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Per la Procura di Padova Ultima Generazione è un’associazione a delinquere

La Procura di Padova ha deciso di iscrivere nel registro degli indagati per associazione a delinquere dodici attivisti di Ultima Generazione, al centro del dibattito pubblico per gli imbrattamenti [1] a diversi edifici privati e storici con vernice lavabile. Il pubblico ministero Benedetto Roberti ha dato seguito a delle indagini svolte dalla Digos nel 2020, formalizzando una serie di accuse che spaziano dall’interruzione di pubblico servizio all’ostacolo della libera circolazione, passando per il deturpamento di beni culturali e l’imbrattamento di luoghi. Gli inquirenti hanno fatto leva sulla struttura gerarchica dell’associazione, ai cui vertici vengono «organizzati, discussi e vagliati» i blitz, per avanzare l’aggravante dell’associazione a delinquere, e gli ecovandali sono così diventati ecocriminali.

Come recita l’articolo 416 del Codice Penale, si parla di associazione a delinquere “quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti”. Negli ultimi tre anni Ultima Generazione si è resa protagonista di azioni “che stanno antipatiche a tutti”, come recita il titolo dell’intervista [2] de L’Indipendente a un’attivista dell’associazione. I cittadini e le istituzioni hanno spesso risposto con denunce e multe, ma nessuna procura si era spinta a ipotizzare Ultima Generazione nei termini di un’associazione a delinquere, mettendola di fatto sullo stesso piano della criminalità organizzata. Le accuse sono giunte a distanza di qualche giorno dall’approvazione, in Consiglio dei ministri, di un disegno di legge che sanziona con multe fino a 60mila euro chi imbratta o distrugge i beni culturali. Una sorta di potenziamento del reato di “danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale”, disciplinato ai sensi dell’articolo 733 del Codice penale. La norma in vigore prevede l’arresto fino a un anno o l’ammenda non inferiore a 2.065 euro. Se approvato dal Parlamento, il nuovo ddl proposto dal governo aumenterà la soglia minima delle sanzioni: chi imbratta i beni culturali rischierà una multa da 10 a 40mila euro, con il limite massimo portato a 60mila euro nei confronti di chi li distrugge. Una stretta che mette in chiaro le priorità dell’esecutivo, intenzionato a stroncare [3] le azioni dimostrative di ragazzi che chiedono interventi urgenti alle istituzioni e – seppur utilizzando metodi discutibili – conducono le loro azioni usando vernice lavabile, senza aver quindi intenzione di danneggiare realmente nessun bene culturale.

Ultima Generazione ha commentato la decisione della Procura di Padova rilanciando prima una citazione del relatore speciale ONU sui difensori dei diritti umani Michel Forst («Le azioni illegali a volte sono legittime. E quelle degli attivisti climatici lo sono»), «per poi aggiungere che dei cittadini nonviolenti sono stati trattati come se fossero dei mafiosi». Non è la prima volta che dagli ambienti giudiziari rimbalza il collegamento tra associazione a delinquere e delitto politico, sintomo della virata verso una gestione sempre più restrittiva dei movimenti di protesta. Lo scorso luglio, ad esempio, la magistratura torinese è andata all’attacco del centro sociale Askatasuna [4], considerando i suoi esponenti come dei membri di un’associazione a delinquere. Un castello accusatorio smontato [5] poi a dicembre dalla Cassazione, non ritenendo sufficienti le motivazioni fornite in sede di riesame dai pm per giustificare il reato.

[di Salvatore Toscano]