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Torino: quattro studenti sono ai domiciliari da 7 mesi per aver protestato

Nella giornata di domani la Cassazione si pronuncerà in merito alla gravità delle misure cautelari assegnate ai militanti del centro sociale Askatasuna prima dell’inizio del processo [1] per associazione sovversiva. Nessuna possibilità di allentamento delle misure cautelari per il momento, invece, per i quattro ragazzi [2] che dal 12 maggio scorso si trovano in regime di restrizione della libertà personale per aver preso parte, a Torino, alle proteste di fronte alla sede di Unione Industriale, nel corso delle quali alcuni poliziotti sono stati lievemente feriti. In anticipo sulla scadenza delle misure cautelari, infatti, il giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta di procedere con il giudizio immediato, di fatto prolungando le misure cautelari fino al 1° febbraio, data di inizio del procedimento a loro carico. Sui quattro ragazzi, tutti incensurati, pesa l’aggravante del concorso in reato e della resistenza a pubblico ufficiale. Una di loro, Sara, si trova ai domiciliari per il reato di speakeraggio, ovvero per aver preso la parola al megafono nel corso della protesta.

«È stata una novità anche per gli avvocati difensori, non era accaduto mai nulla di simile prima in un procedimento di questo tipo» riferisce a L’Indipendente Irene, madre di Emiliano, uno dei ragazzi coinvolti nella vicenda. Il riferimento è alla decisione del giudice di procedere con il giudizio immediato. Emiliano e Jacopo, sottoposti alle misure più severe – dovendo indossare un braccialetto elettronico – hanno 23 anni. Francesco e Sara, i quali si trovano ai domiciliari seppur in regime meno restrittivo, 21. Nessuno di loro ha precedenti, eppure da sette mesi sono sottoposti a misure cautelari per gli scontri [3] con la polizia avvenuti lo scorso 18 febbraio di fronte alla sede di Unione Industriale in via Vela, a Torino. Quel giorno alcuni poliziotti sono rimasti feriti: il caso più grave ha richiesto una prognosi di appena una settimana. Le proteste avevano avuto luogo nell’ambito del più ampio movimento studentesco contro le misure del PCTO e di richiesta di rinnovamento del sistema scolastico: proprio qualche giorno prima, sempre a Torino, gli agenti in tenuta antisommossa avevano violentemente caricato (senza motivo) gli studenti dei licei in presidio [4] in piazza Arbarello che chiedevano di poter avviare un corteo per le vie della città. Diversi ragazzi, tutti minorenni, erano rimasti feriti, alcuni in modo grave.

«Quello che ci colpisce maggiormente è che non ci sia stato un processo: perché questi ragazzi sono dovuti stare sette mesi ai domiciliari, seppur incensurati? Nonostante tutte le richieste portate avanti dagli avvocati, non c’è stato modo di farli uscire» riferisce a L’Indipendente Irene, membro del comitato Mamme in piazza per la libertà di dissenso, il cui fine è «portare una testimonianza collettiva della violenza assurda contro chi protesta, non solo di chi al momento è coinvolto nei fatti». Il figlio, dopo aver trascorso un primo periodo in detenzione nel carcere torinese Lorusso e Cutugno di Torino, dal 6 giugno scorso può muoversi solamente all’interno di un perimetro che comprende casa, balcone e pianerottolo. Per poter sostenere gli esami universitari, effettuare visite mediche o semplicemente vedere i parenti non conviventi è necessaria la richiesta del giudice.

Emiliano, perito agrario iscritto alla facoltà di Veterinaria, «ha perso tutto, dal lavoro alla possibilità di poter seguire un corso di specializzazione per il quale aveva già passato delle selezioni» spiega Irene, commentando come «a Torino la questura e la magistratura hanno un accanimento nei confronti del dissenso che non è spiegabile». Sono infatti numerosi i procedimenti ai danni dei movimenti di lotta attualmente in corso nel capoluogo piemontese, dalla nuova condanna [5] al carcere per la 76enne No TAV Nicoletta Dosio al processo [6] contro i militanti del centro sociale Askatasuna. E per sapere se potranno tornare liberi o meno, Emiliano, Jacopo, Sara e Francesco dovranno attendere un’altro mese e mezzo.

[di Valeria Casolaro]