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Stragi di mafia: Mori querela Salvatore Borsellino, l’ex terrorista Bellini verso l’archiviazione

Il dibattito politico-culturale e l’iter giudiziario sulle stragi di mafia del 1992-1993 continuano a riservare grosse sorprese. Negli ultimi giorni, infatti, il fratello di Paolo Borsellino, fondatore del Movimento delle Agende Rosse, si è visto recapitare un avviso di conclusione indagini in seguito a una querela indirizzata nei suoi confronti dall’ex ufficiale dei ROS Mario Mori, risultando dunque indagato per diffamazione. Imputato (uscito assolto) al processo “Trattativa” e attualmente indagato per concorso in strage ed eversione dalla Procura di Firenze, Mori si è sentito diffamato da una dichiarazione del fratello del giudice, che lo ha accusato di conoscere il contenuto della famosa agenda rossa trafugata in via D’Amelio dopo l’esplosione della bomba e di pilotare la Commissione Antimafia. Parallelamente, a Caltanissetta, la Procura ha chiesto l’archiviazione per Paolo Bellini, ex estremista nero condannato come esecutore della strage di Bologna, che prima della consumazione delle stragi degli anni Novanta fu in stretti rapporti con Nino Gioè, uno dei boia di Capaci e “cerniera” tra Cosa Nostra e il mondo dei servizi.

Mori contro Borsellino

«Sono incriminato ai sensi dell’articolo 595, comma 2, per diffamazione aggravata, pronunciata in luogo pubblico, con l’aggravante dell’offesa consistente nell’attribuzione di fatti determinati. Dopo trenta anni di lotta per la Verità e la Giustizia sono io, fratello di Paolo Borsellino, ad essere incriminato. Ma ne sono contento. Finalmente, davanti ad un giudice, si potrà parlare del furto dell’Agenda Rossa». Salvatore Borsellino commenta [1] con queste parole l’avviso di conclusione delle indagini preliminari relative a una denuncia per diffamazione aggravata presentata da Mario Mori, che lo vedono incriminato per alcune frasi proferite [2] lo scorso 18 luglio in un convegno organizzato da Antimafia Duemila a Villa Trabia (Palermo). Come ricorda lo stesso Borsellino, in occasione dell’incontro il fratello di Paolo ha affermato che, «dato che l’Agenda Rossa è stata sottratta dal luogo della strage dai servizi, Mario Mori, essendo stato a capo dei servizi stessi, ne conosce il contenuto e sa dove viene occultata e ha utilizzato il contenuto di questa agenda e il potere che gli deriva da questa conoscenza per influenzare la Commissione Parlamentare Antimafia e le sue scelte relative ai consulenti da nominare». Mario Mori è passato alle vie di fatto, querelandolo. A commentare l’accaduto è stato il legale di Borsellino, Fabio Repici, il quale ha annunciato [3] che il procedimento che si aprirà «rappresenta l’insperata occasione di fare passi avanti sulla ricerca della verità, anche sulla sottrazione dell’agenda rossa», aggiungendo che, dal momento che «il diritto di difesa del fratello di Paolo Borsellino non è conculcabile da nessuno, chiederemo al procuratore Melillo e al procuratore De Lucia (della Procura di Palermo che, nello specifico, è stata investita della questione, ndr) di attivarsi per metterci a disposizione le intercettazioni disposte su Mori dalla Procura di Firenze, che dimostrano proprio come il generale abbia pilotato l’attività della Commissione Antimafia». Il tema era stato oggetto di una puntata [4] di Report, andata in onda lo scorso giugno, dal titolo “Mori va alla guerra”.

La posizione di Bellini

«Contemporaneamente oggi mi è arrivata dal Tribunale di Caltanissetta anche la notifica della richiesta di archiviazione, a firma del PM Valeria Andolina, del procedimento penale a carico di Paolo Bellini – ha annunciato Salvatore Borsellino – Lo stesso Paolo Bellini che è stato recentemente condannato in via definitiva all’ergastolo per la sua partecipazione, come autore materiale, alla strage di Bologna. Io indagato, Paolo Bellini archiviato. GIUSTIZIA E’ FATTA». Effettivamente, lo scorso luglio la Procura di Caltanissetta ha chiesto di archiviare l’indagine su Paolo Bellini in relazione alle stragi del 1992, aperta nel 2022. Giovane membro del MSI e poi di Avanguardia Nazionale, legatissimo a Stefano Delle Chiaie, coperto (secondo la Corte d’assise che lo ha condannato) dai servizi segreti dopo aver ucciso, nel 1975, il militante di Lotta Continua Alceste Campanile, negli anni Novanta Paolo Bellini divenne [5] killer di ‘Ndrangheta, per poi pentirsi e confessare 13 omicidi. Nel giugno del 2023, Bellini era stato perquisito e interrogato dagli inquirenti: nel decreto venivano ricostruiti i suoi viaggi in Sicilia nel 1992, che sarebbero stati effettuati anche per incontrare il boss di Altofonte Nino Gioè, poi protagonista di uno strano “suicidio” in carcere nel 1993. Recentemente [6], Bellini è stato condannato all’ergastolo per essere uno degli esecutori della strage di Bologna del 2 agosto 1980 e archiviato dal gip di Firenze in relazione alle stragi degli anni Novanta.

La posta in gioco

Attenzione, però, a dare tutto per scontato: già nel 2022 la Procura di Caltanissetta tentò di arrivare all’archiviazione dell’inchiesta sui presunti mandanti esterni della strage di via D’Amelio. La gip Graziella Luparello, però, si oppose, dando impulso a nuove indagini ed esplicitando [7] anche i “binari” sui quali far convogliare le energie investigative dei pm: la possibile rilevanza della «pista ‘istituzionale’», incentrata sul «concorso nelle stragi di personaggi delle istituzioni deviate, eventualmente organizzati in organismi paramilitari»; quella dell’eventuale presenza «di un anello, di carattere politico, individuabile in un personaggio o in un partito politico che potrebbe aver concorso a definire la strategia della tensione, allo scopo di legarsi, in un reciproco ‘do ut des’, a Cosa Nostra» e quella della «pista nera», che evidenzi le possibili «collusioni tra mafia siciliana ed esponenti di destra eversiva» nell’ambito della «lettura coordinata dei diversi delitti eccellenti degli anni ’80-’90». Tra le figure che, secondo la gip, meritano un accurato approfondimento investigativo, c’è ovviamente anche quella di Paolo Bellini. Quest’anno è arrivata un’altra richiesta di archiviazione da parte dei pm, su cui Luparello deve ancora pronunciarsi.

Mori e Bellini

Nel 1992, i destini dei protagonisti di queste storie incrociate, Mori e Bellini, si incontrarono. In quella fase storica, infatti, il carabiniere Roberto Tempesta inviò Bellini, in qualità di infiltrato, dai membri di Cosa Nostra con l’obiettivo di recuperare alcune opere d’arte rubate dalla pinacoteca di Modena. Bellini si rapportò in via diretta con Nino Gioè, capomafia di Altofonte, che aveva conosciuto nel carcere di Sciacca nel 1981. Gioè fornì a Bellini un biglietto contenente i nomi di cinque importanti mafiosi allora detenuti, chiedendo per loro “arresti domiciliari o ospedalieri” per la buona riuscita della trattativa. Il documento arrivò sul tavolo del colonnello Mori, che reputò subito improponibili le richieste ma che, senza sequestrarlo né informare l’Autorità Giudiziaria, trattenne il biglietto e lo distrusse. Mori è oggi sotto inchiesta [8] per i reati di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico nell’indagine sui mandanti delle stragi del 1993. Tra le altre cose, infatti, la Procura di Firenze afferma che Mori sarebbe «stato informato già nell’agosto 1992, dal maresciallo Roberto Tempesta del proposito di Cosa Nostra, veicolatogli dalla fonte Paolo Bellini, di attentare al patrimonio storico, artistico e monumentale italiano, in particolare alla Torre di Pisa». Al momento, comunque, si tratta solo di accuse.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.