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La Verità fa “informazione” sul clima con i soldi dell’ENI

Lunedì 30 luglio il quotidiano La Verità ha pubblicato una lunga intervista sul cambiamento climatico a tal Luigi Mariani, di professione agronomo. L’agronomia è la scienza che studia l’agricoltura, e un suo specialista sta alla questione climatica come un alpinista alla vulcanologia o, se preferite, come i cavoli alla merenda. Ad ogni modo Mariani si è premurato di farci sapere che legge molto e che secondo lui quello della crisi climatica è un allarme ingiustificato, prima di lanciarsi in sentenze del tipo: sarà anche vero che se la concentrazione di CO2 raddoppia si avrà una temperatura più alta da 1 a 3 gradi centigradi, ma in compenso anche «la produzione dei pomodori in serra raddoppierà» e aumenterà anche «la bellezza e la varietà della vegetazione». Permettere all’industria di continuare con le emissioni, insomma, non solo non sarebbe un problema, ma un vero e proprio affare. Caso vuole che, poche pagine oltre l’intervista a Luigi Mariani, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro ospitava la pubblicità a tutta pagina di quello che è considerato proprio il più grande emettitore italiano di gas serra, ovvero la multinazionale petrolifera ENI.

La Verità del 31 luglio: a pagina 6 l’intervista a Luigi Mariani, a pagina 12 la pubblicità dell’ENI

Due giorni dopo invece, il 2 agosto, La Verità ha deciso di appaltare un’intera pagina direttamente alle ragioni dell’industria del petrolio, intervistando sul cambiamento climatico Andy May, di professione petrofisico. Dal suo curriculum vitae, disponibile in rete [1], apprendiamo che, dal lontano 1974 e fino alla pensione, May ha sempre lavorato per l’industria del gas e del petrolio, occupandosi anche di estrazione con la tecnica della fratturazione idraulica: una procedura devastante per l’ambiente e talmente pericolosa che l’Olanda l’ha vietata [2] perché fortemente sospettata di causare terremoti. Tra gli ex datori di lavoro di May figura la Exxon Mobil, multinazionale petrolifera americana che è il quarto emettitore di CO2 a livello globale e che – come provato da una recente inchiesta [3] – conosceva gli effetti (definiti in un documento interno “potenzialmente catastrofici”) delle emissioni di CO2 sul clima dagli anni ’70, ma li ha tenuti nascosti. Non sorprenderà sapere che – nell’intervista rilasciata a La Verità Andy May ha negato con granitica convinzione che esistano prove del fatto che l’industria che gli ha dato da mangiare per tutta la vita abbia una qualche responsabilità nel cambiamento climatico in atto.

Spesso si ritiene che la vulgata giornalistica che nega il problema del cambiamento climatico sia l’esatto contrario della corrente mainstream, rappresentata da giornali come La Repubblica o il Corriere della Sera. Entrambe le narrazioni sono invece perfettamente accettabili dalle multinazionali fossili, che infatti continuano a sovvenzionare tutti e due i fronti della finta barricata con importanti sponsorizzazioni.

Se quotidiani come La Verità negano il problema, le altre lo ammettono (ed anzi portano avanti una intensa campagna), ma scelgono di non mettere mai nel mirino quelli che sono i reali colpevoli dell’aumento delle emissioni: ovvero le industrie fossili e quelle degli allevamenti intensivi. Quante volte avrete letto sui principali media che il cambiamento climatico è antropico, ovvero che avviene “a causa dell’uomo”? È una definizione che non significa niente. Dare la colpa genericamente agli uomini significa mettere sullo stesso piano i manager delle multinazionali fossili e i megaricchi che si muovono in jet privato con i lavoratori che non hanno i soldi per una nuova auto elettrica e con i popoli del Sud del mondo o indigeni che questa situazione, da sempre, la subiscono e basta. In fondo, dare la colpa a tutti significa non darla a nessuno: una narrazione perfettamente utile a quei potentati economico-industriali che da decenni emettono gas serra e altre sostanze nocive impunemente.

Noi de L’Indipendente sulla questione climatica continueremo invece a fare informazione senza padroni. Sulle nostre colonne non troverete mai la pubblicità dell’ENI, nè – d’altra parte – la troverete nemmeno di industrie dell’energia elettrica né di qualsiasi altro settore. Dal primo giorno rifiutiamo rigorosamente ogni tipo di pubblicità [4] perché questa è, secondo noi, la precondizione necessaria per fare realmente un’informazione che renda giustizia al nome che abbiamo scelto per il nostro giornale. Sulla crisi climatica, come su ogni altra questione, abbiamo un approccio non ideologico ma dato dall’analisi dei dati. Seguendo questa prospettiva abbiamo pubblicato decine di articoli, focus e inchieste sul tema [5], utili ad approfondirlo e completi di link alle fonti utilizzate. Ci muoviamo come sempre con il beneficio del dubbio e verifichiamo le fonti, che non si trovano nelle opinioni – spesso contrastanti – di quello e quell’altro presunto esperto, ma nei fatti, nei dati e nelle ricerche scientifiche.

[di Andrea Legni – direttore de L’Indipendente]