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Né Jova Beach Party né simili: le organizzazioni ecologiste si uniscono per la natura

A seguito del discusso Jova Beach Party e dei comprovati danni ambientali [1] ad esso attribuiti dai movimenti ecologisti, le parole di indignazione si sono trasformate in azioni concrete: in Italia è appena nato il “Coordinamento nazionale per la tutela degli ambienti naturali dai grandi eventi”. Diverse associazioni hanno scelto di unirsi per difendere i beni comuni con costanza, prevenendo il ripetersi di attività di intrattenimento dannose per l’ambiente, com’è appunto accaduto [2] con il recente evento estivo firmato Jovanotti.

Dalla nota pubblicata [3] e sottoscritta da decine di organizzazioni si apprende come dal negativo sia nata un’idea volta a invocare rispetto per l’ambiente circostante in quel che rappresenta anche un deciso atto di sensibilizzazione. Simili iniziative sono infatti esempio di reazione positiva a un sistema alle volte dannoso e privativo che troppo spesso rimane silenzioso e impunito [4]: «Il Jova Beach Party ha provocato un considerevole impatto su piante e animali delle spiagge, riproponendo a larga scala il tema dell’uso scorretto di ambienti naturali o semi-naturali per la realizzazione di grandi eventi» si legge nella nota che introduce il neonato Coordinamento, composto da – tra gli altri – Italia Nostra, Associazione INTERPOLIS, Forum Nazionale Salviamo il Paesaggio, Federazione Nazionale Pro Natura, Marevivo.

I danni causati dai grandi eventi sono spesso irreversibili, o si protraggono per anni. Oltre all’immediata «Distruzione di specie botaniche tutelate dalle norme europee e italiane» proprio com’è successo . seconda la denuncia delle associazioni – in molte tappe del Jova Beach Party, il Coordinamento sottolinea anche quanto poco ci voglia per annientare e quanto tempo invece sia necessario purché gli habitat si ricostituiscano. Non solo, oltre alle conseguenze ambientali si hanno ripercussioni in negativo «Da un punto di vista sociale, economico e culturale», perché i grandi eventi sono esempio di circolo vizioso, positivo (all’apparenza) per chi consuma e conveniente esclusivamente per gli organizzatori, comunque spesso finanziati con soldi pubblici per mettere in atto ciò che da lì a breve sarà causa di deterioramento di spazi comuni. In poche parole, soldi che dovrebbero proteggere beni investiti per aiutare a distruggere quegli stessi beni, fino al rischio di «perdere definitivamente il patrimonio naturale presente». Col fine di cambiare la scala di sensibilità con cui alcuni fatti vengono narrati [5] e percepiti, ma anche di contrastare e scongiurare l’avvento di prossimi eventi simili, scrivono le organizzazioni, è nata l’urgenza di una «battaglia unitaria a difesa dei beni comuni».

L’intervento di chi vede violenza in eventi tragici travestiti da commedia e decide di unire le forze ha già avuto risposte concrete; non a caso quest’estate alcune tappe dello stesso Jova Beach Party sono saltate. Iniziative di un’umanità che ritrovi il contatto con il mondo in un momento tanto sensibile e di grave crisi ambientale “anche” nei paesi industrializzati sono passi avanti importanti, che fanno sperare in un approccio diverso, magari seguendo gli esempi [6] di comunità o popolazioni native che da anni si sono fatte sentire per cambiare la drammatica sorte dei loro luoghi. Proteste, mobilitazioni, lotte [7] che esistono e sono già esempio [8] di come rispettare il territorio [9] porti a un benessere democratico e non più elitario, con un netto miglioramento della convivenza tra esseri umani e natura.

[di Francesca Naima]