- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

I sindaci condannati rimarranno in carica: il governo smonta la legge Severino

Il governo italiano ha deciso: stop alla legge Severino, almeno nella parte in cui prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza per gli amministratori locali condannati in via definitiva e la sospensione per 18 mesi anche in caso di condanna in primo grado. La modifica della norma è stata inserita nella riforma del Testo Unico degli Enti Locali, appena approvata in fase preliminare dall’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Una mossa che, sommata all’abolizione dell’abuso d’ufficio inserita nel disegno di legge Nordio, offre un nitido spaccato sulla netta continuità tra l’approccio del nuovo governo e l’azione dell’ex Guardasigilli Marta Cartabia, che dagli scranni dell’Esecutivo Draghi aveva inferto le prime picconate alla Severino.

Il provvedimento in cui è inserita la modifica è un disegno di legge delega, che contiene i principi generali che poi dovranno essere concretizzati attraverso i decreti attuativi. Non vi sono dubbi, però, in merito alla volontà di depotenziare la Severino. All’articolo 2, infatti, viene esplicitamente prevista [1] una “revisione organica delle disposizioni in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità” degli amministratori locali. L’Esecutivo sarà chiamato a stabilire i dettagli entro un anno, ma è certo che ad essere abrogata sarà almeno la sospensione dei 18 mesi. Che, peraltro, era stata fortemente richiesta anche dagli amministratori di partiti esterni alla compagine di governo, primo tra tutti il Pd.

La direzione, insomma, è molto chiara. Lo si era già capito lo scorso giugno, quando il governo ha varato [2] il disegno di legge, proposto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, che tra le altre misure ha previsto l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, che si ha quando un pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, nell’esercizio delle sue funzioni, produce un danno o un vantaggio patrimoniale che è in contrasto con le norme di legge. Nel ddl sono state inoltre inserite massicce modifiche al reato di traffico d’influenze illecite: in questo caso, sono state previste attenuanti per la particolare tenuità o per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite. Per di più, è stata aggiunta la causa di non punibilità per la cosiddetta “collaborazione processuale“.

La legge Severino è da sempre sottoposta a un fuoco incrociato di attacchi e proposte di abrogazione. D’altronde, l’abolizione della norma fu oggetto di uno dei principali quesiti presentati lo scorso anno al referendum sulla giustizia promosso da Lega e Radicali (sostenuto da Italia Viva, ma anche da diversi esponenti Pd), poi clamorosamente fallito [3] alle urne. Ma ad infliggere un duro colpo alla Severino è stata, in particolare, la legge Cartabia, che ha di fatto consentito ai politici a rischio di condanna penale di potersi ricandidare alle elezioni semplicemente patteggiando la pena. Nello specifico, come sottolineato [4] da una circolare del Ministero dell’Interno lo scorso marzo, diffusa in prossimità delle ultime elezioni amministrative, la norma ha ridotto gli effetti extra-penali del patteggiamento, prevedendo che “se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi, diverse da quelle penali, che equiparano la sentenza prevista dall’art. 444, comma 2, alla sentenza di condanna”.

[di Stefano Baudino]