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I produttori promettono di non armare i robot: una buona notizia, ma non basta

Alcune delle più grandi e importanti aziende statunitensi specializzate nella costruzione dei robot hanno firmato una breve lettera aperta in cui si impegnano a non armare i propri “robot d’avanzata mobilità e d’uso generale”. La promessa fa tirare un sospiro di sollievo, soprattutto perché giunge in un periodo in cui l’attenzione nei confronti dei cosiddetti robot killer sta aumentando progressivamente, tuttavia il testo pubblicato evita accuratamente di affrontare certe tematiche chiave, lasciando ampio margine di manovra per futuri poco auspicabili.

I firmatari della missiva sono Agility Robotics, ANYbotics, Clearpath Robotics, Open Robotics, Unitree Robotics e il celeberrimo Boston Dynamics, entità di altissimo profilo che, in verità, hanno già assunto diverse volte una posizione affine a quella ora ribadita nero su bianco. In tal senso, Boston Dynamics si è dimostrata tanto sensibile all’argomento al punto di arrivare addirittura a chiedere la sospensione [1] di una performance artistico-commerciale in cui il suo cane robot, Spot, era stato armato con un fucile da paintball.

L’esempio di Boston Dynamics è certamente significativo per il peso che il suo marchio esercita sull’opinione pubblica, tuttavia risulta ancora più interessante quando ci si ricorda che la ricerca tecnica che ha permesso di sviluppare l’azienda sia stata inizialmente foraggiata dalla Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), l’agenzia di ricerca della Difesa statunitense. Nel 2015 la DARPA ha preso le distanze dalle creature sfornate dalla Boston Dynamics, considerate troppo rumorose [2], tuttavia è importante sottolineare che sin da subito il progetto non fosse quello di adoperare le macchine con intenzioni offensive, bensì quello di approfittare della loro presenza per ottimizzare la logistica dei trasporti. 

I firmatari della lettera [3]non rigettano dunque di per sé l’idea di collaborare con il mondo militare o con la sfera poliziesca, anzi assumono una posizione estremamente trasparente in merito: “per essere chiari, non stiamo prendendo posizione nei confronti delle tecnologie esistenti che le nazioni e le loro agenzie governative adoperano per difendersi e preservare la legge”, sottolineano le imprese. Probabilmente vedremo ancora Spot vestire i panni da protagonista nelle esercitazioni militari [4] o a pattugliare le strade [5] al fianco della polizia, ma allo stesso tempo possiamo consolarci del fatto che quelle specifiche macchine non potranno adoperare strategie offensive di alcun tipo.

Tutt’altro discorso va dunque fatto per le aziende che la lettera non l’hanno affatto firmata, soprattutto quelle che mantengono da anni rapporti stretti con le Forze armate statunitensi, prima tra tutti quella Ghost Robotics, la quale non si è mai fatta problemi a lasciare che aziende terze modificassero i suoi robot per trasformarli in strumenti di morte [6]. Con simili presupposti, le rassicurazioni formali si dimostrano insufficienti a sostituire un’adeguata normativa, magari di stampo sovranazionale. Difficile che gli USA vogliano agire in tal senso visto che considerando lo sviluppo dei killer robot come un “imperativo morale [7]”, tuttavia qualcosa si sta muovendo a livello di Parlamento europeo. Bruxelles ha infatti integrato il discorso [8] sulle armi autonome nel più ampio cappello delle decisioni legislative da assumere nei confronti delle intelligenze artificiali, di fatto prendendo atto sia della pericolosità di simili oggetti bellici, sia della volontà dei cittadini europei.

[di Walter Ferri]