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In Montana un gruppo di giovani ha sconfitto i colossi del petrolio in tribunale

Un gruppo di giovani del Montana, uno Stato occidentale degli USA, ha vinto in tribunale un’importante causa ambientale: il giudice ha ritenuto [1] incostituzionale la legge in vigore che non prevede – anzi vieta – di tenere in considerazione l’impatto inquinante [2] dei progetti sui combustibili fossili nel momento della loro approvazione. “Il governo sta violando i diritti dei giovani”, si legge nella sentenza, “e le emissioni di gas serra dello Stato hanno dimostrato di essere un fattore sostanziale nel causare impatti climatici negativi sull’ambiente, danneggiando i querelanti”. D’ora in poi, tenendo conto della decisione del giudice, il Montana, sul cui territorio sono presenti 5mila pozzi di gas, 4mila di petrolio, quattro raffinerie di petrolio e sei miniere di carbone, prima di approvare o rinnovare progetti che hanno a che generano emissioni, dovrà valutarne l’effetto sul Pianeta.

I 16 ragazzi – di età compresa tra i 5 e i 22 anni – che nel 2020 hanno trascinato lo Stato in tribunale, sostengono per questo che le autorizzazioni senza vincoli concesse per la produzione di carbone e gas naturale hanno inasprito la crisi climatica, infrangendo quell’emendamento alla Costituzione del 1972 per cui il Montana ha il dovere di tutelare l’ambiente. “I querelanti hanno un diritto costituzionale fondamentale a un ambiente pulito e sano”, ha sottolineato il giudice, per cui “lo Stato e gli individui sono responsabili del mantenimento e del miglioramento dell’ecosistema per le generazioni presenti e future“.

Alcuni dei ragazzi del gruppo hanno preso parte al processo per spiegare, in prima persona, come il cambiamento climatico abbia influenzato e cambiato le loro vite. Rikki Held, di 22 anni, ha raccontato di come la siccità abbia tramortito i suoi animali, uccidendone una parte. Per questo «la sentenza nel Montana è un punto di svolta negli sforzi di questa generazione per salvare il pianeta dagli effetti devastanti del caos climatico causato dall’uomo», ha spiegato Julia Olson, a capo di Our Children’s Trust, uno studio legale senza scopo di lucro che ha rappresentato in tribunale i giovani. «Altre sentenze come questa arriveranno sicuramente». Intanto l’ufficio del procuratore generale del Montana ha dichiarato che lo Stato farà appello, e che si rivolgerà alla Corte Suprema.

Anche se, quello in questione, è il primo caso di processo climatico, condotto da giovani, ad arrivare a sentenza negli Stati Uniti, sono in corso decine di contenziosi [3] che puntano ad inchiodare alle loro responsabilità ambientali aziende e governi di tutto il mondo. Per esempio, multinazionali del fossile come Exxon e Chevron sono accusate [4] di aver taciuto pur sapendo da tempo che il loro operato avrebbe alimentato il riscaldamento globale. Shell, uno dei quattro principali attori privati mondiali nel comparto del petrolio e del gas naturale, è stata per esempio più volte trascinata in tribunale. Uno degli ultimi episodi risale al febbraio scorso, quando circa 14.000 persone, appartenenti a due comunità nigeriane differenti, dopo anni di tentativi sono riuscite a rivolgersi all’Alta corte di Londra – un tribunale che sorveglia l’operato di quelli inferiori – per chiedere giustizia contro il colosso [5] dei combustibili fossili, accusandolo di aver inquinato consapevolmente –ignorando le fuoriuscite sistemiche di petrolio dai suoi oleodotti – le loro fonti d’acqua.

Tuttavia, almeno per ora, le numerose denunce non sembrano scalfire l’operato delle imprese petrolifere: le maggiori fra queste nel solo 2022 hanno registrato profitti annuali da record [6] grazie all’aumento dei prezzi degli idrocarburi. I profitti di Shell, nello specifico, hanno raggiunto i 39,9 miliardi di dollari, il doppio dell’anno precedente e i più alti dei suoi 115 anni di storia: hanno superato, infatti, il suo precedente record del 2008 di 31 miliardi di dollari.

[di Gloria Ferrari]