mercoledì 14 Maggio 2025

Trump ha annunciato la sospensione di tutte le sanzioni USA contro la Siria

È iniziato ieri il viaggio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel Golfo Persico con un annuncio a sorpresa: il capo della Casa Bianca ha reso noto che saranno revocate tutte le sanzioni USA di lunga data alla Siria, intervenendo a un forum sugli investimenti a Riad, in Arabia Saudita, dove si è svolta la prima tappa del tour in Medio Oriente del tycoon. Si tratta di un cambiamento importante nella politica estera di Washington che ha dichiarato la Siria uno Stato sponsor del terrorismo nel 1979, introducendo sanzioni nei suoi confronti fin dal 2004 e inasprendole successivamente con lo scoppio della guerra per procura nel 2011. Parallelamente a questo importante annuncio, gli Stati Uniti hanno accettato di vendere all’Arabia Saudita un pacchetto di armi del valore di quasi 142 miliardi di dollari, mentre Riad si è impegnata a investire 600 miliardi negli Stati Uniti. La Casa Bianca ha definito l’accordo sulla vendita di armi il più grande “accordo di cooperazione in materia di difesa” mai stipulato da Washington. Allo stesso tempo, Trump non ha programmato una visita in Israele, scavalcando Tel Aviv nel suo viaggio in Medio Oriente: «Il messaggio alla regione è stato chiaro: Israele non è più una priorità assoluta per gli Stati Uniti”, ha scritto Itamar Eichner, corrispondente diplomatico dell’agenzia di stampa israeliana ynet».

Per quanto riguarda la sospensione delle sanzioni alla Siria, il Ministro degli Esteri siriano Asaad al-Shibani ha dichiarato su X che l’iniziativa segna un «nuovo inizio» nel percorso di ricostruzione della Siria, mentre oggi Trump ha incontrato il presidente siriano  Ahmed al-Sharaa  in Arabia Saudita, alla presenza del principe ereditario Mohammed bin Salman. Trump ha invitato Sharaa a normalizzare i rapporti con Israele, unendosi così agli Emirati Arabi Uniti, al Bahrein e al Marocco che hanno avviato relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico nel 2020 sulla base degli Accordi di Abramo mediati dagli Stati Uniti. Sebbene la potenza a stelle e strisce speri che anche Riad normalizzi i suoi rapporti con Israele, Trump ha affermato ieri che questo accadrà a suo tempo, in base alle tempistiche stabilite da Riad. Gli accordi stipulati con il principe ereditario saudita, dunque, non sono subordinati al ripristino delle relazioni diplomatiche con Tel Aviv (come aveva cercato di fare l’ex presidente Joe Biden) e il Regno saudita insiste sul fatto che non può esserci normalizzazione senza il riconoscimento di uno Stato palestinese. Similmente, secondo un rapporto dell’agenzia di stampa Reuters, gli Stati Uniti non subordineranno più il loro consenso al programma nucleare saudita alla normalizzazione delle relazioni tra Riad e Tel Aviv. Ciò significa che Israele è stato di fatto estromesso dalla politica intrapresa da Trump in Medio Oriente. Come riporta un’analisi di Haaretz, infatti, “L’accordo con gli Houthi, l’avvicinamento al regime siriano e il rafforzamento dei legami con la Turchia sono tutti elementi che delineano una nuova mappa geopolitica che Trump sta cercando di tracciare, in cui Israele è sempre più solo uno spettatore. […] Questa mappa non riserva un ruolo di primo piano a Israele, e Trump ha anche segnalato che Israele potrebbe essere escluso del tutto se interferisse con i suoi piani”.

Nello specifico, gli accordi con il regno dei Saud, che secondo la Casa Bianca rappresentano “una nuova era d’oro per la partnership tra Stati Uniti e Arabia Saudita”, comprendono svariati settori, tra cui energia, difesa, infrastrutture, sanità, tecnologia e risorse minerarie. Il partenariato tra i due Paesi include una dozzina di aziende di difesa statunitensi in settori quali la difesa aerea e missilistica, l’aeronautica e lo spazio, la sicurezza marittima e le comunicazioni. Sul piano della difesa, il pacchetto che Washington fornirà a Riad “comprende anche un’ampia formazione e supporto per rafforzare la capacità delle forze armate saudite, tra cui il potenziamento delle accademie militari e dei servizi medici militari”. Secondo la Casa Bianca, gli accordi “rafforzano la nostra sicurezza energetica, l’industria della difesa, la leadership tecnologica e l’accesso alle infrastrutture globali e ai minerali essenziali”.

Anche l’incontro con il capo siriano Sharaa è avvenuto senza l’“approvazione di Israele”: come riferisce la Reuters, Israele si è opposto alla sospensione delle sanzioni e negli ultimi mesi ha intensificato gli attacchi in territorio siriano affermando di non tollerare una presenza islamista nella Siria meridionale. L’Arabia Saudita, invece, ha dichiarato di sostenere la ripresa economica di Damasco e l’allentamento delle sanzioni, che creeranno le condizioni per investire nel Paese.

Dopo aver rovesciato il regime di Assad, Sharaa, per anni capo dell’ala ufficiale di al-Qaeda nel conflitto siriano, si è allineato alle direttive economiche occidentali, sostenendo un grande piano di privatizzazioni in Siria. Del resto, dopo aver condannato per anni il jihadismo e avere inserito i suoi leader nella lista del terrorismo – compreso lo stesso Sharaa – gli USA e i Paesi europei hanno salutato il nuovo governo siriano come “governo di liberazione”, revocando alcune prime sanzioni che da decenni affliggevano il martoriato Stato mediorientale. La rimozione totale delle sanzioni ora dovrebbe incoraggiare un maggiore impegno da parte delle organizzazioni umanitarie e facilitare gli investimenti e il commercio estero, reintegrando allo stesso tempo una Siria più confacente agli interessi occidentali nel contesto diplomatico-politico internazionale.

 

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Giorgia Audiello

Laureata in Economia e gestione dei beni culturali presso l'Università Cattolica di Milano. Si occupa principalmente di geopolitica ed economia con particolare attenzione alle dinamiche internazionali e alle relazioni di potere globali.

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