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Tra luci e ombre cala il sipario sul Superbonus 110%

Tra critiche e scroscianti applausi continua ad alimentarsi il dibattito pubblico nato nella tarda serata di giovedì, quando il governo Meloni ha deciso di porre un freno ai bonus edilizi, tra cui spicca il Superbonus 110%. Con un decreto-legge approvato [1] dal Consiglio dei Ministri, l’esecutivo ha bloccato la cessione dei crediti d’imposta e lo “sconto in fattura”, lasciando ai beneficiari dei bonus edilizi la possibilità di vedersi restituire i soldi degli interventi esclusivamente sotto forma di detrazione d’imposta, dunque con uno sconto sulle tasse da versare spalmato su più anni. Le misure, già entrate in vigore, riguarderanno i contribuenti che non hanno ancora avviato l’opera o depositato la Comunicazione di inizio lavori (CILAS). Chi vorrà usufruire dei bonus edilizi dovrà dunque pagare di tasca propria gli interventi, accedendo al regime di detrazioni in capo al Fisco. Una via che in pochi potranno percorrere e che inevitabilmente arresta la corsa, caratterizzata da alti e bassi, dei bonus in materia. I sindacati si sono opposti fermamente al decreto-legge, sostenendo che la misura porterà alla perdita di decine di migliaia di posti di lavoro. Per lunedì prossimo, a Palazzo Chigi, è stato fissato un tavolo di lavoro con le istituzioni.

Il destino del Superbonus 110% era già stato segnato dal governo Draghi la scorsa estate quando decise [2] di non stanziare ulteriori fondi per la misura. Nessun cambio di rotta da parte del nuovo esecutivo che, nonostante la propaganda elettorale a difesa dei bonus edilizi, ha deciso di limitare fortemente il ricorso allo strumento sociale. Per motivare la propria scelta, la maggioranza al governo ha citato i costi delle misure in questione sostenute dallo Stato. Stando alle stime presentate in Senato da Giovanni Spalletta, direttore generale del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia, il costo per gli incentivi edilizi (tra cui rientrano il Superbonus 110% e il bonus “Facciate”) ammonterebbe a circa 110 miliardi di euro, 38 miliardi in più di quanto previsto.

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Post di Giorgia Meloni in campagna elettorale.

Il grande interesse sorto nel 2020 intorno al Superbonus, che ad oggi equivale a circa il 55% dei costi totali (61,2 miliardi di euro), generò una maggiore domanda di beni edilizi, mettendo sotto pressione tutta la catena di distribuzione. L’offerta ridotta provocò di riflesso forti innalzamenti nei prezzi dei materiali: i metalli schizzarono in pochi mesi del 20,8%, seguiti dai prodotti termoisolanti (+16%) e dai materiali per gli impianti (+14,6%). «Il costo di efficientamento è più che triplicato, i prezzi degli investimenti sono più che tripli perché toglie la trattativa sul prezzo», dichiarava l’allora presidente del Consiglio Mario Draghi, in riferimento alla presentazione e accettazione dei preventivi. Al riguardo, l’ente pubblico ENEA denunciava [4] il pericolo rappresentato dalla speculazione sui prezzi dei lavori, capace di «sabotare la misura».

Ad ogni modo, ai bonus edilizi, e in particolare al Superbonus 110%, va il merito di aver ricoperto un ruolo di impulso all’interno dell’economia italiana, soprattutto a seguito della frenata legata alla pandemia da coronavirus. Diverse stime, come quella condotta da Nomisma, parlano di una catena di effetti positivi, che inizia con una maggiore occupazione nei settori dell’edilizia, dalla produzione di materiali alle costruzioni in sé, e termina con un forte introito fiscale (ritorno nelle casse statali) derivante dalle tasse che pagano imprese, professionisti e dipendenti coinvolti direttamente o indirettamente nei lavori. Si tratta di ciò che in economia viene definito “moltiplicatore degli investimenti”. Nel caso del Superbonus, secondo lo studio di Nomisma, si è di fronte a un rapporto di 1 a 3: ogni euro investito dallo Stato ne genera tre. Fino a giugno 2022, l’Italia ha speso 38,7 miliardi di euro per il Superbonus generando tuttavia 124,8 miliardi, tra effetti diretti e indiretti.

All’aspetto economico si affianca poi quello ambientale, connesso al primo nell’ambito degli incentivi edilizi. Il superbonus ha operato sul patrimonio immobiliare già esistente, producendo effetti positivi sul contenimento di consumo di suolo, una vera e propria piaga per l’Italia che presenta [5] il 94% dei comuni a rischio. Le migliorie per le abitazioni ottenute in seguito agli interventi edilizi comportano una maggior efficienza energetica e dunque risparmi per i nuclei familiari oltre che per lo Stato. Relativamente all’impronta ecologica, va infine sottolineata l’installazione di 106 milioni di kilowatt annui di energie rinnovabili durante i lavori di riqualifica.

Dopo aver animato per tre anni il dibattito pubblico incentrato su elementi positivi e negativi, aspetti da tenere e altri da modificare, il Superbonus si avvia verso il declino. Un’uscita di scena non esule da critiche al governo, che ha già annunciato l’intenzione di istituire dei “correttivi”. Sulla loro entità si dibatterà nelle prossime settimane, a partire da lunedì, quando a Palazzo Chigi arriveranno i presidenti di ANCE, Confindustria, Confedilizia, CONFAPI e alleanza delle Cooperative.

[di Salvatore Toscano]