mercoledì 14 Maggio 2025

Eurovision e la funzione del boicottaggio culturale contro il genocidio

La campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale (Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel, PACBI) ha preso vita nel 2004 come uno dei primi passi per la creazione del movimento internazionale a guida palestinese per Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni a Israele (BDS). Da allora il movimento esercita una pressione costante per contrastare le gravi violazioni dei diritti umani commesse da Israele nei territori palestinesi occupati, a Gaza e altrove. A questo scopo il boicottaggio culturale e accademico si è rilevato e continua a essere uno strumento efficace di lotta non violenta. Il boicottaggio culturale e accademico non colpisce singoli individui ma quegli eventi che ricevono finanziamenti o sponsorizzazioni dalle istituzioni governative israeliane. Per questa ragione, il Movimento BDS respinge le accuse di censura e ha invece come obiettivo il contrasto alle strategie di “normalizzazione” di Israele volte a migliorare la propria immagine internazionale e a presentarla come normale e accettabile. 

Le istituzioni culturali israeliane, comprese le compagnie teatrali, i progetti di sviluppo cinematografico e televisivo, i gruppi musicali e i festival, appoggiano infatti in larga misura l’operato delle forze armate e dei governi israeliani (non solo quello attuale). Nonostante gli sforzi di una manciata di artisti, scrittori e registi che si oppongono, tali istituzioni sono spesso direttamente implicate con l’operato dei governi israeliani che occupano illegalmente i territori palestinesi, segregando la popolazione e relegandola in una condizione di apartheid e di incertezza dal punto di vista della sicurezza, della prosperità e del diritto all’autodeterminazione. L’appello al boicottaggio culturale, come risposta al fallimento di decenni di negoziati e interventi diplomatici, afferma la necessità di una strategia di resistenza concreta. Esso si basa sul quadro di riferimento sancito dalla risoluzione 194 delle Nazioni Unite, che promuove i diritti inalienabili dei palestinesi, inclusi il riconoscimento della loro libertà e il diritto al ritorno. 

Il boicottaggio, come strumento legale e politico, si ispira a precedenti storici di resistenza globale, come quello contro l’apartheid in Sudafrica. Allora, il boicottaggio culturale e accademico contribuì a isolare il regime razzista sudafricano e a portare l’attenzione internazionale sulle sue ingiustizie, costringendo i politici a fare pressioni per un cambiamento radicale del regime. In effetti, l’arte e la cultura non possono essere disgiunte dalla politica, soprattutto quando vengono utilizzate per normalizzare e rendere più accettabile l’agire di regimi occupanti, oppressivi e colpevoli di gravi crimini di guerra e contro l’umanità. Se, in passato, alcuni hanno messo in dubbio l’efficacia del boicottaggio culturale sostenendo che «l’arte non è politica», la realtà degli eventi recenti sta dimostrando il contrario. Il massacro in corso e la situazione a Gaza (che la Corte Internazionale di Giustizia ha definito come “plausibile genocidio”) hanno cambiato il panorama internazionale, con un crescente numero di artisti e intellettuali che usano la loro visibilità per denunciare le atrocità israeliane. La violenza di Israele, che ha causato oltre 50.000 morti (almeno il triplo secondo il giornale medico The Lancet) tra i palestinesi, è ora riconosciuta dalla Corte Penale Internazionale, che ha emesso un mandato di arresto contro il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, per crimini di guerra. 

L’atteggiamento di condanna che ha colpito la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, mirando a isolarla a livello culturale e sportivo oltreché politico, non è stato applicato nei confronti di Israele. Questo doppio standard evidenzia la complicità silenziosa di molti Stati occidentali con l’occupazione israeliana. In risposta, centinaia di artisti, anche in Italia, hanno aderito alla piattaforma “Artist for Palestine” lanciata dal movimento BDS il 3 aprile 2024, impegnandosi a non partecipare a eventi in Israele, a non accettare finanziamenti da istituzioni legate al governo israeliano e a non ospitare o promuovere chi lo fa. Inoltre, la Biennale di Venezia ha visto un forte movimento di boicottaggio, con oltre 8000 professionisti dell’arte che hanno chiesto e ottenuto il ritiro del padiglione israeliano dall’edizione del 2024. Questa iniziativa si ispira all’esclusione del Sudafrica dalla Biennale durante l’apartheid, a testimonianza del potere del boicottaggio culturale nel costringere la comunità internazionale ad affrontare la responsabilità di Israele nelle violazioni dei diritti umani.

Boicottare l’Eurovision 

Proteste a Malmö, Svezia, durante l’ultimo Eurovision del 2024

Dal 13 al 17 maggio a Basilea si svolgerà la 69° edizione dell’Eurovision Song Contest, concorso musicale internazionale che si svolge ogni anno e mette in competizione i migliori cantanti europei, per il quale si sono già mosse azioni di pressione per escludere Israele dalla competizione. In Finlandia, oltre 10.000 persone hanno chiesto al canale Yle di esercitare pressione sull’organizzatore dell’evento, la European Broadcasting Union (EBU), per rimuovere Israele dalla gara. Come in Finlandia, Islanda, e in tanti altri Paesi in tutta Europa, fan, musicisti e anche ex partecipanti di Eurovision si organizzano per lanciare petizioni e firmare appelli che escludano Israele dal Song Contest, in coerenza con le linee guida stabilite dalla stessa EBU. 

A questo fine l’anno scorso un folto gruppo di membri del Parlamento Europeo, di provenienza geografica e politica diversa, ha elaborato un documento di vibrante protesta che richiede a EBU l’esclusione di Kan, emittente israeliana partner di Eurovision. Quest’anno lo stesso documento sarà rielaborato e rinnovato, e vedrà aggiungersi la firma di tanti altri membri del Parlamento Europeo. Tutti questi sforzi costituiscono un altro esempio di come il boicottaggio culturale possa avere un impatto diretto sulle pratiche e le politiche internazionali. 

Contrariamente a quanto sostenuto da chi ne denigra l’efficacia, il boicottaggio culturale si è dimostrato uno strumento fondamentale per fermare la normalizzazione dei crimini di Israele contro il popolo palestinese. È un mezzo di pressione che può costringere Israele a rispondere alle richieste della comunità internazionale e a rispettare i diritti inalienabili dei palestinesi. L’efficacia di questo boicottaggio, alimentato dalla crescente solidarietà globale, si sta dimostrando sempre più potente nel cambiare le dinamiche internazionali e nel contrastare la manipolazione mediatica che giustifica l’oppressione israeliana contro il popolo palestinese.

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BDS Italia

BDS Italia è un movimento per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro l’occupazione israeliana, costituito da associazioni e gruppi che aderiscono all’appello della società civile palestinese. Il BDS sostiene il semplice principio che i palestinesi hanno gli stessi diritti del resto dell’umanità ed esorta ad agire per fare pressione su Israele affinché rispetti il diritto internazionale.

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