mercoledì 30 Aprile 2025

Gli scienziati hanno messo in dubbio le attuali teorie sull’origine dell’acqua sulla Terra

Al contrario di quanto si pensava in precedenza, la Terra primordiale potrebbe aver contenuto una quantità nativa di idrogeno maggiore rispetto a quanto stimato finora e ciò, di conseguenza, suggerirebbe che il nostro pianeta potrebbe essere stato già “umido” al momento della sua formazione. È la teoria proposta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Oxford, dettagliata in un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Icarus. Analizzando una roccia spaziale chimicamente simile alla Terra primitiva, i ricercatori hanno rilevato elevate concentrazioni di idrogeno legato allo zolfo e ciò, spiegano, contrasta l’idea finora prevalente secondo cui l’acqua sarebbe arrivata da asteroidi idratati in un secondo momento. «Abbiamo dimostrato che il materiale che ha formato la Terra conteneva già idrogeno e ossigeno», commentano, aggiungendo che la scoperta non implica necessariamente che la vita avrebbe potuto svilupparsi prima, ma che potrebbe, d’altra parte, ribaltare le teorie sulla distribuzione dell’acqua nel Sistema Solare.

L’origine dell’acqua sulla Terra è da tempo oggetto di dibattito. Secondo l’ipotesi dominante, essendo formata in una zona interna e calda del Sistema Solare, la Terra non poteva contenere acqua in origine, e l’elemento sarebbe stato quindi “importato” più tardi da asteroidi e comete provenienti dalle zone esterne, in un processo considerato fortuito e caotico. Tuttavia, negli ultimi anni alcune misurazioni hanno iniziato a suggerire che le condriti enstatitiche — meteoriti isotopicamente simili alla Terra — potessero contenere più idrogeno del previsto, anche se vi era un problema: l’idrogeno rilevato poteva essere dovuto a contaminazione terrestre. Per superare questo ostacolo, quindi, i ricercatori hanno utilizzato una tecnica avanzata, la spettroscopia XANES (X-ray Absorption Near Edge Structure), condotta presso l’acceleratore di particelle Diamond Light Source, per mappare in dettaglio la distribuzione dell’idrogeno legato allo zolfo all’interno del meteorite LAR 12252, raccolto in Antartide.

Secondo i risultati ottenuti, la matrice fine del meteorite contiene mediamente quasi dieci volte più acido solfidrico rispetto ai condruli – piccole sfere vetrose tipiche di queste rocce – e, secondo gli esperti, questa forma di idrogeno associata alla pirrotina e intrappolata in vetro siliceo non può essere spiegata con l’alterazione terrestre. «La probabilità che questo acido solfidrico provenga da contaminazione è molto bassa», commentano i coautori, aggiungendo che i picchi di idrogeno osservati suggeriscono che fosse già presente nei minerali che hanno formato la Terra e che la presenza d’acqua, quindi, possa essere stata una conseguenza naturale del processo di accrescimento del pianeta. Si tratterebbe di una ricerca che apre interrogativi simili riguardanti anche altri pianeti come Marte e Mercurio secondo i ricercatori, anche se altri scienziati hanno invitato la cautela chiedendo di soffermarsi prima sulla conferma di risultati sulla Terra: Matt Genge, infatti, planetologo non coinvolto nello studio, ha sottolineato che il meteorite ha trascorso centinaia di migliaia di anni in Antartide, rendendo impossibile escludere del tutto l’origine terrestre dell’idrogeno. D’altra parte però, il coautore James Bryson ha risposto che secondo le stime «solo il 15% dell’idrogeno totale rilevato potrebbe essere dovuto all’acqua terrestre», aggiungendo che lo studio, in conclusione, rilancia l’idea che l’acqua del nostro pianeta possa non essere un dono del caso, ma il risultato inevitabile della sua stessa origine.

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Roberto Demaio

Laureato alla facoltà di Matematica pura ed applicata dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Autore del libro-inchiesta Covid. Diamo i numeri?. Per L’Indipendente si occupa principalmente di scienza, ambiente e tecnologia.

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