Nell’arco di un solo decennio, da giugno 2015 a dicembre 2024, in Italia sono stati accertati 6.979 reati ambientali, uno ogni tre controlli effettuati. È il bilancio tracciato da Legambiente e Libera a dieci anni dalla legge 68/2015, che ha introdotto nel Codice penale i delitti contro l’ambiente e riformato la disciplina sanzionatoria del Testo unico ambientale. I numeri parlano chiaro: 21.169 controlli, oltre 12.500 persone denunciate, 556 arresti e sequestri per un valore di 1,155 miliardi di euro. La Campania si conferma la regione più colpita, seguita da Sardegna, Puglia e Sicilia. Il 40,5% degli illeciti è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa.
A dieci anni dall’approvazione, la legge rappresenta una svolta storica per l’ordinamento italiano. Per la prima volta, infatti, nel 2015 l’inquinamento ambientale è stato riconosciuto come reato penale. Ad oggi, come dimostrano le statistiche diramate nel nuovo rapporto, è il delitto più accertato: 1.426 reati su 5.506 controlli, con 2.768 persone denunciate, 136 misure cautelari e 626 sequestri per un valore superiore ai 380 milioni di euro. A seguire vi è il reato di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, introdotto nel Codice penale nel 2018, che vede 964 casi accertati, 2.711 denunciati, 305 arresti e sequestri per oltre 168 milioni di euro. Il terzo reato più frequente è il disastro ambientale, contestato in 228 casi, con 737 denunce e 180 sequestri, per un valore che supera gli 85 milioni. Il Meridione resta l’epicentro dei reati ambientali: Campania, Puglia, Sicilia e Calabria totalizzano da sole il 40,5% degli illeciti accertati. La Campania è prima in classifica con un totale di 1.440 reati, 4.178 controlli e sequestri per oltre 209 milioni. Segue la Sardegna con 726 reati e 1.627 persone denunciate, mentre la Puglia si distingue per il numero di arresti (100). La Sicilia, con 482 reati, è la regione con il valore più alto di sequestri: oltre 432 milioni di euro.
La legge 68 non si limita però soltanto all’introduzione dei delitti ambientali. Il secondo asse della riforma concerne infatti la nuova disciplina sanzionatoria del Testo unico ambientale (Dlgs 152/2006, parte Sesta-bis). In questo ambito, da giugno 2015 a dicembre 2024, sono stati effettuati 11.156 controlli, accertati 3.361 reati e denunciate 4.245 persone. Sono state emesse 553 ordinanze di sequestro, per un valore di quasi 160 milioni di euro. La tagliola della prescrizione, per ben 794 volte, ha prodotto l’estinzione di una parte dei reati meno gravi. Dal 2018 al 2023, il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente ha incassato oltre 33 milioni di euro da sanzioni, destinati al rafforzamento delle attività di controllo delle Agenzie ambientali regionali e provinciali.
La conferenza nazionale ControEcomafie, promossa da Legambiente e Libera il 16 e 17 maggio a Roma presso l’Università Roma Tre, sarà l’occasione per fare il punto su dieci anni di applicazione della norma e per rilanciare nuove proposte. Tra i relatori che si alterneranno al microfono ci saranno il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, i presidenti delle due associazioni Stefano Ciafani e Luigi Ciotti, la direttrice generale dell’Ispra Maria Siclari e l’on. Federico Cafiero de Raho. «I dati raccolti confermano l’importanza di una legge approvata dopo 21 anni di ritardi – scrivono nel comunicato Legambiente e Libera –. Una riforma di civiltà in nome del popolo inquinato, grazie alla quale da allora tante denunce sono diventate processi e sono arrivate le prime sentenze definitive. Ora si approvino le leggi che mancano all’appello, a partire dal recepimento della direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente». A chiudere la due giorni di lavori sarà la presentazione di un “Manifesto” contenente le proposte al governo e al Parlamento per rafforzare gli strumenti di contrasto alle ecomafie.
Purtroppo si continuerà come sempre, con le grandi aziende impunite grazie al loro potere economico