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PNRR: il governo Meloni toglie fondi a dissesto e povertà per darli alle aziende

Il governo Meloni ha rimesso mano al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR): da esso – secondo i progetti del governo – saranno esclusi nove progetti che coinvolgevano Comuni, dissesto idrogeologico e povertà per un ammontare di spesa di quasi 16 miliardi. Secondo il disegno i fondi eliminati diventeranno finanziamenti per il piano RePowerEu e tra i destinatari dei fondi ci saranno invece Eni, Enel, Terna, Snam e Confindustria, i quali ne beneficeranno per progetti di transizione energetica e diversificazione dell’approvvigionamento. Insomma, nonostante ENI abbia aumentato il proprio utile [1] del 311% solo nel 2022 grazie agli aumenti delle bollette, e nonostante in generale tutte le grandi aziende abbiano accumulato corposi extraprofitti utilizzando – come messo nero su bianco da un rapporto [2] della banca UBS – l’inflazione come pretesto, sarà lo Stato – quindi i cittadini – a sostenerne economicamente gli investimenti sottraendo quei denari alla spesa pubblica. La revisione del piano dovrà ora essere valutata dalla Commissione Europea.

La revisione è stata guidata dal ministro per gli Affari europei e il PNRR Raffaele Fitto, il quale ha prontamente assicurato che «non sarà tagliato nulla ma riorganizzato tutto». Tuttavia per ora, di certo, ci sono solo i tagli, come evidenziato dal presidente dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) Antonio Decaro che ha chiesto garanzie precise.

Sin dalla campagna elettorale e poi nei mesi al governo, Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia avevano annunciato la necessità di rivedere in profondità il PNRR. Dopo più di sei mesi dall’annuncio della revisione, l’esecutivo ha licenziato una prima bozza che verrà inviata alla Commissione Ue e avvierà il negoziato. Saranno eliminati i finanziamenti a nove progetti per una spesa totale di 15,9 miliardi di euro: interventi per la valorizzazione del territorio ed efficienza energetica dei comuni (6 miliardi), progetti di rigenerazione urbana (3,3 miliardi), piani urbani integrati (2,5 miliardi), gestione del rischio di alluvione e idrogeologico (1,3 miliardi), utilizzo dell’idrogeno nei settori ad altissimi consumi energetici (1 miliardo), servizi e infrastrutture sociali di comunità (725 milioni), promozione di impianti innovativi (675 milioni), valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (300 milioni) e tutela e valorizzazione del verde urbano (110 milioni). L’esecutivo ha promesso che gli interventi stralciati saranno comunque “completamente finanziati” in un altro modo.

Secondo i piani del governo, i fondi dei progetti eliminati si trasformeranno in finanziamenti per il RePoweEu [3]: il piano presentato a maggio 2022 dalla Commissione per produrre “energia pulita” e diversificare l’approvvigionamento energetico europeo. La possibilità è prevista dai regolamenti e il vantaggio secondo la maggioranza sarebbe quello di spendere i fondi molto più facilmente. I fondi andranno alle grandi aziende del settore energetico come Eni, Enel, Terna e Snam, nonché al settore delle costruzioni e all’efficientamento energetico degli immobili pubblici. Il piano italiano prevede 19,2 miliardi da spalmare su 3 investimenti (reti, efficientamento e filiere produttive) e alcuni progetti sono già stati decisi: 1,8 miliardi alle reti elettriche, 500 milioni per l’elettrodotto Tyrrhenian Link fra Sardegna Sicilia e Campagna e altri 200 milioni per un progetto di Terna che unirà Sardegna, Corsica e Italia, 420 milioni per il gasdotto “Linea Adriatica 1” proposto da Snam [4] che aiuterebbe a gestire i flussi di gas provenienti da Algeria e Azerbaijan e 300 milioni ad Eni per la riconversione di raffinerie tradizionali in bio-raffinerie (per la produzione di bio-carburanti). A questi si aggiungono altri 4 miliardi in sgravi fiscali per la “Transizione 5.0” di Confindustria, 400 milioni per le imprese agroalimentari, zootecniche, ittiche e vivaistiche e 4 miliardi per l’efficientamento energetico degli edifici. La differenza rispetto ai 14 miliardi già previsti dal PNRR per obiettivi simili sarebbe che l’investimento è destinato solo per “famiglie a rischio povertà energetica e giovani”.

Il ministro Raffaele Fitto ha precisato [5] in conferenza stampa: «Non abbiamo eliminato nessun finanziamento: non stiamo tagliando nulla ma riorganizzando tutto. I progetti giudicati non idonei nei tempi e modi del Piano li eliminiamo dal PNRR per ricollocarli nel fondo sviluppo e coesione. Mettiamo in salvaguardia interventi che rischiano magari di non essere ammissibili. Tutti i progetti in essere che non hanno ammissibilità devono essere valutati con la Commissione Ue per capire in che direzione andare: bisogna trovare una soluzione, usando la finestra della rimodulazione». Critico invece Antonio Decaro, presidente dell’ANCI, che chiede [6] garanzie: «Abbiamo appreso che si propone di spostare sul programma RePowerEu 13 miliardi di euro di fondi PNRR che erano stati assegnati ai Comuni, con l’impegno che altre fonti di finanziamento andranno trovate. È una notizia che ci colpisce molto. I Comuni chiedono garanzie. Pretendiamo che ci venga assicurato che questi fondi vengano stanziati contemporaneamente allo spostamento dei fondi del PNRR. Non vogliamo correre rischi».

[di Roberto Demaio]