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Indonesia, il governo riconosce la sovranità indigena sulle foreste ancestrali

In Indonesia per la prima volta il Governo ha ufficialmente riconosciuto alle popolazioni native i diritti forestali consuetudinari, rendendo le comunità locali effettive custodi delle foreste ancestrali. Nello specifico è nella vasta regione della Papua che sette comunità indigene avranno la custodia delle foreste consuetudinarie. Ciò significa che saranno le popolazioni native ad avere il controllo e scegliere se rilasciare o meno licenze per qualsiasi attività.

Prima del 2016, quando il Presidente della Repubblica di Indonesia Joko Widodo firmasse il decreto volto a consegnare a nove comunità indigene [1] circa 13.000 ettari di terreno, una foresta consuetudinaria era “una foresta di proprietà statale situata all’interno dell’area appartenente a una comunità legale consuetudinaria”, ma dal dicembre dello stesso anno la specifica “di proprietà statale” è scomparsa dalla definizione riportata. Nonostante la recente mossa rappresenti una svolta, c’è comunque molto da fare purché ettari di terra e foreste ancestrali possano respirare essendo riconosciuti ufficialmente come  appartenenti alle comunità indigene piuttosto che allo Stato. Il riconoscimento, il quale giova agli indigeni papuani sia per il loro sostentamento che per il mantenimento della loro cultura, nasconde poi una falla: esso non prevede punti che annullino concessioni di disboscamento preesistenti.

La decisione è stata annunciata lo scorso 24 ottobre dal Ministero dell’Ambiente e delle Foreste e giunge in un momento molto delicato perché ecosistemi tanto importanti sono sempre più minacciati dalle attività umane e dal cambiamento climatico. Attivisti ed esperti hanno messo in evidenza [2] come le comunità indigene possano assicurare la salvaguardia di ettari di terreno essenziali per la biodiversità, salvando ciò che è stato per troppo tempo sfruttato senza sosta e alcuna attenzione; tra l’altro dimostrazioni di quanto la sovranità nativa possa essere salvifica per determinati luoghi naturali sono ormai incontrovertibili [3] e confermano quanto le popolazioni indigene siano i migliori custodi [4] delle foreste.

Ora i sette gruppi indigeni papuani che gestiranno le foreste ovvero Syuglue Woi Yansu, Yano Akrua, Yano Meyu, Yosu Desoyo e Yano Wai potranno decidere per dei [5]territori che gli spetterebbero di diritto da sempre. Non che le aziende smetteranno facilmente di tendere allo sfruttamento di territori che apportano loro ricchezze, ma finora mancava una protezione legale efficiente e soprattutto, chi conosceva meglio di chiunque altro il ciclo vitale delle foreste veniva schernito e vedeva i propri diritti calpestati in nome del Dio denaro [6] mentre esso schiacciava la vita di persone, flora e fauna. Solo per fare un esempio, basti pensare come le foreste che solo ora potranno essere efficientemente protette ospitino specie endemiche (ovvero che si trovano solo in quel determinato luogo) come gli uccelli dei paradisi. Viene da sé come a giovare del nuovo riconoscimento alle popolazioni indigene sarà l’intero pianeta, visto come la Papua sia riconosciuta come una delle regioni più ricche a livello di biodiversità, senza parlare di quanto la flora presente sia parte dei polmoni verdi della Terra.

Fino a nove anni fa ben 120 milioni di ettari di aree forestali in Indonesia era sotto il controllo statale, ma il 2013 ha segnato una svolta: la più alta Corte della nazione aveva deciso di stabilire una nuova norma, ovvero che qualunque porzione di territorio riconosciuta come foresta ancestrale, non sarebbe dovuta ricadere nella definizione di “foresta statale”. Dal 2013 a oggi la situazione è avanzata lentamente [7], rendendo le realtà indigene sempre più fragili perché private di diritti fondamentali e della giurisdizione sui territori a loro violentemente strappati fin dall’epoca coloniale. Con il riconoscimento ufficiale l’identità dei popoli indigeni potrà iniziare a salvarsi e con lei, gli ecosistemi ricchi di biodiversità.

Dei circa 50 milioni di ettari di territorio ricoperto da foreste nella Papua e nella vicina regione di Maluku, la maggior parte non è ancora stata riconosciuta. Sono infatti solo sette le foreste ancestrali ora sotto l’aurea degli indigeni e solo dopo un anno di tediose burocrazie. Era dal 2021 che il governo locale del distretto di Jayapura di Papua aveva emesso un primo regolamento sul riconoscimento delle foreste ancestrali ai popoli indigeni, statuto che è requisito essenziale affinché il Ministero dell’Ambiente e delle foreste arrivi a portare a termine la stessa manovra effettuata lo scorso 24 ottobre.

Per quanto l’evoluzione sia positiva, rimane un altro seccante lato interno al nuovo riconoscimento. Per quanto venga assicurato che qualsiasi titolare di qualsivoglia concessione debba rispettare in toto i diritti indigeni nell’area di interesse, il governo pare non fare alcun cenno alle concessioni di disboscamento ancora in vigore. In sostanza, il nuovo decreto non cita, tantomeno annulla, alcune concessioni che interessano le aree appena riconosciute agli indigeni. Tali porzioni di territorio sono quindi state trattate come aree forestali libere dai permessi commerciali, quando non tutte lo sono. Ciò, oltre a non garantire completamente la gestione delle foreste ancestrali ai papuani residenti come invece dovrebbe prevedere il decreto, rischia di generare attriti. Comunque, rassicura il fatto che l’assenza di revoche dovrebbe essere meno solida dell’ufficiale titolo appena riconosciuto alle popolazioni indigene sulle foreste consuetudinarie.

[di Francesca Naima]