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Da due mesi la protesta degli agricoltori olandesi non si ferma

Proseguono, a quasi due mesi dal loro inizio, le proteste degli agricoltori olandesi contro il piano [1] del governo per ridimensionare gli allevamenti intensivi al fine di dimezzare le emissioni di azoto e proteggere l’ambiente. I programmi sono infatti di ridurre del 30% la presenza di animali negli allevamenti entro il 2030: per arrivarvi sarà necessario per 17.600 aziende abbattere migliaia di capi di bestiame, mentre circa 11.200 dovrebbero riconvertire [2] o spostare le attività per evitare la chiusura. Le misure di compensazione, corrispondenti a 25 miliardi di investimento per aiutare i lavoratori del settore ad affrontare questo periodo di transizione, seppur ingenti sono tuttavia state giudicate insufficienti, al punto che le mobilitazioni degli agricoltori proseguono senza sosta da svariate settimane con blocchi stradali, manifestazioni e covoni di fieno bruciati. I lavoratori progettano [3] ora un’azione per sabato 20 agosto, data della seconda tappa della gara ciclistica La Vuelta, per attirare una maggiore attenzione nazionale e internazionale sulla questione.

Il Memorandum per le aree rurali prevede [4] la riduzione di azoto e ammoniaca dal 12 al 70% a seconda della zona: per le zone agricole sono previsti gli obiettivi più alti proprio perché qui i liquami prodotti dal bestiame – feci e urine – aumenterebbero di molto i livelli di inquinamento. Le forme di disobbedienza civile legate alle misure messe in atto risalgono [5] in realtà al 2019, quando il governo adottò il Programma Aanpak Stikstof (Pas) per abbattere le emissioni connesse ad agricoltura, edilizia e industria – con il settore agricolo quale principale interessato. I coltivatori, coordinati dalla Farm defence force (Fdf) protestano in massa dallo scorso 22 giugno, arrivando anche ad assaltare l’abitazione privata della ministra della Natura. Sono già diverse le persone arrestate con l’accusa di aver scaricato rifiuti pericolosi in autostrada, tra i quali anche amianto, e poi di avervi dato fuoco.

Secondo quanto riportato [6] dai quotidiani locali, tuttavia, la protesta degli agricoltori starebbe portando i suoi frutti: tre dei quattro partiti della coalizione di governo avrebbero infatti iniziato a mettere in dubbio gli obiettivi previsti dal governo per la riduzione delle emissioni. VVD, CDA e ChristenUnie avrebbero infatti chiesto al Consiglio dei Ministri di ridurre gli obiettivi fissati, mettendo in dubbio la necessità di fissare traguardi di taglio delle emissioni tanto ambiziosi – va ricordato tuttavia che l’Olanda conta 100 milioni di capi di bestiame per 17 milioni di abitanti, una densità tra le più alte in Europa. Venerdì scorso il premier olandese Mark Rutte, al termine dei colloqui con le associazioni di agricoltori, ha ribadito che l’obiettivo è quello di dimezzare le emissioni di azoto entro il 2030, mostrando la volontà di non cedere a soluzioni di compromesso.

Le emissioni e l’inquinamento provocato dagli allevamenti intensivi sono certamente un problema da risolvere al più presto. Ne abbiamo parlato spesso su L’Indipendente: gli allevamenti intensivi non dovrebbero nemmeno esistere: inquinano [7], producono cibo di scarsa qualità e spesso addirittura nocivo [8], provocano una vita di indicibili sofferenze [9] agli animali, sono focolai di virus [10]. Tuttavia, chiuderli senza pensare a un piano per fornire nuova occupazione e protezione ai lavoratori del settore rischia di provocare la solita conseguenza, ovvero quella di fare pagare la “transizione” ai cittadini ed ai lavoratori, i quali protestano per non essere le vittime della situazione.

[di Valeria Casolaro]