un festival annuale nato nel 1999, che dal 2001 a oggi ha acquisito sempre più popolarità, diventando una delle manifestazioni musicali più partecipate e seguite al mondo. L’edizione di quest’anno si è tenuta dall’11 al 13 aprile e dal 18 al 20 aprile e ha ospitato artisti noti su scala mondiale quali Lady Gaga, e i Green Day. Per dare un’idea della popolarità del palcoscenico, si pensi che già ora sono disponibili i biglietti per l’edizione del 2026 (che si terrà tra il 10 e il 12 aprile e tra il 17 e il 19 aprile), e che l’accesso ordinario a uno dei due fine settimana costa 549 dollari, con biglietti speciali che superano i 10mila dollari di prezzo. L’esibizione dei Kneecap si è tenuta in occasione del secondo fine settimana di festival.

«Gli irlandesi non troppo tempo fa erano perseguitati per mano dei britannici; ma non venivamo bombardati dai cazzo di cieli senza nessun posto dove andare», ha detto uno dei tre artisti, mentre sullo sfondo venivano proiettate frasi di denuncia contro Israele e Stati Uniti: «Fanculo Israele, Palestina libera», e «Israele sta commettendo un genocidio contro il popolo palestinese. Sta venendo permesso dal governo statunitense che arma e finanzia Israele nonostante i suoi crimini di guerra», recitavano queste ultime. Dopo l’esibizione della band, sui giornali di tutto il mondo è scoppiato il caos. In molti hanno iniziato a chiedere a Goldenvoice, organizzatrice del festival, di prendere le distanze dalle frasi dei Kneecap. Naturalmente le critiche sono arrivate anche agli stessi Kneecap, tanto che negli USA c’è chi, come Sharon Osbourne – produttrice e conduttrice televisiva – ha chiesto che venisse ritirato il visto lavorativo della band. L’agenzia di booking statunitense Independent Artist Group, che ha sponsorizzato i loro visti di lavoro negli Stati Uniti, ha annunciato di avere rescisso il contratto con il trio; in Germania e Inghilterra, invece, sono state cancellate almeno 3 date in cui dovevano esibirsi.

Proprio il Regno Unito è il Paese dove la polemica si è concentrata in maggior misura: dopo la forte ondata di critiche, infatti, l’antiterrorismo britannico ha fatto sapere di avere aperto una indagine contro la band per delle passate frasi. Di preciso, l’indagine riguarda due distinti episodi: il primo, di presunto inneggiamento a Hamas e a Hezbollah; il secondo un invito rivolto al pubblico a non fidarsi dei politici e a «sparare ai propri parlamentari locali». Quest’ultimo episodio ha sollevato parecchia indignazione nel Regno Unito facendo riemergere nel dibattito due casi di omicidio di politici risalenti al 2021. La band ha pubblicato un messaggio in cui sostiene che le frasi ripescate dall’antiterrorismo siano state decontestualizzate, prendendo le distanze dalle organizzazioni palestinese e libanese e scusandosi con le famiglie dei parlamentari uccisi. Poco dopo, il manager dei Kneecap, invitato a parlare alla televisione nazionale, ha ribadito la posizione della band: «questa storia non ha nulla a che fare coi Kneecap», ha dichiarato. «L’obiettivo di questa campagna è meramente quello di togliere forza agli artisti. Di dire alla prossima giovane band che non si può parlare di Palestina».

I Kneecap non sono nuovi a questo genere di uscite, ed è proprio sull’attivismo politico che hanno costruito parte della loro fama. Lo stesso nome del trio è volutamente provocatorio: Kneecap è infatti il termine inglese per “rotula” che a partire dagli anni ’70, nel contesto del conflitto nordirlandese, ha iniziato a venire utilizzato per quella pratica che in italiano definiamo gambizzazione. Con i musicisti si sono schierati diversi artisti che hanno condiviso una lettera aperta per difendere la loro libertà di espressione. I Kneecap, invece, hanno ribadito il loro sostegno alla causa palestinese, e hanno iniziato a diffondere sempre più contenuti di denuncia contro lo Stato di Israele.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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