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Il Parlamento approva la mozione per il possibile ritorno all’energia nucleare

Con la mozione di maggioranza approvata ieri dalla Camera, il Parlamento italiano riapre alla possibilità che l’Italia possa utilizzare il nucleare come fonte energetica “pulita”, nonostante la contrarietà espressa dall’elettorato nei due referendum tenuti sul tema nel 1987 e nel 2011. La mozione non inserisce concretamente il nucleare nel mix energetico nazionale in vista del superamento dell’uso delle fonti fossili, in quanto non ha il potere per farlo, non essendo legato ad alcun processo legislativo. Tuttavia, impegna il Governo a «valutare l’opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia». Prevede, inoltre, la necessità di fare campagne d’informazione per favorirne l’accettazione sociale, così come di promuoverne la “cultura” nelle facoltà universitarie che dovranno formare gli esperti del settore.

La mozione – a prima firma di Alessandro Cattaneo (Forza Italia) – chiede [1] di considerare l’opportunità di intensificare la ricerca nazionale sui reattori di quarta generazione, i cosiddetti Small e Micro Modular Reactor (SMR e MMR); di «adottare ogni iniziativa utile a sostenere le università italiane in questo percorso»; di «valutare in quali territori esteri la produzione nucleare possa soddisfare il fabbisogno energetico nazionale»; e di «adottare iniziative volte ad includere la produzione di energia atomica di nuova generazione all’interno della politica energetica europea». Il documento chiede inoltre all’esecutivo di «partecipare attivamente, in sede europea e internazionale, a ogni opportuna iniziativa volta ad incentivare lo sviluppo delle nuove tecnologie nucleari» con lo scopo di «includere la produzione di energia atomica di nuova generazione all’interno della politica energetica europea».

Il testo prevede anche «l’opportunità di promuovere e favorire lo sviluppo di accordi e partnership internazionali tra le società nazionali e/o partecipate pubbliche e le società che gestiscono la produzione nucleare al fine di poter soddisfare il suddetto fabbisogno nazionale». Un primo segnale in questo senso era già arrivato lo scorso marzo quando Ansaldo Energia, Ansaldo nucleare, Edison e Edf hanno reso noto di aver sottoscritto una Lettera di Intenti [2] (LOI) per lo sviluppo congiunto dell’Energia nucleare in Europa, anche in quel caso ignorando gli esiti dei referendum svolti sul tema. L’insistenza del governo italiano sulla “riabilitazione” delle centrali nucleari sembra dipendere dall’esigenza di decarbonizzare le fonti energetiche per realizzare la “transizione ecologica” espressa dall’Unione europea nel Green Deal europeo e attuata recentemente con le misure del Fit for 55 [3]. Secondo molti rappresentanti del governo e non solo, infatti, il nucleare è l’unico modo per decarbonizzare rapidamente i processi industriali e gli interi consumi energetici della popolazione.

L’atto parlamentare è passato con i voti del centrodestra, ma anche con quelli di Azione e Italia Viva, incassando il plauso [4] del ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e del viceministro Vannia Gava, i quali hanno ringraziato il Parlamento per «aver dato un indirizzo preciso al Governo». Calenda ha commentato la mozione parlando su Twitter di «Un passo avanti nel tentativo di smantellare la narrazione ideologica e demagogica contraria all’utilizzo di questa tecnologia». «Avanti così. Senza il nucleare è impossibile raggiungere la neutralità climatica entro il 2050», ha detto il leader di Azione. Una posizione che ha suscitato la reazione piccata di Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra: secondo Bonelli, Meloni aveva già individuato in Calenda un suo possibile alleato. Il deputato ha promesso, dunque, un terzo referendum che questa volta «sarà tra innovazione e conservazione».

Lo stesso Bonelli è entrato poi nel merito della questione spiegando che «il nucleare è l’energia più costosa, considerando i costi necessari a realizzare gli impianti che sono tutti a carico della finanza pubblica. In Europa il prezzo è intorno ai 120 euro a MWh, e si manterrà a questi livelli anche nel 2050». Contrario è anche l’ex ministro dell’Ambiente del M5S e oggi vicepresidente della Camera, Sergio Costa, secondo il quale «il Governo ha usato questa mozione per introdurre il nucleare nel mix energetico attuale […] trascurando i due no detti dal popolo italiano in due distinti referendum, nel 1987 e nel 2011».

[di Giorgia Audiello]