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Napoli: la polizia carica la protesta contro la censura della RAI sul genocidio palestinese

Cariche, manganellate, sangue. Questa è stata la risposta dello Stato al centinaio di manifestanti che a Napoli ha realizzato un presidio pacifico sotto la sede RAI. La società civile si era riunita per contestare la narrazione a senso unico condotta dal servizio pubblico d’informazione a sostegno di Israele nella copertura mediatica del genocidio che quest’ultimo sta compiendo a Gaza. Una linea editoriale che si palesa ogni giorno attraverso servizi parziali e approfondimenti di parte, volti a deumanizzare le 28 mila vittime civili palestinesi, nonché nel particolare clima di censura che si è respirato a Sanremo, dove i cantanti Dargen D’Amico e Ghali hanno chiesto il cessate il fuoco e lo stop al genocidio. Prese di posizione che hanno scatenato le critiche dell’ambasciatore israeliano a Roma, a seguito delle quali l’ad della RAI Roberto Sergio ha ribadito  [1]che «ogni giorno i nostri telegiornali e i nostri programmi raccontano – e continueranno a farlo – la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas, oltre a ricordare la strage dei bambini, donne e uomini del 7 ottobre. La mia solidarietà al popolo di Israele ed alla comunità ebraica è sentita e convinta». Nel comunicato non ha invece trovato spazio alcun riferimento al genocidio realizzato da Tel Aviv nella Striscia di Gaza. L’ultima goccia di un vaso colmo di narrazione a senso unico che ha fatto scattare l’indignazione della società civile, riunitasi in mattinata a Napoli e pronta a scendere in strada nelle prossime ore in altre città d’Italia.

Il presidio pacifico realizzato a Napoli alle 11:30 di questa mattina è stato caricato dalla polizia presente in tenuta sommossa, che ha sferrato decine di manganellate e ferito alla testa diversi manifestanti. Scenari sempre più frequenti [2] di fronte ai quali il silenzio delle istituzioni diventa complicità. La protesta, regolarmente autorizzata, ha visto la partecipazione di studenti, centri sociali, sindacati, movimenti politici tutti uniti dalla richiesta di un servizio d’informazione pubblico scevro di doppiopesismo, mistificazione e repressione del dissenso. Le manganellate della polizia non hanno scoraggiato i manifestanti, che hanno continuato a sventolare le bandiere della Palestina e a mostrare i cartelli anti-RAI e a sostegno della popolazione palestinese.

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Napoli, manifestante al presidio sotto la sede RAI. Crediti: Dronaut.

In questi minuti è in corso un presidio alla sede RAI di Torino, con decine di manifestanti scesi in strada per contestare la linea editoriale del servizio pubblico d’informazione. Domani sarà il turno di Milano, seguita giovedì da Firenze e Bologna, con Roma a chiudere sabato la serie di presidi. Per il 23 febbraio è invece in programma uno sciopero generale per la Palestina, lanciato dai Giovani Palestinesi, dal Movimento degli Studenti Palestinesi in Italia e dall’Unione Democratica Arabo-Palestinese (UDAP). «Blocchiamo l’Italia contro la posizione del governo, della NATO, degli Stati europei e occidentali che supportano il genocidio che Israele sta compiendo dal 7 ottobre e l’occupazione coloniale che dura da oltre 75 anni in Palestina», dichiarano i promotori della manifestazione nazionale. L’appello è stato accolto da diverse sigle sindacali, come il Sindacato Intercategoriale Cobas (SICOBAS) e l’Unione Sindacale di Base (USB), che in un comunicato ha scritto [4]: «Chiediamo con forza l’immediato cessate il fuoco a Gaza e in Cisgiordania, l’incriminazione per genocidario governo di Israele, l’immediato ripristino dei finanziamenti all’UNRWA da parte degli Stati che li hanno interrotti».

[di Salvatore Toscano]