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Le multe anti-Covid sono la nuova arma della Procura di Torino contro i No Tav

Centinaia di multe da 400 euro l’una sono arrivate e continuano ad arrivare per posta ai militanti No Tav, sanzionati per violazione delle normative anti-Covid anche a diversi mesi di distanza dall’aver partecipato a manifestazioni di protesta contro la costruzione della linea ad alta velocità Torino-Lione. Una pratica inedita e tanto più sospetta perché, come sottolineato dagli avvocati del movimento, «non riservata ad altre manifestazioni pubbliche, come ad esempio quelle relative ai festeggiamenti per la vittoria della nazionale agli europei di calcio». Le multe sono state comminate non per violazioni ad articoli di legge e nemmeno per aver violato il coprifuoco nei mesi in cui erano attivi i DPCM che li prevedevano, ma semplicemente per aver partecipato a manifestazioni che non sarebbero state stanziali (erano permessi solo i sit-in) ma si sono trasformate in cortei.

Che le misure amministrative siano state utilizzate come pretesto per colpire i manifestanti è talmente chiaro che anche un quotidiano mainstrem come La Repubblica ha scritto [1] che «la strategia della questura di Torino non sembra avere come prima finalità la tutela della salute» ma appare «una risposta che, sfruttando gli strumenti giuridici offerti dalla pandemia, punta a sanzioni economiche più che attendere l’esito di ben più lunghi processi penali per coloro che hanno aderito alle manifestazioni».

A nessuno dei multati la contestazione è stata notificata durante le manifestazioni, tutti se la sono vista recapitare a casa a diverse settimane dai fatti, dopo essere stati individuati a distanza in quanto già attenzionati dalla Digos. Si tratta insomma di una strategia amministrativa che punta a sanzionare i manifestanti nella speranza di scoraggiarli dal partecipare a nuove iniziative di protesta contro l’opera che da oltre vent’anni è avversata dalla popolazione della Val di Susa e i cui lavori sono stati sbloccati dal governo Draghi nel maggio scorso [2].

Un punto in più nella strategia di logoramento del movimento popolare contro l’opera che nelle ultime settimane si è rafforzata lungo più direttrici: dalla mobilitazione di 10.000 agenti contro le proteste [3], allo stanziamento di 8 milioni di euro di fondi pubblici [4] per l’attuazione di campagne di comunicazione in favore dell’opera. Il nuovo tassello è appunto l’utilizzo delle restrizioni pandemiche contro i manifestanti, un appiglio che deve far riflettere anche alla luce di quanto sta avvenendo in sempre più paesi europei, ovvero l’utilizzo della pandemia come pretesto per restringere le libertà democratiche [5] e reprimere il dissenso.