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La Corte Costituzionale ha ribadito la legittimità dell’obbligo vaccinale contro il Covid

La Corte Costituzionale ha nuovamente ribadito la legittimità dell’obbligo vaccinale anti-Covid per il personale sanitario, introdotto temporaneamente dall’Esecutivo guidato da Mario Draghi. I giudici hanno infatti respinto il ricorso di una dipendente dell’Asst degli Ospedali Civici di Brescia, che all’inizio del 2022, dopo circa tre mesi di smart-working, era stata sospesa dal servizio per non aver adempiuto all’obbligo. La ricorrente si era rivolta al giudice del lavoro deducendo l’illegittimità dell’obbligo vaccinale, chiedendo di essere riammessa in servizio, di percepire la retribuzione perduta e di vedersi versati i contributi previdenziali dalla data della sospensione sino alla riammissione in servizio. Il caso è arrivato fino alla Corte Costituzionale, che non le ha dato ragione.

La Corte ha evidenziato [1] come sia già stato “chiarito che l’obbligo di vaccinazione e la correlata sospensione per inadempimento allo stesso devono ritenersi misure non irragionevoli e non sproporzionate”, sia in considerazione del “non irragionevole bilanciamento operato dal legislatore tra la dimensione individuale e quella collettiva del diritto alla salute, alla luce della situazione sanitaria dell’epoca e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili” che della “proporzionalità della misura imposta in ragione della sua strutturale temporaneità”. Per quanto riguarda lo smart working, la Consulta ha ricordato come tale strumento non costituisca “un diritto del lavoratore”, assumendo “carattere variabile nel tempo” e “potendo essere oggetto di revoca o di modifiche”, nonché “atteggiarsi, nelle singole ipotesi applicative, in maniera estremamente diversificata”. Questa opzione, infatti, rappresentava in prima battuta “una risposta all’emergenza pandemica portatrice di una serie di vantaggi, in considerazione della situazione sanitaria in atto, per affrontare la quale era indispensabile assicurare una tempestiva e uniforme attuazione dell’obbligo vaccinale”. Inoltre, ha concluso la Corte, “una diversa soluzione non ugualmente improntata alla semplificazione pur astrattamente possibile come nell’originaria fase della pandemia” non avrebbe permesso “di affidare l’attività di accertamento e monitoraggio direttamente ai datori di lavoro, individuati dal comma 2 del censurato art. 4-ter, per l’ipotesi in esame, nei responsabili delle strutture in cui presta servizio il personale”.

La legittimità dell’obbligo della vaccinazione anti-Covid per il personale sanitario, insieme alle relative sanzioni, era già stata confermata dalla Consulta lo scorso dicembre, quando i giudici avevano emesso alcune sentenze in risposta ai ricorsi presentati da diversi tribunali amministrativi regionali. Nelle motivazioni, uscite due mesi dopo, la Corte aveva ritenuto [2] tali norme legittime e necessarie per proteggere il “bene supremo” della salute collettiva basandosi sull’assunto – oggi ampiamente smentito – che il vaccino fosse funzionale a impedire o a rallentare il contagio.

[di Stefano Baudino]