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Torino, la repressione si abbatte sul movimento per Gaza: 47 indagati e 7 richieste di arresto

Dopo il fallimento [1] del processo per associazione a delinquere contro decine di attivisti, la Questura di Torino apre un nuovo capitolo nella repressione contro le realtà di resistenza. Nei giorni scorsi è stato infatti notificato a decine di persone un faldone di 250 pagine, risultato di indagini concluse nel dicembre dello scorso anno e riguardanti diverse iniziative di protesta svoltesi tra il 2023 e il 2024. Sono una cinquantina in tutto gli indagati, 7 le richieste di custodia cautelare in carcere o ai domiciliari e decine i divieti di dimora e gli obblighi di firma. La notizia è giunta a ridosso della chiusura del Festival dell’Alta Felicità, organizzato ogni anno dal Movimento No TAV e finito anch’esso in varie occasioni nel mirino [2] delle forze dell’ordine.

Tra le manifestazioni incriminate, la gran parte costituivano iniziative contro la guerra condotta da Israele in Palestina, come il presidio svoltosi di fronte alla sede della RAI il 7 ottobre 2024 o la manifestazione [3] nazionale del 5 ottobre 2024 tenutasi a Roma. Nel corso di quest’ultima, alla quale presero parte migliaia di persone provenienti da tutta Italia nonostante il divieto della Questura di manifestare a sostegno di Gaza, le tensione in piazza è stata alta anche grazie alla presenza di oltre 1.500 agenti. Nel mirino delle forze dell’ordine anche la protesta [4] del dicembre 2023 svoltasi presso il polo universitario del Campus Einaudi contro il volantinaggio del FUAN, collettivo neofascista, nel corso della quale una docente (Alessandra Algostino, che pochi mesi dopo definì Torino un «laboratorio di repressione») ha ricevuto una manganellata ed è finita in ospedale con un trauma cranico. In mezzo ci sono anche le proteste [5] svoltesi a Torino contro Giorgia Meloni, in visita a Torino in occasione del Festival delle Regioni nell’ottobre 2023, e Giuseppe Valditara. In ciascuna di queste, i partecipanti hanno denunciato uno spropositato uso della violenza da parte della polizia, spesso intervenuta con il lancio indiscriminato di fumogeni e idranti per gestire la folla. Gli interrogatori degli attivisti incriminati hanno iniziato a svolgersi lunedì 28 luglio e termineranno domani, 31 luglio.

I movimenti denunciano [6] come il tentativo della Questura e della procura sia quello, come già successo altre volte (ad esempio nell’ambito del processo per associazione a delinquere), di individuare una regia violenta dietro alle proteste, depoliticizzandone il contesto per ridurle alla stregua di una lotta violenta fine a sè stessa. L’obiettivo sarebbe quello di «delegittimare le esperienze collettive radicate, come le mobilitazioni in solidarietà al popolo palestinese o la difesa degli spazi universitari dai gruppi fascisti». I fatti contestati, sottolineano gli attivisti, riguardano infatti situazioni di lotta nelle quali i movimenti hanno rivendicato la responsabilità collettiva. «Una strategia comunicativa e politica che non si limita a reprimere le proteste, ma punta a delegittimare culturalmente il dissenso stesso, svuotandolo di senso e presentandolo come una minaccia all’ordine e non come ciò che realmente è: un’esigenza collettiva».

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Valeria Casolaro

Ha studiato giornalismo a Torino e Madrid. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la magistrale in Antropologia. Prima di iniziare l’attività di giornalista ha lavorato nel campo delle migrazioni e della violenza di genere. Si occupa di diritti, migrazioni e movimenti sociali.