- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Esiste un filantropo vero: il fondatore di Patagonia dona l’azienda al pianeta

Usare l’avere per elevare l’essere. Ne dà esempio Yvon Chouinard ideatore e fondatore di Patagonia [1], famoso brand di abbigliamento outdoor ora totalmente devoluto alla causa ambientale. Grazie a un concetto ancora atipico di imprenditoria e alla sensibilità volta a cogliere le richieste della Terra, un “miliardario” (che detesta essere così chiamato) ha saputo allontanarsi [2] dalla venerazione del Dio Denaro dedicandosi invece alla lotta contro il cambiamento climatico.

Del valore di circa 3 miliardi di dollari e con un fatturato che si aggira intorno ai 100 milioni di dollari annui, l’azienda è appena stata completamente ceduta dalla famiglia Chouinard, per un nobile fine: salvaguardare il Pianeta. Patagonia non è stata venduta né resa pubblica (entrambe azioni che avrebbero portato ingenti profitti ai proprietari), ma avrà le sembianze di una società privata senza scopo di lucro con sede a Ventura (California), divisa tra un fondo fiduciario e un’organizzazione, appositamente create per allontanare possibili rischi assicurandosi così che le revenue annuali vengano devolute alla lotta contro il cambiamento climatico [3] e alla difesa degli ambienti naturali, fino all’ultimo centesimo.

Nessun inghippo, nessun sotterfugio, tantomeno benefici personali o sgravi fiscali. Il rischio che azioni tanto filantropiche portino a ingenti benefit fiscali esiste e se ne hanno svariati esempi. I Chouinard invece non hanno ottenuto alcuna detrazione pagando per intero ben 17,5 milioni di dollari in tasse per regalare ogni loro azione. L’impero che fino a un mese fa apparteneva a Yvon Chouinard, oggi 83enne, con concordi la moglie e i due figli spinti dalla medesima idea e scopo, vede irrevocabilmente trasferite tutte le azioni con diritto di voto della società (che corrispondono al 2% delle azioni complessive come dettaglia il New York Times) alla Patagonia Purpose Trust e il restante 98% (le sue azioni ordinarie) a un’organizzazione no-profit anch’essa appena nata, la Holdfast Collective.

Quest’ultima riceverà ogni profitto dell’azienda per investire nella lotta contro il cambiamento climatico e nella salvaguardia dell’ambiente. Il fatto che siano state create due entità separate da zero, rende limpido l’impegno nobile che si distacca dai casi di perbenismo o speculazione: «Non sapevo cosa fare con l’azienda perché non ho mai voluto un’azienda. Non volevo essere un uomo d’affari. Ora potrei morire domani e l’azienda continuerà a fare la cosa giusta per i prossimi 50 anni, e io non devo essere presente» ha infatti chiarito l’ormai ex proprietario di Patagonia, il quale comunque con il resto della famiglia e con i consiglieri più vicini, rimarrà a supervisionare il Trust purché Patagonia mantenga gli importanti impegni presi.

Yvon Chouinard, alpinista e arrampicatore statunitense, imprenditore quasi “per errore”, alla fine ha fondato ed è stato a capo di un impero da sempre diverso dalla maggior parte di quelli esistenti e non poco remunerativo. Patagonia, nato nel 1973, è stato esempio di ensemble di valori e ideali propri di Chouinard [4] ma anche della moglie, applicati in una realtà commerciale sempre più tediosa. Prova che soluzioni diverse possano esistere, senza troppi giri di parole o scuse create a tavolino. «Un’interpretazione non convenzionale del capitalismo» come David Gelles del New York Times ha elegantemente descritto [5] per presentare l’approccio imprenditoriale di Chouinard, da sempre voglioso di non sottostare a certe norme commerciali mantenendo in prima linea l’amore per l’ambiente.

«Speriamo che questo influenzi una nuova forma di capitalismo che non finisca con pochi ricchi e un gruppo di poveri. Daremo via la massima quantità di denaro alle persone che stanno lavorando attivamente per salvare questo pianeta» ha recentemente dichiarato l’83enne che si inalberò quando inserito nella classifica dei miliardari [6] di Forbes, perché mai riconosciutosi come tale. Dedito a una vita senza tecnologia e convinto che tutto si possa riparare e non gettare per poi ricomprare (noto è il suo indossare abiti finché non siano del tutto logorati) egli è rimasto con l’approccio che lo contraddistingueva negli anni Sessanta, quando nella vita arrampicava nella Yosemite Valley californiana, vivendo in macchina e mangiando cibo in lattina. E se quelle elencate possano sembrare scelte “estreme”, importante è comprendere ciò che lo stesso imprenditore dalle caratteristiche uniche ha cercato di trasmettere anche con l’ultima azione, dove ha praticamente “regalato” la propria azienda: è forse ora di scegliere senza mezzi termini, decisi a salvare la Terra, la quale chiede aiuto in diversi modi, da molto tempo.

Su L’Indipendente ci siamo occupati spesso di smascherare le operazioni pubblicitarie e interessante di tanti presunti multimiliardari filantropi, a cominciare da Bill Gates [7]. Questa volta siamo lieti di descriverne una che pare dettata da spirito genuino e privo di secondi fini economici o di potere.

[di Francesca Naima]