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Roma: sindaco e PD stanno bloccando la cittadinanza onoraria a Julian Assange

Al Comune di Roma, l’iter per il conferimento della cittadinanza a Julian Assange sembra aver subito una improvvisa decelerazione, per non dire un arresto. L’ultimo passo per la politica capitolina di tradurre in realtà l’onorevole intento di encomiare l’attivista australiano con la cittadinanza -, lanciando dunque un fortissimo segnale in vista dell’udienza in cui, tra due settimane, l’Alta Corte di Londra si esprimerà in ultima istanza sulla sua eventuale estradizione negli Stati Uniti, in cui Assange rischia 175 anni di carcere -, è quello della conversione della delibera, per la quale servirebbero solo pochi minuti di lavoro in aula. Eppure, tale prospettiva sta miseramente sfumando, poiché essa non è stata ancora calendarizzata. Secondo gli esponenti della maggioranza, il Comune avrebbe infatti la necessità di occuparsi di altri temi più “urgenti”, che farebbero passare in secondo piano la questione Assange.

La bozza del provvedimento per il conferimento della cittadinanza al fondatore di WikiLeaks è già pronta da tempo. Precisamente dalla data del 15 novembre 2023, quando è stata ufficialmente depositata in Consiglio. Il 17 ottobre, con 22 voti favorevoli su 34, il Comune di Roma aveva approvato la mozione con la quale è proposto [1] di rendere Julian Assange cittadino onorario della Capitale, che annoverava tra i primi firmatari la ex sindaca Virginia Raggi – che si è distinta per aver dato un forte impulso alle procedure – insieme ad altri quattro consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle. Come spiegato dalla stessa ex sindaca, il risultato era stato raggiunto in particolare grazie alla collaborazione delle associazioni Free Assange, Articolo 21, La mia Voce per Assange e Italiani per Assange. A metà gennaio, la proposta di delibera di concessione della cittadinanza a Julian Assange presentata da Raggi aveva ottenuto il parere positivo della Commissione capitolina.

Poche settimane fa, il consigliere pentastellato Daniele Diaco aveva commentato [2] che sulla proposta c’era stata «unione di intenti» con il PD, che ora però – proprio nel momento decisivo per le sorti del giornalista australiano – sembra aver tirato il freno a mano. Nell’ultima conferenza dei capigruppo, infatti, sia la numero uno del PD in Consiglio, Valeria Baglio, che quello dei Verdi, Ferdinando Bonessio – i quali avevano sottoscritto la bozza di delibera – si sarebbero opposti alla calendarizzazione del provvedimento, prediligendo [3] “urgenze” quali la “programmazione delle attività sulle dipendenze”, il riconoscimento di debiti fuori bilancio e nuovi mercati rionali. Ciò che è certo è che la massima autorità cittadina, il sindaco Gualtieri – davanti al quale si terrebbe la cerimonia di conferimento -, non sta facendo nulla per contribuire all’accelerazione dell’iter, mantenendosi invece defilato, in una posizione giudicata “neutrale” dal suo stesso entourage.

Non è la prima volta che il PD manifesta tutta la sua timidezza sulla questione Assange. A Milano, nel maggio del 2022, il Partito democratico si era infatti opposto [4] a una mozione di Europa verde che proponeva il conferimento della cittadinanza onoraria milanese al fondatore di WikiLeaks e si opponeva alla sua estradizione dal Regno Unito agli USA. I dem avevano preferito ridimensionare notevolmente la proposta, presentando due emendamenti per eliminare la richiesta di cittadinanza onoraria e ogni riferimento all’estradizione, virando invece su un più neutrale accenno alla libertà di informazione. «Spiattellare così documenti riservati non va bene, configge con il diritto di uno Stato a secretare cose che non vuole diffondere» aveva commentato il consigliere PD Daniele Nahum, aggiungendo che pur avendo «i loro limiti», gli Stati Uniti non sono certo «la Cina o la Russia».

Sarà dunque molto difficile che il conferimento della cittadinanza onoraria da parte del Comune di Roma ad Assange possa arrivare prima della dirimente pronuncia dell’Alta Corte di Londra sull’estradizione dell’attivista australiano negli Stati Uniti, che sfocerà [5] da un’udienza che andrà in scena i prossimi 20 e 21 febbraio. Se l’estradizione dovesse effettivamente avere luogo, Julian Assange rischierà negli USA una condanna fino a 175 anni di carcere per aver pubblicato sul portale WikiLeaks, nel 2010, file riservati del governo americano che hanno svelato i crimini di guerra consumati dagli USA nella prigione di Guantanamo Bay, a Cuba, in Iraq e in Afghanistan.

[di Stefano Baudino]