Il Parlamento europeo ha deciso di applicare una procedura d’urgenza per modificare la legislazione che regola le emissioni di CO2 delle auto, rimandando così gli obiettivi della transizione ecologica, in seguito alla crisi economica che ha colpito il settore automobilistico europeo. La legislazione comunitaria attuale stabilisce che già quest’anno i produttori di auto debbano ridurre del 15% le emissioni rispetto al 2021, con multe salate per le aziende che non si adeguano. Con le modifiche che si vogliono applicare d’urgenza, invece, il calcolo elle emissioni verrà distribuito sul triennio 2025-2027 per dare più tempo alle case automobilistiche di adeguarsi ai nuovi standard. La normativa non modificata partiva dal presupposto che con il diffondersi delle auto elettriche sul mercato, si sarebbero ridotte anche le emissioni. Tuttavia, la mancanza di un piano industriale adeguato, di programmazione e di incentivi statali ha fatto fallire la sostituzione dei motori endotermici con quelli elettrici, gettando le più grandi casi automobilistiche europee, come Volkswagen, in una crisi profonda da cui non si sono ancora riprese.
L’imposizione di sanzioni alle case automobilistiche per via delle emissioni aveva suscitato il disappunto di alcuni governi, oltre che delle stesse associazioni dell’automotive, mentre i lavoratori europei lo scorso febbraio avevano manifestato a Bruxelles, chiedendo all’esecutivo comunitario di intraprendere azioni concrete per arginare la deindustrializzazione europea. Lo stesso governo italiano, in un non-paper del novembre 2024, aveva sottolineato, insieme alla Repubblica Ceca, come le sanzioni sulle emissioni limitassero gravemente la capacità del settore di reinvestire in innovazione e sviluppo, danneggiando così la competitività dell’Europa sulla scena globale, chiedendone quindi la revisione. Il documento sottolineava anche l’importanza della cosiddetta neutralità tecnologica, che implica la possibilità di adottare una gamma più ampia di soluzioni per l’alimentazione a basse emissioni dei veicoli, compresi i motori a combustione interna alimentati in modo sostenibile, che dovrebbero essere presi in considerazione attraverso il corretto utilizzo di propulsori alternativi.
Pare, dunque, che la Commissione europea si sia adeguata alle richieste di diversi governi, compreso quello italiano, sulla necessità di rivedere i tempi necessari per la transizione, senza però metterla in discussione. La normativa europea prevede infatti che, entro il 2030, la riduzione delle emissioni debba arrivare al 55% (emissioni medie per veicolo sotto i 49,5 g di CO₂/km), per poi arrivare entro il 2035 all’obiettivo finale di zero emissioni nette. Nel frattempo, ha permesso una dilazione spalmata su tre anni per ridurre la quantità emessa di CO2, mentre tutti gli altri obiettivi della normativa vigente dovrebbero rimanere invariati. L’unica eccezione alla modifica della normativa riguarda i veicoli pesanti. Il che ha suscitato il disappunto del capo delegazione di Fratelli d’Italia/ECR al Parlamento Europeo, Carlo Fidanza, secondo cui la procedura d’urgenza approvata dall’europarlamento è «un passo che va certamente nella giusta direzione ma rimane insufficiente per rispondere al problema delle multe, che peraltro continuerà a riguardare – e questo è davvero incomprensibile – il settore dei veicoli pesanti, nonostante la quota di immatricolazioni di veicoli pesanti a zero emissioni sia stata appena del 2,3% a livello europeo».
La modifica della legislazione vigente sulle emissioni fa parte di un più ampio ripensamento da parte della Commissione sui tempi e i modi per raggiungere gli obiettivi della transizione, considerate, da un lato, la crisi industriale in cui versa l’Europa e, dall’altro, le proteste dei lavoratori che chiedono che i costi della conversione energetica non vengano scaricati sulla classe media e sulle fasce meno abbienti. Un ripensamento che ha coinvolto anche il settore agricolo, dopo le proteste massicce degli agricoltori che si sono verificate a livello europeo nel 2024. Già a febbraio, il vicepresidente esecutivo della Commissione europea con delega all’Industria, Stéphane Séjourné aveva promesso un Clean Inustrial Deal che doveva essere prima di tutto un «patto sociale» con l’obiettivo di «mantenere i posti di lavoro in Europa». La modifica della normativa delle emissioni sarà votata giovedì 8 maggio in sessione plenaria e, come riferisce il Sole 24 Ore, secondo alcuni funzionari di Bruxelles, è possibile che l’emendamento non debba nemmeno essere discusso con il Consiglio, in quanto entrambi i legislatori sembrano allineati sulla proposta della Commissione europea. La deindustrializzazione europea e i rapidi mutamenti geopolitici se non hanno fatta fallire, hanno quantomeno inferto una dura battuta d’arresto all’agenda climatica della von der Leyen, pilastro della sua prima legislatura, ora sostituito con il riarmo e il rilancio dell’industria bellica, in radicale contraddizione con gli obiettivi di neutralità climatica.