giovedì 8 Maggio 2025

Napoli: migliaia in piazza per la Taverna Santa Chiara e il popolo palestinese

Il popolo napoletano è al fianco della Palestina e condanna l’ambiguità dell’amministrazione guidata da Gaetano Manfredi. È questo il messaggio che ieri, in migliaia, hanno lanciato da Piazza Municipio, nei pressi di Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli. Il presidio – dal titolo Not in my name – è stato organizzato dal basso, su iniziativa di alcuni abitanti, per esprimere solidarietà alla Taverna Santa Chiara e alla ristoratrice Nives Monda, finita negli ultimi giorni alla gogna mediatica per la sua esposizione pubblica contro l’apartheid e il genocidio del popolo palestinese. Il confronto tra Nives Monda e due turisti israeliani – Geula e Raul Moses – che negavano i crimini del proprio Paese ha fatto il giro del web, cavalcando la disinformazione della stampa filo-israeliana. Subito dopo l’accaduto, l’amministrazione Manfredi, nella figura dell’assessora al Turismo Teresa Armato, si è affrettata a incontrare i due turisti per manifestare la vicinanza del Comune. Le decine di migliaia di messaggi di solidarietà alla Taverna Santa Chiara e la piazza partecipata di ieri hanno invece precisato da che parte sta il popolo napoletano.

La Taverna Santa Chiara non è soltanto un ristorante. Negli anni si è ritagliata un ruolo sociale, di attivismo, all’interno di una città sempre più turistificata e svuotata dunque della propria identità. Storica è l’avversione all’overtourism così come la solidarietà al popolo palestinese, che tra le altre cose ha portato la taverna ad aderire alla campagna Spazi liberi dall’apartheid israeliana (SPLAI). Promossa dal movimento BDS, la campagna SPLAI promuove spazi liberi da razzismo e da rapporti con entità complici dell’occupazione israeliana. Non il luogo migliore per difendere i crimini di Tel Aviv e dipingere il proprio Paese come un’oasi di pace, cosa che, a fine pasto, due turisti israeliani, hanno fatto parlando con una coppia spagnola seduta in sala. A quel punto è intervenuta Nives Monda, ribadendo la posizione della Taverna Santa Chiara di condanna verso il genocidio palestinese in atto. Geula e Raul Moses hanno dunque iniziato a riprendere col proprio smartphone, accusando ripetutamente la titolare di antisemitismo e di «supportare i terroristi». Una mistificazione ripresa dalla stampa filoisraeliana e volta a confondere – per delegittimare la causa palestinese e il suo sostegno – antisemitismo e avversione al sionismo, ideologia colonizzatrice che sta esprimendo il meglio di sé a Gaza, col massacro di oltre cinquantamila persone, e con l’erosione continua dei diritti dei palestinesi residenti nella Cisgiordania occupata.

I coniugi Moses non sono stati cacciati perché ebrei. «Potete andare, non voglio i vostri soldi», ha detto Nives Monda dopo la discussione avvenuta a fine pasto. I turisti hanno così lasciato il locale senza pagare, caricando il video – ritraente lavoratori e clienti senza consenso – in rete, il che ha dato il via a una campagna d’odio senza precedenti, tra minacce di spedizioni punitive, distruzione del locale e violenza fisica, anche sessuale. Presto si è messa in moto anche la macchina della solidarietà verso la Taverna Santa Chiara e il suo staff, culminata nella manifestazione di ieri. Diverse le personalità, politiche e non solo, che si sono esposte a difesa della storica attività napoletana. Sulla questione è intervenuta anche Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, che ha dichiarato: «Sono contro la discriminazione di ogni tipo, ma dirsi contro l’apartheid è un diritto ed un dovere. Siano ben accolti ovunque gli israeliani che lottano contro apartheid e genocidio. Nel frattempo, possano tanti esercenti seguire l’esempio della Taverna Santa Chiara».

Grande assente è stata l’amministrazione Manfredi, che solo oggi ha deciso di incontrare Nives Monda. Il 3 maggio, invece, l’assessora al Turismo si è precipitata a conoscere la coppia di turisti in una caffetteria del centro, in compagnia del presidente onorario della Associazione Italia-Israele di Napoli, Giuseppe Crimaldi. Poco dopo l’incontro, il Times of Israel ha scritto che ai due turisti sarebbero stati offerti due giorni di escursioni guidate per la città, a spese dei contribuenti. Dettagli che il Comune di Napoli ha negato.

Nel frattempo, vedendo le immagini del caso mediatico, il gruppo Donne in nero ha riconosciuto Geula Moses come la donna che il 26 aprile scorso «si è fermata davanti a noi e iniziato a provocare apostrofandoci con offese e parolacce. Ci ha chiamate terroriste e amiche di Hamas. Noi abbiamo mantenuto il silenzio ma non è servito a fermarla. Lo schema è lo stesso: lei provoca e il marito riprende col telefono». Il gruppo, come ogni sabato da venti mesi a questa parte, era in presidio a Bari vestito a lutto e in silenzio per chiedere la fine del massacro in Palestina.

Quanto accaduto a Napoli accende l’ennesima luce sullo stato della disinformazione che dilaga nel nostro Paese, spesso associata a campagne d’odio verso chi dissente. In questo caso, una ristoratrice che nel suo piccolo esprime solidarietà al popolo palestinese viene fatta passare per antisemita, diffamata da chi può liberamente viaggiare e decidere cosa e dove mangiare – due diritti basilari che in questo momento vengono negati a Gaza, con un popolo costretto alla fame e rinchiuso nel campo di sterminio più grande al mondo. Una situazione intrisa di impunità, arroganza e suprematismo, resa possibile soltanto da un ampio spettro di complicità umana, che di certo include anche propaganda e indifferenza.

Avatar photo

Salvatore Toscano

Laureato in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali, per L’Indipendente si occupa di politica, diritti e movimenti. Si dedica al giornalismo dopo aver compreso l’importanza della penna come strumento di denuncia sociale. Ha vinto il concorso giovanile Marudo X: i buoni perché della politica.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

+ visti