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Si allarga la protesta studentesca contro la cooperazione tra università italiane e Israele

Sulla scia di quanto accaduto a Torino – dove, grazie alle proteste studentesche, il Senato Accademico ha approvato una mozione con la quale rifiuta la partecipazione a un bando di collaborazione scientifica con gli atenei israeliani, facendo esplicito riferimento al conflitto in corso a Gaza –, all’incirca 250 studenti della Scuola Normale Superiore di Pisa hanno dichiarato lo sciopero e chiesto all’ateneo di «interrompere le relazioni con le istituzioni israeliane». Richieste analoghe sono state avanzate da centinaia di studenti riunitisi in corteo a Bologna per protestare durante l’inaugurazione dell’anno accademico. Il corteo, capeggiato da uno striscione recante la scritta “Unibo complice del genocidio. All’inaugurazione parliamo noi. Stop accordi con Israele”, è stato caricato a più riprese dalla polizia. Nel frattempo, all’Università di Trieste è stata occupata l’aula Baciocchi, dopo che era stata negata la disponibilità per un incontro dal titolo «Il diritto di boicottare Israele».

In seguito alla lettera con cui circa 1.700 docenti e ricercatori hanno chiesto al ministero degli Affari Esteri che l’Italia interrompa [1] l’accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica in vigore con Israele e alla successiva decisione da parte dell’Università di Torino di rinunciare a partecipare a un bando di collaborazione con Israele, circa 250 studenti della Scuola Normale di Pisa hanno organizzato uno sciopero chiedendo alla scuola superiore universitaria di interrompere i rapporti con le istituzioni israeliane. Nel testo, che ha ottenuto il semaforo verde dall’assemblea della comunità studentesca, gli studenti hanno espresso “solidarietà attiva al popolo palestinese, ferma restando la condanna di quanto avvenuto il 7 ottobre e la richiesta di immediato rilascio degli ostaggi”, chiedendo che la Normale renda note “le collaborazioni che l’Ateneo intrattiene con le istituzioni israeliane, con il fine di interrompere le relazioni con università e centri di ricerca che appoggiano lo sforzo bellico di Israele”, nonché di rimuovere dal sito della Scuola “il bando del ministero degli Esteri ‘Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica Italia-Israele’”. L’invito è stato però rispedito al mittente da parte del Rettore, che confermando la linea della Scuola ha dichiarato che «il tema non è in discussione».

Momenti di forte tensione hanno poi avuto luogo a Bologna, dove ieri è andata in scena una nuova protesta per la Palestina in occasione della cerimonia di inaugurazione del nuovo anno accademico, che ha visto protagonisti circa trecento manifestanti appartenenti al Collettivo Universitario Autonomo e a Cambiare Rotta. Questi ultimi si sono radunati [2] in via Indipendenza, nei pressi del Teatro Auditorium Manzoni, dove si svolgeva la cerimonia. «Siamo venuti per prendere parola e chiedere impegno sostanziale al rettore e alla ministra – hanno detto fuori dal Manzoni gli attivisti di Cambiare Rotta –. Non accettiamo più nessuna complicità tra il nostro Ateneo e Israele. Chiediamo la recessione immediata di tutti gli accordi di cooperazione con il comparto militare industriale, con la Nato e le imprese pubbliche e private israeliani complici del genocidio in corso». Nel frattempo, all’interno del Teatro, alcuni esponenti del medesimo collettivo che erano seduti in galleria si sono alzati e hanno chiesto «la totale revoca di tutti gli accordi con il comparto militare industriale e Israele» per una «Palestina libera». Poco dopo, all’esterno del teatro si sono verificati scontri tra gli studenti e i poliziotti, schierati di fronte al teatro in tenuta antisommossa, che hanno respinto un tentativo di superare la linea di blocco con colpi di scudo e manganellate, caricando per due volte gli studenti.

Anche a Trieste, nell’ultima settimana la situazione si è scaldata. Martedì sera, infatti, gli studenti dell’Università hanno deciso di occupare l’Aula Baciocchi, in cui era in programma un incontro con l’attivista americana Stephanie Westbrook sul tema del boicottaggio a Israele. Una conferenza che l’Ateneo aveva negato con la motivazione che l’appuntamento non sarebbe stato in linea “con l’articolo 1 del Regolamento per la gestione degli spazi”. In risposta, i ragazzi sono rimasti tutta la notte all’interno dell’aula. Il Coordinamento universitario di Trieste ha diramato un comunicato in cui ha spiegato [3] i motivi dell’azione: “Come assemblea per la Palestina di Trieste non ci facciamo intimidire dall’ennesima censura: se l’università ci nega gli spazi di discussione, noi ce li prendiamo! Rispondiamo alla chiamata di mobilitazione dei Giovani Palestinesi per la ‘israeli genocide week’ e occupiamo l’università perché vogliamo rimettere in discussione le fabbriche della cultura che forniscono alla guerra la giustificazione ideologica e gli strumenti scientifici. Occupiamo per inceppare la macchina bellica”. Ieri mattina, dopo la nottata di occupazione, gli studenti hanno infine ottenuto l’approvazione del Rettore per l’organizzazione dell’incontro, che poche ore dopo è andato in scena.

Nel frattempo, non si placano le polemiche dopo la decisione del Senato Accademico di Torino di sospendere [4] i progetti con Israele. La presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, si è detta sconcertata per il «clima di odio verso gli ebrei», rispetto a cui si sarebbe «ormai superata ogni linea rossa». La stessa ha lanciato un appello a Giorgia Meloni, alla ministra Bernini e alla presidente della Crui, Giovanna Iannantuoni, dinanzi a «un’escalation che ha raggiunto livelli di gravissima preoccupazione». «Considero grave e preoccupante l’ondata di antisemitismo dilagante anche nella nostra opinione pubblica, soprattutto quando coinvolge le istituzioni – ha invece dichiarato [5] ieri in Aula Giorgia Meloni, buttandola nuovamente sul presunto odio razziale verso gli ebrei –. Considero grave preoccupante che il Senato accademico dell’Università di Torino scelga di non partecipare al bando per la cooperazione scientifica con Israele. E lo faccia dopo un’occupazione da parte dei collettivi».

[di Stefano Baudino]