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Solo nei primi sei mesi del 2023 l’Italia ha finanziato il fossile con 1,2 miliardi di sussidi

Con l’inizio della Cop28 [1] ospitata dagli Emirati Arabi Uniti a Dubai, sono venuti a galla i mancati adempimenti dell’Italia alla dichiarazione di Glasgow, firmata nel 2020 in occasione della Cop26. La dichiarazione prevedeva, entro il 31 dicembre 2022, uno stop a nuovi finanziamenti per i combustibili fossili. Quello che emerge da un recente rapporto dell’Oil Change Internationale è che, nei primi sei mesi del 2023 l’Italia ha invece investito 1,2 miliardi di dollari di sussidi pubblici per i combustibili fossili, una somma così consistente che la posiziona seconda al mondo, preceduta solo dall’investimento da 1,5 miliardi di dollari degli Stati Uniti.

La dichiarazione firmata a Glasgow nel 2020 prevedeva una riduzione dei finanziamenti per i combustibili fossili graduale e non immediata, e permetteva un sostegno limitato alle opere già in corso, nell’ottica comune di indirizzare gli investimenti verso la transizione energetica e la lotta al cambiamento climatico. L’Unione Europea punta quindi a ridurre i sussidi pubblici indirizzati ai finanziamenti per la ricerca di nuovi giacimenti fossili e per lo sviluppo di tecnologie per sfruttarli. L’Italia si era quindi impegnata con la Cop26, assieme agli altri stati membri, a limitare i finanziamenti pubblici per progetti di estrazione, trasporto e trasformazione di carbone, petrolio e gas. La firma del 2020 alla dichiarazione era stata considerata da Juan Pablo Osornio, rappresentate della politica climatica internazionale di Greenpeace, come « un passo significativo verso la fine dell’era dei combustibili fossili ».

Gli accordi invece sono stati disattesi, come si evince già a pochi giorni dall’inizio della Cop 28, nonostante la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) del 1992 avesse vincolato ogni paese a evitare cambiamenti climatici pericolosi e trovare delle modalità alternativa per ridurre le emissioni di gas serra a livello globale. Nonostante tutte le promesse fatte nelle varie conferenze sul clima, secondo il rapporto del Fondo Monetario Internazionale, nel 2022 i sussidi espliciti ai combustibili fossili sono più che raddoppiati dal 2020 e, a livello globale, il 7,1% del PIL mondiale è stato speso per finanziare questi progetti di estrazione.

Il rapporto [2]  Big Oil Reality Check 2023, Eni – Italian major uses record profits to fuel more climate change fa emergere con chiarezza come gli investimenti della multinazionale italiana del fossile Eni siano direzionati verso nuove estrazioni di petrolio e gas, prevedendone un aumento del 3 / 4 % entro il 2026 come dichiara la stessa azienda. Il rapporto sottolinea che Eni quest’anno si posiziona “al terzo posto tra le aziende a livello globale per volume di nuove riserve di petrolio e gas approvate per lo sviluppo, dietro solo a QatarEnergy e Petrobras.”. Secondo la co-direttrice della ricerca di Oil Change International «i piani di Eni sono in netto contrasto con le conclusioni dell’IPCC, secondo cui il mondo ha già costruito troppe infrastrutture per i combustibili fossili, e la produzione di petrolio e gas deve diminuire sostanzialmente entro il 20230 per limitare il riscaldamento a 1,5°C ».

Nonostante lo sviluppo più significato della Cop26 [3] sia stato quello di direzionare gli sforzi dei paesi sull’obiettivo più ambizioso del vigente Accordo di Parigi, ovvero quello che impegna i membri a perseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C, nel 2022 le attività di Eni hanno generato 419 milioni di tonnellate di emissioni nette di carbonio, emettendo più anidrite carbonica di tutta Italia [2].

L’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) ha dichiarato nel 2021 che per raggiungere l’obiettivo del contenimento della temperatura globale entro 1,5°C, non sono ammessi nuovi investimenti globali nelle energie prodotte da petrolio, gas o carbone. Eppure, l’ammontare dei sussidi globali del 2022 è stato decisamente superiore alla media degli anni precedenti, soprattutto per quanto riguarda il petrolio e tutti i prodotti derivati, che hanno complessivamente ricevuto il 47,2 % di tutti i sussidi. A seguire si trova il carbone che ne ha ricevuti il 30%, il gas naturale il 18,3% ed infine l’elettricità con il 4,5%.

[di Flavia Todisco]